Ricerche
Le aziende familiari escono dalla crisi... ma devono ringiovanire
Secondo il settimo Osservatorio AUB (che considera tutte le 15.722 aziende con ricavi superiori a 20 milioni di euro), nelle 10.231 aziende familiari italiane la crescita e i risultati sono migliori di quelli delle altre imprese, ma l'aumento dell'età dei leader si accompagna a un peggioramento delle performance.
Le aziende familiari vincono il confronto con le non familiari in termini di crescita, di redditività e di creazione di posti di lavoro considerando sia l’ultimo anno, sia il medio periodo e tornano a indicatori di performance simili a quelli pre-crisi, ma la loro sostanziale passività in termini di acquisizioni e l’invecchiamento dei responsabili d’azienda fanno suonare un campanello d’allarme per il futuro.
A rilevarlo è la settima edizione dell’Osservatorio AUB sulle aziende familiari italiane curato da Guido Corbetta, Alessandro Minichilli e
Fabio Quarato della Cattedra AIdAF-EY di Strategia delle aziende familiari in memoria di Alberto Falck.
L’Osservatorio è realizzato da Bocconi, AIdAF, Unicredit e Camera di Commercio di Milano in collaborazione con Borsa Italiana e Allianz.
I dati della settima edizione sono eccezionalmente rappresentativi dell’universo dell’impresa italiana perché l’Osservatorio monitora tutte le 15.722 aziende con fatturato superiore a 20 milioni di euro, responsabili del 66,5% del valore aggiunto delle imprese italiane attive in industria e servizi e del 33,1% della loro occupazione.
Si focalizza poi in maggiore dettaglio sulle 10.231 aziende a controllo familiare, che hanno un fatturato complessivo di 790 miliardi di euro e impiegano 2,3 milioni di lavoratori, 1,5 dei quali in Italia.
Fino allo scorso anno, l’Osservatorio analizzava le imprese con fatturato superiore ai 50 milioni.
Nel periodo 2010-2014, le imprese familiari hanno aumentato il numero di dipendenti del 5,3% medio l’anno, contro l’1,2% delle non familiari. Il trend di crescita del fatturato è allineato a quelle non familiari per quanto riguarda le piccole imprese (20-50 milioni di fatturato), ma sostanzialmente maggiore per quelle medio grandi (più di 50 milioni): fatto 100 il fatturato del 2007, quello del 2014 è stato 126,4 per le non familiari e 133,6 per le familiari.
In termini di redditività, invece, i risultati migliori delle imprese familiari riguardano tutte le dimensioni: il Roi è del 7,8% contro 6,8% per le medio-grandi e dell’8,6% contro 7,4% per le piccole.
“Dobbiamo però tenere sotto osservazione due segnali - dice Guido Corbetta, titolare della Cattedra AIdAF-EY -: la scarsa capacità di crescita esterna attraverso acquisizioni e l’elevata età di chi dirige le aziende familiari”.
Tra il 2000 e il 2014 solo il 6,7% delle aziende familiari ha realizzato almeno un’acquisizione, contro il 9,1% delle non familiari, che rimane comunque un dato molto basso. Anche gli investimenti diretti all’estero riguardano una minoranza delle imprese, ma in questo caso le aziende familiari (il 29,6% di esse ne ha effettuati) sono più attive di quelle non familiari (21,3%).
Più preoccupante il fatto che l’età dei leader delle aziende familiari italiane (amministratori delegati, amministratori unici o presidenti esecutivi, a seconda della governance scelta) sia molto elevata e che con l’età del leader peggiorino le performance aziendali.
Il 22,6% dei leader ha più di 70 anni (e un altro 24,6% supera i 60) e solo il 5,3% meno di 40, con le aziende gestite dai più anziani che registrano un Roe inferiore di 0,8-1,2 punti (a seconda della classe dimensionale) rispetto alla media e quelle gestite dai più giovani che hanno un risultato migliore di 1,9-2 punti.
Un segnale positivo è il riavvio, dopo gli anni della crisi, del processo di successione generazionale. “Ne è un significativo indicatore - sostiene ancora Corbetta - la crescente diffusione della forma di leadership collegiale, che prevede più di un amministratore delegato, e che viene spesso usata per affiancare un rappresentante della generazione successiva alla generazione precedente. Questa riguardava il 35,8% delle aziende familiari medio-grandi nel 2007, ma è arrivata al 41,4% nel 2014”.
“La necessità di crescere anche attraverso acquisizioni e l'elevata età di chi ricopre ruoli operativi sono elementi delicati che le imprese familiari stanno affrontando - afferma il presidente di AIdAF Elena Zambon -. Entrambi hanno un tratto comune: il coraggio di cambiare, recuperando l'amore per il rischio, caratteristica fondamentale dell'essere imprenditore. In questa fase storica, agli imprenditori di generazioni successive a quella dei fondatori sono richieste doti differenti e particolari. Ad esempio, la capacità di affrontare con serenità una modalità di lavoro diversa che delega manager capaci di analizzare, valutare e chiudere operazioni talvolta complesse, ‘osservando’ altri guidare l'azienda sperimentando anche stili diversi, mettendo da parte il proprio ‘ego’ e accettando possibili errori senza i quali non esiste progresso. A mio avviso, è altrettanto importante che la suddivisione di deleghe a più amministratori delegati sia frutto di una riconosciuta complementarietà, per avere a disposizione competenze diverse, e non piuttosto un modo per rinviare nel tempo una scelta necessaria che deve soprattutto fare chiarezza nella conduzione manageriale dell'impresa”.
“Analizzando i risultati del rapporto AUB - sottolinea Alessandro Cataldo, responsabile corporate sales & marketing UniCredit - emerge che le aziende familiari rappresentano l’ossatura dell’economia nazionale (il 65% delle aziende con oltre 20 milioni di euro di fatturato), dei veri e propri fiori all’occhiello del nostro made in Italy. UniCredit vuole essere a fianco di queste imprese per cogliere le sfide che dovranno affrontare e che emergono chiaramente dal rapporto: quella della continuità (il 22% dei leader familiari sono ultrasettantenni e i passaggi generazionali ancora pochi), della crescita per linee esterne (solo il 7% ha intrapreso percorsi di questo tipo) e tramite internazionalizzazione (il 30% delle aziende in questione ha almeno una partecipazione all’estero)”.
“Le imprese familiari - dichiara Alberto Meomartini, vice presidente della Camera di Commercio di Milano - sono alla base del nostro sistema economico, esempio vivo del modo di fare impresa italiano e milanese nel mondo. Imprese che hanno resistito alla crisi e che soprattutto sul nostro territorio costituiscono un esempio di capacità di innovazione e apertura internazionale ma che si trovano ora ad affrontare la difficile sfida del ricambio generazionale”.