Ricerche

Ricerca Assocom - La comunicazione? Sempre più nelle mani dei brand

Articolato, complesso, polverizzato. Così si presenta oggi l’ecosistema della comunicazione fotografato dalla ricerca realizzata per Assocom dalla School of Management del Politecnico di Milano. Un ecosistema il cui giro di affari vale nell’insieme l’1% del Pil e che occupa nel suo insieme 150mila persone, circa lo 0,50% della totalità degli occupati in Italia.
Assocom ha affidato alla School of Management del Politecnico di Milano la Ricerca 'Verso il nuovo ecosistema della comunicazione' finalizzata a comprendere lo stato dell’arte e soprattutto l’evoluzione e la configurazione in chiave prospettica dell’ecosistema della comunicazione in Italia

L'ecosistema della comunicazione ha un giro di affari che vale nell’insieme l’1% del PIL e che occupa nel suo insieme 150mila persone, circa lo 0,50% della totalità degli occupati in Italia. Il 44% delle imprese dichiara che investirà soprattutto negli 'owned media', diventando proprietarie dei contenuti di comunicazione. Il 55% investirà meno del 50% nei paid media,considerati in una logica multicanale. 
Per il 45% delle aziende, il ruolo degli intermediari nell’acquisto di spazi pubblicitari lascerà spazio alle piattaforme di Programmatic Buying.

“Noi tutti lavoriamo per molti brand e lo facciamo con una passione e un impegno che va al di là delle normali 24 ore - ha dichiarato in apertura Marco Testa, presidente di Assocom - ma a volte ci dimentichiamo che il primo brand da amare e rispettare siamo proprio noi, è l'intera industry della comunicazione. Lavorando insieme, uniti, fornendo dati, studi, riflessioni, potremo anche aiutare le imprese, e il nostro paese, a cogliere ogni segnale di futuro. Il ruolo di Assocom è anche questo."

Questi gli highlights della ricerca. Innanzitutto, focalizzando l’analisi sulla 'domanda', ovvero sulle aziende investitrici in comunicazione, emerge che il budget di marketing e comunicazione da qui ai prossimi 5 anni muterà in maniera significativa con gli Owned Media che avranno un ruolo sempre più rilevante, in quanto le aziende investitrici tenderanno a creare asset proprietari

I Paid Media attualmente hanno ancora un’allocazione rilevante nel budget complessivo di marketing e comunicazione, ma a tendere avranno un ruolo minore: per il 55% delle aziende rappresenteranno meno del 50% del totale budget marketing e comunicazione.

Al tempo stesso stanno cambiando e cambieranno alcune dinamiche di relazione tra aziende investitrici in comunicazione e le agenzie:

- i brand diventeranno sempre più editori dei propri contenuti, creando asset proprietari, per il 44% delle aziende investitrici in comunicazione;

- le richieste di logiche di remunerazione a performance si intensificheranno per il 45% delle aziende investitrici in comunicazione;

- il ruolo degli intermediari nell’acquisto di spazi pubblicitari si sta modificando e perderà centralità per il 45% delle aziende investitrici in comunicazione; infatti rivestiranno un ruolo più sempre centrale i big player come Facebook, Google e le piattaforme di Programmatic Buying.

Inoltre, la Ricerca ha evidenziato, esaminando l’ecosistema nel suo complesso, un’elevata entropia e complessità dei ruoli tra gli attori, per cui cadono le classiche 'etichette' attribuibili alle agenzie per connotare il posizionamento strategico e competitivo. Ciò comporta, da un lato, una forte competizione tra gli attori per l’ottenimento di un ruolo sia strategico sia di coordinamento e di presidio della relazione con il cliente, dall’altro, una consapevolezza di elevata e, alle volte, di eccessiva frammentazione e specializzazione di alcuni attori nell’ecosistema della comunicazione. 

La fase validativa della Ricerca ha chiaramente evidenziato che le aziende investitrici in comunicazione manifestano un chiaro bisogno di supporto e servizi, da parte delle agenzie con la delega a partner 'privilegiati' e 'stabili', prevalentemente di attività di coordinamento operativo di tavoli sempre più grandi di attori a volti specializzati; ma al tempo stesso, le aziende investitrici in comunicazione vorranno mantenere internamente il presidio delle attività strategiche di comunicazione.

In questo scenario tra i player dell’ecosistema, le agenzie creative e i centri media sono gli attori identificati come partner 'privilegiati' e 'stabili', dalle aziende investitrici. L’ingresso di nuovi attori, provenienti dalla consulenza e dalle ricerche di mercato come possibili hub di coordinamento delle attività strategiche e di coordinamento operativo, è uno scenario percepito solo dalle agenzie con particolare riferimento a quelle aziende investitrici in comunicazione con uno spending più basso, mentre le aziende non percepiscono per nulla tale scenario.

Più in dettaglio, quindi, il ruolo che le agenzie possono giocare nel nuovo ecosistema cambia a seconda della dimensione delle agenzie stesse. La fase validativa ha confermato evidenze emerse in fase esplorativa circa il fatto che:

- i grandi gruppi di comunicazione si proporranno al mercato sempre maggiormente a livello di gruppo per offrire un servizio integrato a 360 gradi (l’82% delle agenzie rispondenti concorda con questo scenario);

- le piccole agenzie punteranno all’iperspecializzazione per sopravvivere (il 70% delle agenzie rispondenti concorda con questo scenario).

Rimane un po’ incerto il posizionamento che dovranno assumere le media agenzie che dovranno attrezzarsi con maggiori competenze e risorse, sia internalizzandole sia facendo leva sul networking, per offrire un servizio integrato a 360 gradi.

A tal proposito si evidenzia, quindi, la necessità di ridisegnare i modelli di business delle agenzie e tre risultano essere i driver chiave del cambiamento: 'widening skills', 'partnership' in chiave di networking dinamico e 'incubation' di start-up innovative. 

Nello specifico, il 'widening skills' ha un duplice significato: 
- da un lato l’allargamento delle competenze su ambiti emergenti ed innovativi, 
- dall’altro, l’allargamento su ambiti di competenza di altri attori (ad esempio media vs. creatività).

In uno scenario di frammentazione dei ruoli e di fluidità di presidio di attività tra gli attori dell’ecosistema della comunicazione, oltre a riconfigurazioni interne di modelli di business si assisterà nei prossimi 5 anni a ingressi di nuovi attori che potranno creare sia minacce sia opportunità per le agenzie di comunicazione nel presidiare la relazione con le aziende investitrici in comunicazione e coordinare tavoli di lavoro di più attori. 

La Ricerca evidenzia a tal proposito che i network di professionisti freelance come soggetti incaricati a un coordinamento strategico e operativo non rappresentano una minaccia, in quanto lo scenario, che li identifica come attori deputati alla gestione delle attività strategiche e per il coordinamento operativo, non è ritenuto verosimile. Le società di consulenza rappresentano una forte minaccia per le agenzie, soprattutto per il presidio delle attività strategiche. I system integrator e technology provider non sono percepiti né una minaccia né un’opportunità dalle agenzie in quanto visti come complementari al modello di business attuale.

Nel nuovo ecosistema della comunicazione diventerà importante un forte ruolo di supporto all’interpretazione di tali fenomeni, da cogliere come segnali deboli in chiave dinamica al fine di valorizzare le opportunità di business per tutto l’ecosistema.

La Ricerca è durata sei mesi abbracciando più metodologie: una fase esplorativa condotta con oltre 50 interviste ad attori chiave e key opinion leader del settore del marketing e comunicazione e un sondaggio di opinione su oltre 700 rispondenti dell’ecosistema della comunicazione; una fase validativa con una survey su 53 aziende investitrici in advertising, di cui 47 associate UPA, e su 100 agenzie dell’ecosistema della comunicazione.