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Marco Balich: "Torneremo agli eventi dal vivo, ma in Italia serve innovazione"
"Torneremo agli eventi dal vivo, ma in Italia serve innovazione". Ad affermarlo è Marco Balich, direttore esecutivo delle Olimpiadi di Tokyo e regista di centinaia di grandi eventi, che intervistato da Monica D'Ascenzo ripercorre la sua carriera con la giornalista che firma l'articolo pubblicato su Il Sole24 Ore.
Il quotidiano di via Monterosa ricorda così l'enorme lavoro che il presidente di Balich Worldwide Shows, ha realizzato per le cerimonia delle Olimpiadi in Brasile: "Le luci dello stadio di Rio de Janeiro si abbassano, il vociare lascia il posto a un silenzio irreale invaso di blu e argento. La cerimonia di apertura della 31esima Olimpiade sta per iniziare e il countdown gridato a squarciagola da 60 mila voci fende l'aria, presagio dello spettacolo che sarà trasmesso in mondovisione e racconterà la storia - e le contraddizioni - del Brasile. È il 5 agosto 2016 e in alto, sopra alla squadra della regia, in una cabina c'è un uomo solo, che ha lavorato per un anno intero a questo evento, trasferendosi in Brasile e imparando a capire e farsi capire in portoghese. Marco Balich è l'italiano che ha firmato non solo le celebrazioni di Rio, ma anche di altre 11 Olimpiadi, un record."
Parlando dell'Italia, Balich crede nelle grandi potenzialità del nostro Paese e propone un cambio di sistema per l'arte convinto del fatto che: "Se nei progetti metti passione, coraggio, cultura e visione non ci sono limiti".
E lo ha dimostrato con un modus operandi sempre preciso e puntuale nelle consegne ma anche particolarmente attento alla valorizzazione delle culture locali dei paesi ospitanti gli eventi da organizzare. Tutte caratteristiche che gli hanno permesso di aggiudicarsi eventi dalla portata globale come lo sono le cerimonie olimpioniche.
"Nel 2015 ho curato come direttore artistico il Padiglione Italia e mentre l'Albero della vita, che avevo ideato, stava diventando un simbolo di Expo, io mi sono trasferito a Rio a imparare una nuova lingua, perché credo profondamente che un evento così importante come le celebrazioni olimpiche legate al Paese ospitante non si possano fare se non valorizzando la cultura locale. Il nostro modo di lavorare prevede il coinvolgimento dei migliori talenti del Paese in cui andiamo. Questo atteggiamento ci ha aperto molte porte" spiega Balich, aggiungendo "per le celebrazioni di Tokyo 2021, il team creativo è fatto da giapponesi, che io guido. È il Giappone che parla dei Giappone, come a Rio sono stati i brasiliani a parlare di Brasile".
Nato a Venezia nel 1962 da mamma inglese e papà italiano, Balich cresce fra calli, campi e salizade passando da una lezione di violino a un allenamento di scherma. "Mia madre era un'amante della musica lirica mi costrinse a studiare violino per 7 anni mentre tutti suonavano la chitarra elettrica. Ti accorgi solo da adulto, però, che tutti quei semi che vengono messi a forza nei cervelli dei bambini e degli adolescenti generano poi frutti straordinari. La conoscenza delle note e della musica è stata per me una delle fondamenta su cui ho potuto costruire la mia professione" spiega il direttore creativo, ricordando anche un aneddoto che lo lega alle olimpiadi in qualità di schermidore: "A 16 anni ricevetti la lettera che mi annunciava di essere fra i 22 atleti, tra i quali sarebbero stati selezionati quelli che avrebbero dovuto partecipare alle Olimpiadi di Mosca 1980. Ma nel 1979 l'Armata Rossa invase l'Afghanistan e gli Stati Uniti reagirono boicottando i Giochi olimpici. Per me sfumò così il sogno di partecipare alle Olimpiadi. Un sogno, che poi nella vita ho vissuto in altra veste".
Dalla musica invece altre possibilità inaspettate per Balich, che lo condurranno a sviluppare le grandi esperienze firmate nella event industry.
"Mentre studiavo giurisprudenza, per guadagnare qualcosa, facevo il Dj. Fran Tomasi, allora fra i due maggiori organizzatori di concerti in Italia, mi offrì di fare da band assistant per la tournée italiana dei Simple Minds, dal momento che parlavo bene inglese. Iniziò così una nuova fase della mia vita. Lasciai l'università con 19 esami fatti su 24 e nel giro di 14 anni, con soli 34 giorni di ferie, seguii 72 tournée fra cui quelle dei Simply Red, di Peter Gabriel, degli U2, dei Genesis" racconta Balich.
L'esperienza dei concerti aggiunge un altro tassello importante alla formazione di Balich: "Ho imparato che alle 8 di sera doveva essere pronta la band, i tecnici, il palco, le luci, la corrente, Il pubblico in sala. Se allora si trattava di una decina di elementi, oggi alle celebrazioni olimpiche gli elementi che devono essere pronti prima di accendere i riflettori sono 220. A una certa ora sai che tutti gli sforzi devono convergere per un unico risultato".
Anche il mondo dei videoclip contribuì all'esperienza di Balic: "Nell'anno in cui aprivano Videomusic e All Music, la nostra piccola agenzia, Film Master Clip, ha realizzato negli anni quasi 300 video: abbiamo filmato Adriano Celentano, Ligabue, Jovanotti, Zucchero. Così sono diventato imprenditore" racconta Balich.
L'Heineken Jammin' Festival è stato solo un altro tassello, prima di puntare "alla gara per fare il passaggio della bandiera olimpica a Salt Lake City nel 2002. Partecipiamo alle Olimpiadi invernali come project leader del Flaghandover della cerimonia di chiusura. Li, assisto allo show più bello del mondo: c'erano tutti i più bravi nei diversi ambiti, 7-8 mila persone in tutto. Si trattava dell'evento più costoso e più visto al mondo e mi sono detto: "Questo è quello che voglio fare". Nel 2006 divento direttore creativo ed executive producer delle cerimonie olimpiche di Torino e lavoro al progetto con Lida Castelli e Gianmaria Serra. Per la prima volta la cerimonia olimpica invernale è stata paragonabile a quelle estive. Resta indimenticabile Yoko Ono, l'artista vedova di John Lennon, che parla di "immaginare la pace", mentre a cantare "Imagine" è Peter Gabriel. A quel punto iniziarono a chiamarci da tutto il mondo per creare eventi".
Con le prossime Olimpiadi di Tokyo, Balich Worldwide Shows diventerà la società che ha prodotto più cerimonie nella storia delle Olimpiadi (12), oltre a 8 Paralimpiadi e 15 Giochi "regionali" come Pan American Games e Asian Games coordinati dai comitati olimpici continentali.
Ma cosa ha cambiato la pandemia nel settore degli eventi? "Cambieremo molte cose e la tecnologia ci aiuterà. Ma se guardiamo oltre questo momento di necessaria distanza fisica, sarà inevitabile tornare agli eventi dal vivo perché la parte esperienziale è fondamentale per creare un attaccamento. Ci si ricorda di ciò che si è vissuto in prima persona" spiega Balich, sottolineando poi: "Verrà privilegiata la realtà aumentata e certe aggiunte che la tecnologia ci può dare, ma la base di un evento fisico ci dovrà essere. Certo, al momento bisogna anche fare i conti con gli investimenti, che inevitabilmente si ridurranno nei prossimi mesi. Lo stiamo verificando con la cerimonia olimpica di Tokyo 2021 che avrà una riduzione di budget".
Uno slittamento, quello delle Olimpiadi, che ha avuto dei contraccolpi non solo economici: "Nel loro sistema raffinatissimo di programmazione, questo rinvio ha creato incertezza, ma il 23 luglio del 2021 partirà Tokyo 2021 con uno spettacolo che cambierà in parte, tenendo conto di quello che è successo. Sarà anche un punto di ripartenza verso una nuova normalità".
E in Italia? "Quando i nostri figli vedono per la settima volta gli Avengers, non puoi non pensare che sia un peccato che noi non riusciamo a dare la stessa spettacolarità a nostre figure storiche come Leonardo, Masaniello, Canova e Giulio Cesare. L'Italia è talmente piena di storia che basterebbe darle vita perché un sedicenne possa comprenderla e appassionarsi. Il "sedicenne riottoso" per noi è l'obiettivo da conquistare. Se riesci a conquistarlo conquisti tutta la filiera familiare".
"Ben vengano i finanziamenti alle arti, ma ci vorrebbe un filtro per avere questo privilegio: chi non fa innovazione non ha diritto ai sussidi. Piuttosto che dare i soldi a realtà che non innovano, meglio darli ai giovani che hanno nuove idee e aprono al futuro. È un sistema che va svecchiato" conclude Marco Balich, restando convinto che - nonostante le trasformazioni portate dalla pandemia al nostro modo di vivere la socialità - la stagione dei grandi eventi e degli spettacoli dal vivo non è finita perché, spiega, "la parte esperienziale è fondamentale per creare un attaccamento. Ci si ricorda di ció che si è vissuto in prima persona".