Scenari

Bain & Company. Allarme dazi: 7 aziende europee su 10 non sono pronte a reagire. Il 75% teme un’impennata dei costi. Flessibilità, resilienza, prossimità e tecnologie avanzate la risposta alla crescente incertezza globale

Supply chain sotto pressione: rincari fino al 20% per 3 aziende su 4, dovuti principalmente all’aumento dei dazi e all’inflazione. Tra dazi in aumento, tensioni commerciali e volatilità dei mercati, le imprese e i loro COO cercano nuovi equilibri. Le aziende oggi non possono più permettersi di supply chain rigide e vulnerabili: il 75% dei COO intervistati considera la flessibilità una priorità assoluta: ciò dimostra che molte imprese stanno finalmente ripensando i propri modelli operativi per affrontare un mondo in rapido cambiamento. Il 70% delle aziende si dichiara impreparato ad affrontare un possibile aumento dei dazi nei prossimi 12-24 mesi. L'80% delle aziende sta rivedendo o sta valutando di rivedere le proprie previsioni a causa delle preoccupazioni legate ai dazi.

All’indomani dell’annuncio del global tariff plan dell’amministrazione USA, Bain & Company ha pubblicato un’analisi condotta su un panel di quasi 200 Chief Operating Officer nel mondo.

Le catene di approvvigionamento delle aziende europee stanno vivendo una profonda trasformazione, guidata dalla necessità di adattarsi a un contesto globale sempre più instabile. Flessibilità e resilienza emergono come fattori chiave per garantire continuità operativa e competitività. È quanto rivela una recente analisi di Bain & Company, condotta su un panel di quasi 200 Chief Operating Officer nel mondo.

“È evidente che le aziende oggi non possono più permettersi di supply chain rigide e vulnerabili”, commenta Andrea Isabella (nella foto), Senior partner e responsabile italiano AMS (Advanced Manufacturing & Services) di Bain & Company"Il 75% dei COO intervistati considera la flessibilità una priorità assoluta: ciò dimostra che molte imprese stanno finalmente ripensando i propri modelli operativi per affrontare un mondo in rapido cambiamento."

Accanto alla flessibilità, la resilienza è considerata un’altra leva strategica imprescindibile: il 60% dei COO ritiene cruciale potenziare la capacità di risposta agli imprevisti per assicurare il successo nel lungo periodo.

Resilienza non è sinonimo di inefficienza, ma di ridondanza strategica” sottolinea Mattia Bernardi, Partner di Bain & Company. "Il 60% delle aziende sta valutando il reshoring per ridurre i rischi legati alla dipendenza da fornitori lontani. Tuttavia, si tratta di una scelta complessa, che comporta costi elevati e rischia di incidere sulla competitività di prezzo, specie in un contesto inflattivo e altamente competitivo”.

 

Reshoring e nearshoring: l’industria rivede la geografia delle proprie forniture

Il ritorno della produzione vicino ai mercati di sbocco è un’opzione sempre più considerata tra le aziende manifatturiere, alla ricerca di una maggiore rapidità di risposta e minore esposizione a dazi. Tuttavia, il reshoring può rivelarsi economicamente insostenibile se non supportato da incentivi fiscali e da una rete di fornitori locali solida.

Nel 2024, il 61% delle imprese ha dichiarato di voler ridurre la propria esposizione al mercato cinese, in aumento rispetto al 55% del 2022. Negli Stati Uniti, il 43% delle aziende prevede di trasferire parte delle attività fuori dalla Cina. Tra queste, il 53% punta su iniziative di nearshoring verso Paesi come gli Stati Uniti stessi e l’America Latina. Anche in Europa e Medio Oriente si osservano dinamiche simili: circa il 50% dei trasferimenti pianificati coinvolge attività in uscita dalla Cina o dagli Stati Uniti, con destinazioni preferite come l’Unione Europea, il Sud-est asiatico e, in parte, gli stessi Stati Uniti.

Le aziende stanno cercando il giusto equilibrio tra efficienza e stabilità,” osserva Isabella“Per il 2025 ci attendiamo un aumento ulteriore dei piani di rilocalizzazione, ma il modello prevalente resta quello ibrido: le strategie di split-shoring, che combinano attività offshore con operazioni onshore e nearshore, restano le più adottate. Anche nell’area EMEA cresce l’interesse verso operazioni offshore verso mercati più lontani, come il Vietnam, con il 42% delle aziende che pianifica spostamenti in questa direzione, rispetto al 37% dell’anno precedente.”

Anche in Italia, le imprese stanno riconsiderando le proprie strategie di approvvigionamento alla luce del nuovo contesto globale. In particolare, le aziende manifatturiere – cuore dell’export nazionale – si trovano oggi di fronte a un bivio: da un lato, l’opportunità di rilocalizzare parte delle produzioni per guadagnare in controllo e reattività; dall’altro, la necessità di rimanere competitivi in termini di costi. “Il reshoring è un’opzione sempre più discussa anche in Italia,” afferma Andrea Isabella. “Si tratta di un’opportunità enorme. Tuttavia, la sua attuazione richiede una politica industriale coerente, che preveda incentivi fiscali, investimenti infrastrutturali e il rafforzamento del tessuto produttivo locale. Senza questi elementi, è difficile attrarre o riportare a casa produzioni ad alto valore aggiunto.”

 

La sfida dei dazi

Tra i principali ostacoli evidenziati nell’analisi di Bain & Company figurano i dazi doganali e la crescente complessità normativa. Il 70% delle aziende si dichiara impreparato ad affrontare un possibile aumento dei dazi nei prossimi 12-24 mesi. L'80% delle aziende sta rivedendo o sta valutando di rivedere le proprie previsioni a causa delle preoccupazioni legate ai dazi.

Negli anni passati, molte imprese non hanno incluso il rischio politico tra i fattori decisionali nella gestione della supply chain,” spiega Bernardi. “Oggi è chiaro quanto la geopolitica possa condizionare la produzione, la logistica e persino le scorte.”

Secondo Bain, il 75% delle aziende prevede un aumento dei prezzi dei fornitori tra il 5% e il 20% nel breve periodo, spinto soprattutto da dazi e inflazione. Il 40% stima un rincaro superiore al 10% sui costi dei prodotti. In risposta, molte aziende stanno rivalutando le proprie strategie di procurement, rafforzando i rapporti con i fornitori chiave e pianificando adeguamenti dei listini. “Le negoziazioni con i fornitori diventeranno ancora più delicate nei prossimi mesi,” avverte Bernardi. “Le imprese dovranno trovare un equilibrio tra il controllo dei costi e l’affidabilità della supply chain.”

 

Tecnologia e AI per una supply chain più intelligente

Per rispondere a queste sfide, molte aziende stanno accelerando gli investimenti in tecnologie avanzate: automazione, intelligenza artificiale e analytics sono oggi strumenti fondamentali per migliorare l’efficienza, prevedere la domanda e gestire la complessità logistica.

 

Grazie all’AI, le imprese possono monitorare in tempo reale le condizioni della supply chain e prevenire le interruzioni prima che diventino critiche. Chi saprà agire in anticipo, adottando strategie proattive e tecnologicamente evolute, sarà in grado di prosperare anche in un contesto globale sempre più incerto”, conclude Isabella.