Scenari

OBE. Cresce l'Influencer Marketing in Italia, un mercato da 180 milioni nel 2018 e 241 milioni nel 2019 (+34%). +131% nel biennio 2017- 2019. Gavazzi: "Una leva da utilizzare come un asset integrato nelle strategie di marca"

L'Influencer Marketing, insieme al Branded Content & Entertainment (420 mln a fine 2018), è diventato una leva di marketing fondamentale per le aziende per raccontare i brand a Millennials e Gen Z, avvalendosi di figure chiave nelle quali le giovani generazioni si identificano. Siano essi influencer, realfluencer o wokefluencer. Agenzie e centri media assumono un ruolo centrale per coordinare il processo che va dalla scelta del personaggio più coerente con il brand a tutta la comunicazione sulle piattaforme digitali e sui media, che necessita peraltro di metriche di misurazione e regole condivise. E' quanto emerso dal convegno "Da Influencer Marketing a Talent Marketing”, organizzato il 4 marzo, dall'Osservatorio Branded Entertainment all'Università Cattolica di Milano, nel corso del quale sono stati presentati i risultati di una ricerca condotta da Publicis Media.

Cresce il numero delle aziende che si affidano agli influencer per la comunicazione delle marche e si rafforzano le sinergie tra influencer marketing, branded content e branded entertainment. A fare chiarezza su un'industry che assorbe quote sempre maggiori degli investimenti pubblicitari delle imprese italiane è l'OBE, l'Osservatorio Branded Entertainment, che oggi, all'Università Cattolica di Milano all'incontro dal titolo "Da Influencer Marketing a Talent Marketing”, moderato da Anna Vitiello, Chief Experience Officer di Fuse (Omnicom Media Group) e Obe Academy Director ha riunito agenzie, aziende, content creators come i The Show, lo chef Marco Bianchi, operatori del mercato e studenti per offrire spunti e insight sulle figure degli influencer, dei follower, delle community e dei creators, figure sempre più centrali per coinvolgere i Millennials e la Gen Z attraverso contenuti di brand efficaci.

Come spiegato da Gordon Glenister, Global Head of Influencer Marketing, BCMA, Branded Content Marketing Association, si prevede che entro il 2021 il mercato del Branded Content valga 412 mld di dollari. L'influencer marketing, che sta a cavallo tra il brand marketing e il performance marketing, ovvero tra due discipline che fanno, rispettivamente, amare le marche e scatenare verso le stesse una reazione positiva da parte delle persone, arriverà a 412 miliardi di dollari.

In Italia a fine 2018 il Branded  Content & Entertainment ha raggiunto i 420 milioni di euro e l'Influencer Marketing ha toccato i 180 milioni di euro, rappresentando il 7% del totale digital adv. Entro la fine del 2019 arriverà a 241 milioni di euro, segnando un +131% nel biennio 2017- 2019. Lo rivela un'indagine condotta da Publilcis Media, che ha dimostrato come questa disciplina stia diventando un asset fondamentale per le aziende, che devono saperlo integrare in maniera sempre più efficace nelle content strategy, come ribadito ai microfoni di ADVexpressTV da Anna Gavazzi, Direttore Generale dell'OBE.

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I dati aggiornati sul mercato italiano del Branded Content & Entertainment nel 2019 verranno probabilmente diffusi durante la prossima edizione del Summit OBE, in programma il 14 maggio presso la Fondazione Feltrinelli a Milano

Le attivazioni nel 2018 sono state articolate tra diverse tipologie di influencer:  VIP (23%), vertical (33%), community (18%) e micro influencers (26%). Instagram si è fatto notare con il 65% delle attivazioni, Facebook ne ha registrate il 21% e YouTube il 10%.

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L'utilizzo delle piattaforme digitali e dei social da parte delle imprese varia in base al settore merceologico.  I FMCG scommettono sui video su YouTube, il fashion investe su Instagram, il beauty preferisce le donne micro influencer (90%), la tecnologia punta soprattutto su figure maschili e contenuti testuali  (70%),  l’automotive punta sui VIP e singole operazioni e e lo sport su community e collaborazioni lunghe.

Settori OBE

 

L'EVOLUZIONE DEGLI INFLUENCER DA TATTICI A STRATEGICI

Ma dietro a queste nuove forme di comunicazione ci sono precise strategie aziendali costruite attorno a figure chiave, gli influencer, i real fluencer, che hanno un talento specifico e per questo vengono seguiti dagli utenti (è il caso ad esempio il nutrizionista e chef Marco Bianchi), i newfluencer, ovvero professionisti che non solo sanno produrre contenuti rilevanti e di qualità, ma hanno anche competenze commerciali e altre 'doti' che vanno oltre la rech, come la capacità di 'bucare il video', la credibilità, l'awareness e l'identità di trendsetter. Qualche nome? Fedez e Ghali per esempio. E ancora i wokefluencer, impegnati in cause sociali per migliorare il mondo e dunque particolarmente apprezzati dalla Gen Z che condivide con loro questo coinvolgimento attivo. Del resto ,a responsabilità di un marchio oggi è quella di trasmettere valori che migliorano la società, come avviene ad esempio nelle campagne Nike.  

Infine, grande successo hanno i talent musicali, basti pensare che sette trai primi 10 influencer mondiali sono talenti musicali sui quali le grandi aziende investono. Un esempio? I grandi magazzini John Lewis per la campagna di Natale 2018 hanno scommesso su Elton John.

Gli influencer da semplici figure tattiche sono diventati elementi sempre più strategici, anzi dei veri e propri media sui qualil investire. Questo comporta che il loro utilizzo vada oltre l'ambito ristretto del loro profilo social per diventare sempre più parte della content strategy di marca lungo un percorso multichannel, spaziando, come nel caso ad esempio dello chef Marco Bianchi, dal web con il blog 'Cucinare è in atto d'amore' alla tv con il programma 'La cucina delle emozioni' su Food Network al publishing con l'omonimo libro.  Ci sono poi brand abassador come Bebe Vio per Sorgenia e Andrea Bocelli per illy. Alla base della buona riuscita di questo processo, anche le competenze che gli influencer devono possedere, come la conoscenza dei target e dei loro linguaggi, la conoscenza dei brand e una grande capacità di storytelling,  come sottolineato oggi da Pierfrancesco Petrosillo, Head of MBA Mediacom; Pasquale Arria, Fondatore e Amministratore, Realize Networks e Marco Bianchi, Food Mentor, 

 

COERENZA DI VALORI E OBIETTIVI E RUOLO STRATEGICO DI AGENZIE E CENTRI MEDIA

Come selezionare gli influencer più adatti per i vari brand? In base alle loro caratteristiche e alla compatibilità dei loro valori e contenuti con quelli dei brand e dei consumatori a cui si rivolgono. Portandoli a diventare dei veri e propri advocates dei marchi stessi. E' importante che siano in linea anche con gli obiettivi dei marchi e degli utenti di cui diventano portavoce,  altrimenti, come evidenziato da uno studio dell'OBE, un influencer su due non è efficace in termini di impatto sul brand. Per questo centri media e agenzie creative assumono un ruolo fondamentale per assicurare coerenza con la strategia di marca delle aziende e per coordinare l'intero processo di comunicazione che va dalla selezione del personaggio al piano di communicazione.  A riguardo oggi FUSE ha presentato THE SEEKER, una piattaforma di valutazione strategica degli influencer basata sul principio chiave che la tecnologia non è non nulla senza intelligenza umana.  THE SEEKER è un sistema integrato di metriche qualitative e quantitative, algoritmi proprietari, strumenti, indici, analisi ad hoc integrate con la competenza e l’expertise di un team dedicato. Ai dati quantitativi, dalla reach all’engagement rate, affianca informazioni provenienti dal FUSE INDEX, un indice proprietario che valuta in talent in base a parametri più qualitativi, sebbene misurati con una base statistica. La piattaforma consente di costruire misurazioni ad hoc basate sul fit rispetto a obiettivi quali/quantitativi definiti in fase di brief.

Sul tema l'Osservatorio Branded Entertainment sta da tempo collaborando con UPA per definire alcuni KPI per la misurazione dellle campagne di Branded Content e di progetti di Influencer Marketing.  

 

LE COMMUNITY, BACINO CREATIVO PER BRAND E AGENZIE

Le aziende guardano con interesse anche alle community come opportunità nelle quali investire, puntando sul passaparola dei gruppi di follower per raccontare i brand. Ne hanno discusso  Alessandro Gatti, Ceo di ZooCom; Nicola Bertona, Co-founder & Ceo di TWENTYFOURSEVEN e 
Marco Sorrentino, Content Director di Publicis Media . Diversamente da quanto accade con i messaggi legati agli influencer, nei qualil conta l'endorsement, nelle community è il contenuto di qualità a coinvolgere gli utenti, che trovano nell'identificazione di messaggi e linguaggi il link  per avvicinarsi ai marchi. La community di follower, che grazie alla loro attività si trasformano essi stessi in influencer per le marche, diventa dunque un ecosistema attivo di nel quale ad esempio si crea engagement con la Gen Z puntando su contenuti  interessanti che spaziano dallo spot all'attualità, all'intrattenimento, alla musica. Le prime 20 community che collaborano con ZooCom a livello mensile, ad esempio, generano 3 miliardi di impressions e 45 milioni di video views. Le community diventano poi un laboratorio di creatività compartecipato dagli utenti, sempre più co-creators di contenuti per i brand. Ecco perchè anche in questo caso diventa essenziale il ruolo delle agenzzie e dei centri media come garanti della brand safety e della correttezza dei racconti di marca e del rispetto dei valori dei brand.

 

EC