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Mercato

Comunicazione esperienziale

La rivoluzione digitale ha riequilibrato i rapporti di forza, indebolendo la voce dei brand e conferendo maggiori poteri ai consumatori, sempre più attivi e critici. In questo contesto, la comunicazione, per essere efficace, deve essere trasparente ed esperienziale, ossia focalizzata sul coinvolgimento degli utenti attraverso la costruzione di percorsi emozionali. Su NC ne abbiamo parlato con Jane Reeve e Massimiliano Longo di JWT/RMG Connect.
Se per comunicazione a 360 gradi si intende la semplice somma delle occasioni di contatto con i consumatori, allora stiamo parlando di qualcosa di già vecchio e superato. I brand e la loro comunicazione non devono semplicemente puntare a vendere qualcosa, ma aiutare i consumatori a rendere migliori le loro vite. In quest’ottica, la comunicazione diventa esperienziale e i brand assumono il volto di veri e propri ‘abilitatori di esperienze’, ossia fornitori di contenuti e prodotti ad alto valore aggiunto per gli utenti. A trasformarsi, di conseguenza, è anche la natura della comunicazione pubblicitaria, con il progressivo declino dei modelli ‘interruttivi’ e la crescita di quelli ‘partecipativi’. Ne parliamo con Jane Reeve (in foto, in alto), presidente e ceo, e Massimiliano Longo (in foto, sotto), head of Experience Unit JWT/RMG Connect.

Come stanno evolvendo i media in termini di integrazione? Quali cambiamenti investono i mezzi tradizionali e quale ruolo gioca il digitale?

(Longo) Ci troviamo in un momento di forte cambiamento ed evoluzione dei media, a cominciare da quelli tradizionali. Non si pensi però che essi stiano perdendo valore, anzi, rimangono fondamentali, ma all’interno di una prospettiva integrata, in cui l’utente fa esperienza del brand attraverso più mezzi. È come se il consumatore seguisse un percorso esperienziale fatto di più dimensioni mediali, passando dai mezzi classici a quelli più innovativi e digitali. Per esempio, quelle che un tempo erano semplici affissioni oggi possono diventare dei touch point con cui interagire tramite la tecnologia bluetooth. È il passaggio dal mezzo subito passivamente dal consumatore al canale costruttore di dialogo e relazione, vissuto attivamente dall’utente. I nuovi media arricchiscono l’esperienza di quelli classici, che a loro volta tendono a evolversi. Si pensi anche alla stampa: con l’affermazione dell’iPod e l’avvento dell’iPad, la lettura diventa sempre più multimediale, e si arricchisce, per esempio, anche di video.

In questo scenario, il ruolo delle agenzie è destinato a cambiare? In quale direzione?

(Reeve) Assolutamente sì, nella direzione di un approccio sempre più olistico. Le agenzie devono cambiare il loro modo di ragionare, essere più aperte e disposte a sviluppare professionalità diversificate al loro interno. Per esempio, in JWT/RMG Connect abbiamo trasformato la struttura dell’agenzia, passando da un modello ‘verticale’ a uno ‘concentrico’, basato su un nucleo, l'Experience Unit, che aiuta a diffondere e sviluppare tutte le capacità creative e le possibilità tecnologiche dell’intera agenzia. Per intenderci, il principio fondante è quello delle onde concentriche create da un sasso lanciato in acqua. C’è però un elemento cui, nonostante tutti i cambiamenti, le agenzie non possono proprio rinunciare: la capacità di gestire il brand, esserne la guida per ciò che riguarda la comunicazione.

Come spiega il proliferare negli ultimi anni di agenzie indipendenti di piccole e medie dimensioni? Vi sentite in competizione con loro o, piuttosto, vi ritenete complementari?

(Reeve) La competizione è un qualcosa di sano, fornisce stimoli per stare al passo con i tempi e ricercare le innovazioni. In questo senso, anche un’agenzia grande come la nostra può essere in competizione con le realtà più piccole. Però occorre stare attenti: le piccole strutture iperspecializzate, di tipo fortemente verticale, come per esempio le web agency o le mobile agency, forniscono servizi specifici, ed è molto difficile che possano garantire al cliente una comunicazione a tutto tondo, che sia davvero integrata.

Come si posiziona l’Italia rispetto al resto del mondo in termini di innovazione nella comunicazione?

(Longo) In Italia c’è ancora molto da fare per risolvere il problema del ‘digital divide’: sono ancora troppi gli abitanti del nostro paese che, anche per carenza di infrastrutture, non accedono a internet. E poi c’è il problema della difficoltà delle interfacce, che blocca molti utenti. E qui entrano in campo le agenzie che, facendosi garanti dell’esperienza di brand vissuta dall’utente, devono impegnarsi per fornire una comunicazione quanto più possibile trasparente ed emozionale, anche attraverso interfacce semplici e intuitive. In questo senso, il ruolo dell’interaction design diventa centrale, perché fare design non significa solo progettare qualcosa, ma fare in modo che funzioni nel modo migliore possibile per l’utente.

I vostri clienti in che rapporto sono rispetto alla comunicazione olistica? A tal proposito, quali strumenti e soluzioni mettete in campo?

(Reeve) Praticamente tutti i nostri clienti ragionano ormai secondo una prospettiva olistica, trasversale ai vari media. Ed è proprio per andare incontro alle loro necessità che JWT/RMG Connect ha rivoluzionato il suo modo di lavorare creando l’Experience Unit e mettendola al centro dell’agenzia, come motore di sviluppo per tutti i suoi reparti classici.

(Longo) Nel dettaglio, l’Experience Unit è il nucleo sperimentale di un nuovo modello di agenzia di comunicazione e marketing, lanciato da JWT/RMG Connect su scala internazionale, finalizzato a creare esperienze di brand interconnesse e misurabili. I suoi componenti sono selezionati attingendo ai talenti delle diverse discipline della comunicazione, raccogliendo, in particolare, tutte le varie expertise specifiche del mondo digitale: dai creative technologist agli experience designer, passando per information architect, community manager e digital strategist. Tra i principali obiettivi dell’Experience Unit c’è quello di diffondere la cultura della digitalizzazione e gli approcci ‘customer centrici’ sia in tutte le aree dell’agenzia sia presso i clienti. Non è un caso che, anche a livello logistico, l’Experience Unit si trovi al centro del secondo piano della nostra sede, dove lavorano i creativi e i planner dell’agenzia. Noi non parliamo più di comunicazione a 360 gradi, è qualcosa di superato, significa solo usare diversi touch point; preferiamo occuparci di ‘comunicazione esperienziale’, che significa ragionare e operare in ottica integrata, costruendo percorsi attraverso i vari touch point, per fornire all’utente l’occasione di esperienze in grado di arricchirlo. Inoltre, un altro nostro obiettivo è attirare i giovani talenti e, in questo senso, stiamo valutando delle partnership con il mondo accademico per far vivere agli studenti eccellenti delle work esperience reali, sul campo.

Quale futuro dobbiamo attenderci per la comunicazione?

(Longo) La situazione è molto fluida, viviamo in un mondo in costante trasformazione. Tra le tendenze, ci sarà un’ulteriore crescita del real time, l’affermazione dell’immediatezza, la progressiva scomparsa dei tramiti, dei filtri, dei dispositivi che mediano il rapporto tra utente e contenuto. Sarà tutto sempre più immediato, naturale e tridimensionale.

Mario Garaffa