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Omnicom-IPG: il processo di fusione procede dopo un primo ok della FTC, soggetto però al divieto di escludere dalle pianificazioni media editori o concessionarie per motivi politici o ideologici
La Federal Trade Commission (FTC) ha approvato preliminarmente la fusione tra Omnicom e IPG, ma con precise limitazioni: in particolare, il divieto di escludere dalle pianificazioni media editori o concessionarie per motivi politici o ideologici, a meno che ciò non avvenga su richiesta esplicita e personalizzata di un cliente pubblicitario.
La decisione nasce dal timore che simili pratiche possano distorcere la concorrenza e limitare la libertà del dibattito pubblico. L’FTC ha citato in particolare il ruolo di Omnicom e IPG nella Global Alliance for Responsible Media (GARM), l’organizzazione costituita dalla World Federation of Advertisers (WFA) per tutelare la brand safety e impedire agli annunci di apparire vicino a contenuti ritenuti dannosi per le marche, compresi, fra gli altri, siti e piattaforme considerati responsabili di diffondere fake news.
L’anno scorso X (ex Twitter) ha citato in giudizio GARM accusandola di pratiche anticoncorrenziali, sostenendo che il gruppo avesse invitato gli inserzionisti a non acquistare pubblicità sulla piattaforma finendo per penalizzare contenuti legittimi sotto l’etichetta generica di ‘disinformazione’. Poco dopo, GARM ha cessato le attività non avendo le risorse per affrontare il contenzioso legale.
L’ordine FTC non sarà definitivo fino al termine di un periodo di 30 giorni dedicato ai commenti pubblici. Se finalizzato, Omnicom e IPG accetteranno i termini senza ammettere colpe passate.
Intanto, anche nel Regno Unito è stata avviata un’indagine sulla fusione. John Wren (a sinistra nella foto) presidente e CEO di Omnicom, e Philippe Krakowsky (a destra nella foto), CEO di IPG, hanno accolto con favore la notizia: “Siamo lieti che la nostra operazione con Interpublic abbia superato questo ostacolo normativo fondamentale. È un passo importante verso la fusione”.