Ricerche

Finzi, definire l'Evento è anche una questione di business

Dare una definizione di evento non è una perdita di tempo. È il punto di partenza per poter conoscere il mezzo, e dunque per poter fare business. Ma non è facile, e i manager d'azienda, come risulta dalla ricerca della Consulta degli Eventi, sono i primi a cadere in confusione. Cosimo Finzi interviene sul tema, attribuendo a un mix di elementi il tratto distintivo del medium.
Regna la confusione nella definizione di evento. Tutti ne parlano, le aziende li inseriscono nelle strategie di comunicazione, le agenzie diversificano la propria offerta andando a presidiare tutti i territori possibili, dalle gallerie dei centri commerciali ai grandi resort per i viaggi incentive, i corsi di formazione e i master sulla event industry si moltiplicano, ma quando si tratta di spiegare cos'è un evento, la tendenza è quella di generalizzare, comprendendo nel termine le attività più disparate, persino il buon vecchio volantinaggio mascherato da sampling o da in-store promotion. E stupisce che a cadere nella 'babele terminologica' siano proprio le aziende, come emerge dall'ultima ricerca presentata dalla Consulta degli Eventi 'Quale evento per quale cliente' (vedi notizia correlata).

Ricordando la definizione di Evento riportata nella prima edizione, cioé già nel 2005, del 'Monitor sul Mercato degli Eventi in Italia', condotto da Astra Ricerche per ADC Group ("Un mezzo di comunicazione che intende stabilire un rapporto diretto ed emotivo con il target di riferimento, basato sulla relazione e sull'esperienza personale, spesso con un forte contenuto di intrattenimento più o meno spettacolare"), riportiamo di seguito l'intervento che Cosimo Finzi, ricercatore Astra Ricerche, ha inviato alla redazione di e20express.it a seguito della presentazione della ricerca della Consulta degli Eventi.


CosimoFinzi[1].jpg"Riviste, siti, dibattiti, interviste, incontri, riunioni, brainstorming, convegni, ricerche, presentazioni, tavole rotonde: gli eventi sono sempre più al centro dell’attenzione.
Ma poi, cosa è un evento?
Se a prima vista può sembrare poco interessante o poco utile cercare una definizione di evento, invece è vero il contrario: è importante delineare il mondo degli eventi, formare un’idea condivisa delle attività che ricadono in questa categoria e di quelle che non ne fanno parte per poter discutere di questo mezzo di comunicazione, per poterlo studiare, per poterlo ‘misurare’, per poterne scrivere. E per fare business.
D’altra parte - nonostante anni di sforzi per fare ‘cultura degli eventi’ (già nel 2005 ADC Group e AstraRicerche hanno affrontato il tema, tramite una ricerca quantitativa e attraverso numerosi dibattiti b2b) - la ricerca recentemente presentata dalla Consulta degli Eventi di AssoComunicazione mostra come gli intervistati (direttori della comunicazione, del marketing, ceo, etc.) associno al concetto di evento un mix di attività di comunicazione decisamente differenti tra loro, alcune delle quali (preoccupantemente) sorprendenti.

Se non è facile trovare una definizione ‘da dizionario’, chiediamoci almeno: cosa caratterizza un evento?
- La partecipazione diretta, la presenza del target? Certamente, con un’eccezione che conferma la regola: l’evento online, che è davvero evento, come se il target fosse là ove l’attività si svolge, se riesce ad avere un effetto sul target simile - a livello emozionale o, più freddamente, a livello di risultati di marketing - a quello che si avrebbe con un’attività ‘face to face’. Un’attività in cui il target è completamente passivo e dove non ‘sente’ l’evento non si può definire evento on line (è qualcosa di diverso, più vicino a una trasmissione televisiva spostata in Rete).
- La creatività, l’ideazione e la realizzazione di qualcosa di insolito o inedito, di ‘speciale’? Certamente possono aiutare (ed essere decisive per il successo dell’attività), ma non sempre sono strettamente necessarie: molte convention e congressi non hanno carattere di ‘extra-ordinarietà’ (molti lo sono, ed è un trend crescente e interessante), ma sono comunemente e correttamente classificati come eventi.

- La partecipazione intensa, ‘col cuore’, del target, l’emozione? Di nuovo: elementi spesso fondamentali per raggiungere obiettivi come la memorabilità, il rafforzamento dell’immagine di marca (o del prodotto/servizio), l’aumento dell’awareness (con effetti immediati e di lungo periodo), il favore per l’azienda e i suoi brand, e per numerose altre dimensioni positive; ma non sempre elementi presenti negli eventi.

Forse ci può aiutare qualche esempio di cosa non è (secondo me) un evento.
Non basta mandare ‘in vacanza’ gli agenti di una società per fare un evento/incentive.
Non basta fare una conferenza-stampa o una riunione con dei giornalisti per poterla definire un evento (ma non era una tipica attività di pr?).
Non basta che una hostess o uno steward invitino alla prova prodotto o distribuiscano buoni-sconto al supermercato per parlare di evento (l’attività è sempre rientrata nell’in-store promotion, e forse basterebbe chiedere al consumatore in uscita da un supermercato se pensa di aver partecipato a un evento o se si è trattato di una promozione): attività nobile, efficace, che personalmente ritengo interessante ma non certo coincidente con un evento).
E ancora: non basta trasmettere on line un evento ‘fisico’ per dire di aver fatto un evento on line.
Ci vuole di più.
Quel ‘di più’ è un mix - variabile, non quantificabile, non rigidamente definibile - di creatività, di aspetti relazionali veri, di emozione, di memorabilità, di partecipazione (effettiva o ‘col cuore’).
Quel 'di più' è fondamentale perché rende l’evento una forma di comunicazione differente dalle altre, ne spiega la crescita negli ultimi anni, ne fa presagire un rilancio dopo la crisi economica.
Ed è sempre questo 'di più' che permette di spiegare l’interesse per gli eventi di molti giovani che studiano marketing e comunicazione, che ne motiva l’interesse da parte dei mezzi di comunicazione di massa e che probabilmente vi ha portati a leggere le pagine (cartacee o online) che ospitano queste riflessioni.

Un’industry da 1.200 milioni di € all’anno non ha bisogno di allargare la sua definizione e forse deve anche evitare che regni confusione sui suoi confini: semmai ha bisogno di renderli chiari e condivisi. Per poi poter essere collocato, forte delle sue caratteristiche distintive, più al centro nel panorama della comunicazione commerciale".

Chiara Pozzoli