Ricerche
Il 'Pan-European' report rivela le tendenze del settore Incentive
Il 'Pan-European' report commissionato da Site, con cui Imex, la principale fiera europea del settore meeting & incentive (che si tiene ogni anno a Francoforte), aggiorna sulle tendenze internazionali dei viaggi d’incentivazione, è giunto nel 2008 alla quarta edizione. Ancor più ricco è il database di manager di settore, dal lato sia della domanda, sia dell’offerta (principalmente direttori generali, amministratori delegati o ceo, corporate sales manager, business development director, titolari d’azienda o di agenzia, direttori clienti, marketing manager, direttori procurement e operations manager), che quest’anno provengono da ben 15 paesi di Europa e Scandinavia, più la Russia. In maggioranza sono organizzatori di eventi, rappresentanti di Dmc (Destination management company, ossia specialisti nell’erogazione di 'ground services' in un particolare territorio), ed esperti in comunicazione di marketing. Per il 30% l’incentive costituisce i tre quarti (e per il 54% la metà) dell’attività professionale.
Il 55% dichiara che il concetto di 'incentivazione della forza-lavoro' è molto ben diffuso presso le multinazionali operative nel proprio paese, mentre lo è un po’ meno (24%) nel business domestico, anche se il 64% lo vede in estensione. Il fanalino di coda è il settore pubblico, che solo per l’11% degli intervistati è consapevole delle potenzialità dell’incentive.
Quando si commissiona un viaggio d’incentivazione, la prima cosa che si chiede è la sicurezza sia in volo sia a terra; ciò è considerato ancor più importante di un programma che ben si abbini al background e allo stile di vita dei partecipanti. Il fatto peraltro che questa personalizzazione compaia al secondo posto è indice dell’accresciuta sensibilità dei committenti verso il tailor-made.
Al terzo posto compare il rapporto qualità-prezzo, al quarto il corto raggio della trasferta (per non tenere i partecipanti troppo lontani dall’ufficio), al quinto - e ciò è curioso - un viaggio o una destinazione che consenta al target di 'vantarsene' con gli amici, mentre è fanalino di coda la richiesta di un programma che sia 'facile' da organizzare punto-e-basta.
Nella domanda successiva viene chiesto agli intervistati di elencare quali fattori rendano più memorabile un viaggio incentive. Al primo posto, quest’anno come nei precedenti tre, dunque assai saldamente, figura la percezione dell’unicità e del privilegio dell’esperienza, e al secondo la creatività di un programma che catturi l’immaginario di chi lo vive.
Terza, la consapevolezza del valore venale dell’esperienza, così che i partecipanti capiscano quanto sarebbe costata se avessero dovuto pagarsela di tasca propria, mentre al quarto posto c’è la personalizzazione.
La tipologia di viaggio preferita è la vacanza sportiva o di avventura, cui seguono le gite culturali, i 'sightseeing', ossia le trasferte con maggior enfasi sul territorio, le esperienze Spa (ossia salutistiche), i viaggi nella natura incontaminata, i soggiorni in luoghi romantici, i programmi a finalità solidali e, ultimo posto, le crociere. I viaggi ecologici sono in costante crescita in questi quattro anni, e c’è stato addirittura chi, fra gli interpellati, li ha predetti prossimamente in prima posizione.
I budget, sempre più ristretti, non sono l’unica voce economica con cui l’incentive deve fare i conti: c’è anche il costo-opportunità, che è altissimo in funzione dell’assenza dei partecipanti dai loro posti di lavoro. Anche questo - specifica la ricerca - spiega il perché dei sempre più frequenti incentive short-haul. Anzi, le risposte indicano come 'accettabili' solo viaggi sino a un massimo di tre ore d’aereo, cosicché si preferisce concentrare l’esclusività della trasferta più sui contenuti che sull’esotismo della meta in sé.
Molto sentita l’importanza del Roi (Return on investment), anche se ancora non ne esiste una forma di calcolo condivisa, e soprattutto si registra una diffusa consapevolezza del valore aggiunto dell’incentive quale strumento per fidelizzare la clientela o aumentare il senso d’appartenenza all’impresa. Per questo, paesi come Belgio, Germania, Ungheria, Portogallo, Russia e Regno Unito prevedono un’annata positiva per il comparto, mentre in Francia, Grecia, Italia e Olanda la fiducia scricchiola un po’, a causa della congiuntura sfavorevole.
Un po’ tutti, peraltro, lamentano il disinteresse da parte dei governi, che non fanno nulla (o fanno poco) per defiscalizzare i viaggi incentive o per riconoscere la professionalità di chi li concepisce e li realizza. Per questo si indica nel 'meetcentive' (ibrido fra 'meeting' e 'incentive') l’escamotage cui molte aziende clienti ricorrono per 'mascherare' un incentive sotto le fattispecie di una riunione di lavoro in trasferta. Mediamente si registrano, su programmi di quattro giorni, una giornata di convention o convegno e tre di vacanza totale, tipicamente con meta in una delle capitali europee. In tal modo, fra l’altro, i committenti si rassicurano sul fatto che il programma abbia un ritorno immediato, proprio perché prevede diverse ore di lavoro. Inoltre, sanno che chi resta a casa finisce per tollerare di più la propria esclusione dal panel dei privilegiati.
Sull’importanza dei tre macro-fattori di policy internazionale (il rispetto per l’ambiente, la corporate social responsibility e il rapporto con le culture lontane) gli intervistati sono sempre più concordi, dichiarandoli 'decisivi' rispettivamente al 45%, 34% e 35%. Riguardo all’ecosostenibilità, si afferma di selezionare le destinazioni con sempre maggior cura, nonché di utilizzare molto sovente i treni ad alta velocità, mentre non si attribuisce grande importanza ai cambiamenti climatici, di cui il pubblico aziendale non sarebbe - secondo queste risposte - particolarmente consapevole.
Quanto alla responsabilità sociale, gli intervistati le riconoscono la capacità di condizionare solo in parte il programma di viaggio, che per il resto segue l’unica bussola della corporate image.
Ciononostante, la domanda verso le principali e più sicure mete africane (con relative opere
di beneficenza o di bonifica ambientale) è in aumento un po’ ovunque.
Il rapporto con le altre culture invece è oggetto del 100% dell’attenzione. Ovunque si vada, ci si informa previamente sulle abitudini alimentari e religiose del posto, sulle modalità delle relazioni sociali, sul ruolo e sull’immagine dei sessi, ecc. Proprio per questo si tende a evitare quei Paesi in cui queste prescrizioni sono troppo rigide.