Ricerche

Ricerca GfK - Per il 20% degli italiani le interazioni virtuali valgono quanto i contatti reali

L’indagine ha coinvolto 27.000 persone di 22 paesi. Circa un quarto degli intervistati (23%) è convinto che le interazioni virtuali siano valide quanto quelle realizzate di persona. Gli italiani si collocano sotto la media internazionale (20%). I più positivi nei confronti delle interazioni virtuali sono le donne e le persone con un’età compresa tra i 30 e il 39 anni. Brasile e Turchia le nazioni più positive nei confronti delle interazioni visuali; Germania e Svezia le meno aperte.
Oggi le occasioni in cui ci troviamo a interagire virtualmente sono semprepiù frequenti, anche nella vita di tutti i giorni. Basti pensare alle videoconferenze di lavoro, alle video-chiamate via smartphone, alle chat istantanee di Facebook o WhatsApp, alla possibilità di esplorare città, ristoranti e musei con servizi quali Google Street View o 3D-Panorama.


Ma queste interazioni a distanza, hanno per le persone lo stesso valore delle interazioni di persona?

Secondo un’indagine online realizzata da GfK, a livello italiano il 20% degli intervistati si dichiara d’accordo con l’affermazione secondo la quale le interazioni virtuali valgono quanto le interazioni reali. Le donne sembrano essere le più aperte nei confronti di questo tema, con il 25% di risposte favorevoli, contro il 16% registrato dagli uomini.

Per scaricare il report completo, CLICCA QUI

Anche l’età dell’intervistato ha un certo peso: i più positivi nei confronti delle interazioni virtuali sono gli intervistati appartenenti alla fascia d’età 30-39 anni (27% di risposte favorevoli), seguiti quasi a pari merito dalle fasce 15-19 anni (21%) e 20-29 anni (20%). Tra le persone con più di 60 anni, al contrario, solo il 14% degli intervistati pensa che interagire a distanza utilizzando dispositivi tecnologici abbia lo stesso valore di conoscere qualcuno o qualcosa di persona.

I risultati di questa indagine hanno risvolti interessanti per le aziende. Conoscere il grado di apertura nei confronti delle interazioni virtuali dei diversi mercati e dei diversi segmenti di consumatori è un elemento fondamentale nel momento in cui si prendono delle decisioni che hanno a che fare con l’interazione a distanza. Questo può succedere, ad esempio, quando si deve decidere se utilizzare la realtà aumentata a fini promozionali, oppure se organizzare una riunione in videoconferenza per ridurre i costi di viaggio.

A livello internazionale sono soprattutto le persone appartenenti alle fasce di età 20-29 anni e 30-39 anni a pensare che le interazioni virtuali valgano quanto la vita reale, rispettivamente con il 28% e il 27% delle risposte favorevoli. Seguono in classifica gli adolescenti (15-19 anni), che nel 22% dei casi si dimostrano positivi nei confronti delle interazioni virtuali. 

Non stupisce, invece, che le fasce di età più anziane siano anche quelle meno propense a equiparare vita reale e vita virtuale: tra i 50 e i 59 anni solo il 15% degli intervistati è d’accordo con questa affermazione, mentre una persona su cinque (20%) si dichiara fortemente in disaccordo. Salendo ancora con l’età, tra le persone con più di 60 anni quasi un terzo si dichiara in disaccordo (27%) mentre solo uno su dieci si dichiara d’accordo (11%). 

Brasile e Turchia guidano la classifica delle nazioni più aperte nei confronti del virtuale, con circa un terzo (34%) dei consumatori convinto che le interazioni virtuali possano essere tanto valide quanto quelle di persona. 
Seguono a breve distanza Messico (28%), Cina (27%) e Russia (24%).

All’estremo opposto della classifica si trova la Germania, con quasi un terzo delle persone (32%) che si dichiara in disaccordo con l’equiparazione reale-virtuale nell’ambito delle interazioni umane.

Seguono la Svezia al 29%, quindi Repubblica Ceca e Belgio con poco più di un quarto (26%) e Paesi Bassi e Regno Unito con circa il 23%.