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Ricerca Weber Shandwick - Dipendenti sempre più partecipativi in rete, ma in Italia ancora grossi margini per la reputation
In Europa il 18% dello staff aziendale è considerato 'ProAttivo' sui social a favore della propria organizzazione e il 60% dei dipendenti intervistati dichiara di difendere attivamente la propria azienda. E se internet e i social media stanno cambiando le regole della comunicazione, restituendo ai dipendenti una voce amplificata, la loro influenza sui social media è cruciale per la reputazione dell'azienda. I risultati della ricerca Weber Shandwick.
Weber Shandwick, in partnership con KRC Research, ha condotto la ricerca
Employees Rising: Seizing the Opportunity in Employee Activism
.
Con un sondaggio online su un campione di 2300 dipendenti d’azienda di 15 diversi paesi del mondo, lo studio esplora il fenomeno dell’attivismo dei dipendenti, con il fine di aiutare le aziende a capire cosa occorre mettere in pratica per intercettare e cavalcare questo trend.
La multinazionale del settore relazioni pubbliche ha quindi identificato un nuovo fenomeno in grande ascesa nell’era digitale: l’attivismo dei dipendenti negli ambienti sociali.
I dipendenti attivi danno visibilità al proprio posto di lavoro, difendono la propria organizzazione dalle critiche esterne e si comportano come veri e propri advocate, sia online sia offline.
Si stima che in Europa quasi uno su cinque sia un dipendente attivo, mentre un buon 32% ha un grosso potenziale nel poterlo diventare. Le aziende dispongono pertanto oggi di un’enorme opportunità per capitalizzare questo importante patrimonio di advocacyo rischieranno di perdere un nutrito gruppo di supporter; nella peggiore delle ipotesi, trascureranno i detrattori che possono seriamente danneggiare la reputazione dell’azienda.
“Il fenomeno dei dipendenti attivi non deve essere sottovalutato - afferma Leslie Gaines-Ross, Chief Reputation Strategist di Weber Shandwick -. E’ molto importante per i ceo identificare e riuscire ad attivare tutti coloro che mostrano già una certa predisposizione ad appoggiare l’organizzazione per cui lavorano. Questo è particolarmente vero per le aziende europee. Abbiamo appreso dalle conversazioni con i nostri clienti che il coinvolgimento dello staff è una priorità delle loro agende e sarà sempre più la strada da seguire anche in futuro”.
Come il top management ormai ben sa, l’impatto dei social media sulla reputazione di un’azienda è un tema conosciuto e molto dibattuto. Ciò che alcune aziende ancora non comprendono a pieno è quanto siano cruciali i social media nel coinvolgimento dello staff e quanto sia possibile fare per alimentare l’attivismo dei dipendenti. Di seguito alcune dichiarazioni degli intervistati che, da sole, bastano a far luce sul fenomeno:
· Il 43% pubblica sui social messaggi, foto o video inerenti all’azienda per cui lavora
· Il 33% ha condiviso un commento positivo sulla propria azienda
· L’11% ha condiviso online critiche o commenti negativi sull’azienda
· Il 10% ha pubblicato online qualcosa sull’azienda, di cui poi si è pentito
L'indagine ha rivelato che in Europa il 24% delle aziende incentiva il proprio staff a pubblicare e a condividere sui social notizie inerenti il proprio posto di lavoro. Questa forma di incoraggiamento alla condivisione negli ambienti sociali ha un fortissimo impatto tra i dipendenti, stimolandone l’ advocacy . Per esempio, le persone che lavorano per aziende che incoraggiano la condivisione sui social, sono più propense (+51%) a consigliare ad altri i prodotti o i servizi dell’azienda stessa.
È importante riconoscere lo stato di disorientamento in cui oggi spesso si trovano i dipendenti di un’azienda, a causa di:
· Cambiamenti organizzativi. Più di 8 intervistati su 10 (84%) ha recentemente assistito a grossi cambiamenti nell’azienda per cui lavora
· Inefficace comunicazione interna. Solo il 46% dei dipendenti intervistati è in grado di descrivere ad altri cosa faccia esattamente la propria azienda e quali siano i suoi obiettivi
· I dipendenti stanno sulla difensiva e spesso agiscono da “in caso di urgenza” per prendere le difese dell’organizzazione. Il 60% dei dipendenti europei intervistati dichiara di aver difeso la propria organizzazione da critiche esterne da parte di familiari o conoscenti, oppure provenienti da un sito internet, un blog o un organo di stampa
Lo studio comprende un una serie di suggerimenti che delineano una strategia e una tattica da mettere in pratica nel lanciare un programma di comunicazione interna.
“Internet e i social media stanno cambiando le regole della comunicazione, restituendo ai dipendenti una voce amplificata. Questo è particolarmente vero per gli italiani, una popolazione che fa ampio uso dei social media – il 92% degli intervistati italiani ha un profilo socialepersonale vs l’88% della media europea. Se paragoniamo i dati dell’indagine relativi al mercato Italia con quelli dell’Europa, ci colpisce infatti un potenziale di advocacy ancora più grande nel nostro paese (36% di dipendenti PreAttivi vs 32%), ma tuttavia è inferiore la percentuale di ProAttivi, cioè quelli che già compiono tutte le azioni possibili di supporto all’organizzazione: 12% vs 18% europeo. Se consideriamo poi la situazione del mercato italiano - il 92% degli intervistati italiani vs. 84% degli europei dichiara di aver assistito recentemente a grossi cambiamenti sul posto di lavoro – si evince che in Italia ci sia un’urgenza maggiore di presidio del fenomeno, ma anche maggiori opportunità di intervento", commenta Linda Bulgheroni, managing director di Weber Shandwick.
La multinazionale del settore relazioni pubbliche ha quindi identificato un nuovo fenomeno in grande ascesa nell’era digitale: l’attivismo dei dipendenti negli ambienti sociali.
I dipendenti attivi danno visibilità al proprio posto di lavoro, difendono la propria organizzazione dalle critiche esterne e si comportano come veri e propri advocate, sia online sia offline.
Si stima che in Europa quasi uno su cinque sia un dipendente attivo, mentre un buon 32% ha un grosso potenziale nel poterlo diventare. Le aziende dispongono pertanto oggi di un’enorme opportunità per capitalizzare questo importante patrimonio di advocacyo rischieranno di perdere un nutrito gruppo di supporter; nella peggiore delle ipotesi, trascureranno i detrattori che possono seriamente danneggiare la reputazione dell’azienda.
“Il fenomeno dei dipendenti attivi non deve essere sottovalutato - afferma Leslie Gaines-Ross, Chief Reputation Strategist di Weber Shandwick -. E’ molto importante per i ceo identificare e riuscire ad attivare tutti coloro che mostrano già una certa predisposizione ad appoggiare l’organizzazione per cui lavorano. Questo è particolarmente vero per le aziende europee. Abbiamo appreso dalle conversazioni con i nostri clienti che il coinvolgimento dello staff è una priorità delle loro agende e sarà sempre più la strada da seguire anche in futuro”.
Come il top management ormai ben sa, l’impatto dei social media sulla reputazione di un’azienda è un tema conosciuto e molto dibattuto. Ciò che alcune aziende ancora non comprendono a pieno è quanto siano cruciali i social media nel coinvolgimento dello staff e quanto sia possibile fare per alimentare l’attivismo dei dipendenti. Di seguito alcune dichiarazioni degli intervistati che, da sole, bastano a far luce sul fenomeno:
· Il 43% pubblica sui social messaggi, foto o video inerenti all’azienda per cui lavora
· Il 33% ha condiviso un commento positivo sulla propria azienda
· L’11% ha condiviso online critiche o commenti negativi sull’azienda
· Il 10% ha pubblicato online qualcosa sull’azienda, di cui poi si è pentito
L'indagine ha rivelato che in Europa il 24% delle aziende incentiva il proprio staff a pubblicare e a condividere sui social notizie inerenti il proprio posto di lavoro. Questa forma di incoraggiamento alla condivisione negli ambienti sociali ha un fortissimo impatto tra i dipendenti, stimolandone l’ advocacy . Per esempio, le persone che lavorano per aziende che incoraggiano la condivisione sui social, sono più propense (+51%) a consigliare ad altri i prodotti o i servizi dell’azienda stessa.
È importante riconoscere lo stato di disorientamento in cui oggi spesso si trovano i dipendenti di un’azienda, a causa di:
· Cambiamenti organizzativi. Più di 8 intervistati su 10 (84%) ha recentemente assistito a grossi cambiamenti nell’azienda per cui lavora
· Inefficace comunicazione interna. Solo il 46% dei dipendenti intervistati è in grado di descrivere ad altri cosa faccia esattamente la propria azienda e quali siano i suoi obiettivi
·
Debole coinvolgimento dello staff. Solo il 28% dei dipendenti europei si sente profondamente coinvolto dall’azienda per cui lavora
· I dipendenti stanno sulla difensiva e spesso agiscono da “in caso di urgenza” per prendere le difese dell’organizzazione. Il 60% dei dipendenti europei intervistati dichiara di aver difeso la propria organizzazione da critiche esterne da parte di familiari o conoscenti, oppure provenienti da un sito internet, un blog o un organo di stampa
Lo studio comprende un una serie di suggerimenti che delineano una strategia e una tattica da mettere in pratica nel lanciare un programma di comunicazione interna.
“Internet e i social media stanno cambiando le regole della comunicazione, restituendo ai dipendenti una voce amplificata. Questo è particolarmente vero per gli italiani, una popolazione che fa ampio uso dei social media – il 92% degli intervistati italiani ha un profilo socialepersonale vs l’88% della media europea. Se paragoniamo i dati dell’indagine relativi al mercato Italia con quelli dell’Europa, ci colpisce infatti un potenziale di advocacy ancora più grande nel nostro paese (36% di dipendenti PreAttivi vs 32%), ma tuttavia è inferiore la percentuale di ProAttivi, cioè quelli che già compiono tutte le azioni possibili di supporto all’organizzazione: 12% vs 18% europeo. Se consideriamo poi la situazione del mercato italiano - il 92% degli intervistati italiani vs. 84% degli europei dichiara di aver assistito recentemente a grossi cambiamenti sul posto di lavoro – si evince che in Italia ci sia un’urgenza maggiore di presidio del fenomeno, ma anche maggiori opportunità di intervento", commenta Linda Bulgheroni, managing director di Weber Shandwick.