Scenari
Rapporto I-Com: il 7,2 % delle aziende italiane utilizza i Big Data
Il 7,2% delle imprese italiane utilizza intensamente i Big Data, quasi un punto percentuale al di sopra della media Ue (6,3%), un numero destinato a crescere e addirittura a raddoppiare entro il 2020. Sono i dati che emergono dal Rapporto 'Il digitale nelle abitudini dei cittadini-consumatori e nel business delle imprese', lanciato dall’Istituto per la Competitività (I-Com) e curato da Silvia Compagnucci, Direttore Area Digital di I-Com, e da Stefano da Empoli, Presidente di I-Com.
Lo studio analizza il grado di penetrazione dei servizi digitali all’interno delle aziende e la capacità di utilizzo delle tecnologie da parte dei consumatori, con l’obiettivo di comprendere il livello di sviluppo dello IoT, dei Big Data e del canale digitale, anche in relazione al Customer Care.
Il think tank, con sede a Roma e a Bruxelles, ha condotto un’indagine che ha interessato un campione di 40 aziende italiane, operanti nei principali mercati di massa e nei settori economici più cruciali, tra i quali: energia, Tlc e media, trasporti e agenzie di assicurazioni.
Dal sondaggio è risultato che il 53% delle imprese intervistate prevede un aumento, almeno del 50%, dell’investimento di risorse finanziarie e umane in Big Data nei prossimi tre anni (con quasi 1 su 3, il 29%, che pronostica almeno un raddoppio). Le aziende più ottimiste sullo sviluppo delle attività legate ai Big Data sono quelle appartenenti ai settori Ict e Internet e quelle legate alle assicurazioni.
Per incentivare i propri clienti a fornire maggiori dati, il 43% del campione ricorre ai servizi aggiuntivi rispetto all’offerta base, soprattutto nel settore energia, Tlc e media. Seguono, a pari merito, la fidelity card (35%) e l’applicazione di sconti (35%).
“Nonostante l’Italia sia in ritardo nel livello di diffusione delle competenze digitali rispetto all’Europa, dal momento che il 16% degli individui non ha mai usato Internet a fronte di una media Ue del 28%, le nostre aziende iniziano ad essere consapevoli dello straordinario valore dei Big Data", ha dichiarato Stefano da Empoli, presidente di I-Com. “La regolazione non deve ostacolare l’innovazione ma semmai favorire una corretta allocazione del payoff tra imprese e consumatori, che sempre più devono essere consci del valore dei propri dati e dunque essere messi nelle condizioni, se lo vogliono, di poterli scambiare sul mercato”.
Per quanto riguarda, invece, le criticità che ostacolano il decollo del canale digitale nei rapporti con i consumatori, in testa c’è la resistenza al cambiamento (53%), poi i limiti troppo stringenti della tutela della privacy (35%). Ulteriori ostacoli sono il costo di sviluppo/acquisto e di gestione di strumenti e soluzioni digitali, la security management e la scarsa chiarezza del quadro normativo in materia.
Stando ai dati I-Com, inoltre, il canale digitale sta diventando sempre più il luogo privilegiato per la Customer Care. L’offerta di funzionalità self-service è l’iniziativa preferita di Customer Care digitale in quanto scelta dal 60% del campione, seguita a brevissima distanza da canali di contatto sui social (58%). Meno numerose, invece, sono le imprese che sviluppano community online.
Nell’ambito dei canali digitali, lo strumento del quale si avvalgono maggiormente i clienti/utenti per richiedere assistenza è il sito internet (59%), seguito dai social media (20%) e dalle app su smartphone o tablet (18%), queste ultime molto popolari soprattutto nel settore Tlc e media. Solo il 3% si rivolge alle chat.
In generale, per un’impresa su due (per l’esattezza, il 53%), il principale vantaggio per le aziende derivante è la maggiore soddisfazione del cliente. Solo il 18% ne fa una questione di costi.
L’Osservatorio I-Com 2016 sui Consumatori è stato realizzato in collaborazione con Acea, Agos, Anigas, Autostrade per l’Italia, E.ON, TIM, Unipol, Utilitalia e Vodafone.
SP