
Scenari
Centromarca. Tre italiani su quattro considerano fondamentali gli investimenti e le attività dell’Industria di Marca per lo sviluppo sostenibile, me è indispensabile comunicarli in modo efficace, con meno slogan e più elementi concreti
Anche in presenza di rilevanti tensioni sullo scenario geopolitico ed economico, che creano apprensione nell’opinione pubblica e possono modificarne le priorità, il 72% degli italiani considera una “responsabilità etica imprescindibile” il mantenimento degli investimenti e delle attività della moderna Industria di Marca grocery per lo sviluppo sostenibile. Le iniziative in campo ambientale sono le più attese (indice di priorità 43), seguite dagli interventi in ambito sociale (31) ed economico (25).
Queste ed altre evidenze sono emerse oggi alla presentazione della ricerca Sostenibilità: la comunicazione del Brand nel vissuto del cittadino, promossa da Centromarca all’Università Bocconi di Milano nell’ambito del Salone della Csr e dell’Innovazione. All’incontro, aperto da riflessioni di Luca Alemanno, consigliere Centromarca e amministratore delegato Bolton Food, sono intervenuti: Francesco Perrini (professore di management all’Università Bocconi), Laura Cavalli (responsabile centro studi Centromarca), Vittorio Cino (direttore generale Centromarca), Irene Rizzoli (amministratrice delegata Delicius Rizzoli), Chiara Coricelli (amministratrice delegata Pietro Coricelli) e Giorgio Santambrogio (amministratore delegato Gruppo VéGé). (Nella foto Francesco Mutti, presidente Centromarca).
La sostenibilità dell’Industria di Marca nel vissuto degli italiani - L’indagine, condotta nel mese di luglio da SWG su un campione di 2.012 soggetti maggiorenni, rivela che il 69% degli intervistati è molto o abbastanza convinto del fatto che la sostenibilità - se ben interpretata e comunicata - possa rappresentare un vantaggio competitivo per la Marca. Ad essere percepito è soprattutto l’impegno ambientale: lo afferma il 38% del campione, rispetto al 28% che indica l’ambito sociale e al 22% che si focalizza sugli aspetti economici.
Il 28% dei consumatori ritiene che le Industrie di Marca documentino in modo serio e concreto il loro impegno; il 44% considera che si tratti essenzialmente di strategie di marketing per conseguire vantaggi competitivi, il restante 28% lo riconduce a una scelta aziendale necessaria per non essere esclusi dal mercato di riferimento. Quando si parla di comunicazione sostenibile, il 54% dei consumatori dichiara di avere diversi livelli di fiducia e credibilità in funzione dell’azienda che la propone; il 31% la considera marketing e il 15% la prende in considerazione solo se è supportata da dati e/o da enti terzi. Nel valore del rapporto fiduciario, come era prevedibile, entra in gioco la reputazione che l’azienda ha saputo costruire nel tempo esprimendo trasparenza, coerenza, verificabilità dei fatti, approccio etico alla comunicazione.
La comunicazione della Marca secondo il consumatore - Il 52% degli intervistati suggerisce alle Industrie di Marca (IdM) di veicolare i loro messaggi attraverso i media tradizionali (tv, radio, quotidiani), il 37% indica i media digitali, il 54% l’insieme costituito da attività come le sponsorizzazioni, gli eventi e le conferenze. Per quanto riguarda i contenuti, la richiesta è di avere meno slogan e più elementi concreti/verificabili (37% del campione), spiegando in modo semplice perché un certo intervento ha effetti sullo sviluppo sostenibile (30% di indicazioni), integrando le informazioni aziendali con dati/verifiche indipendenti (27%), evidenziando i limiti, le difficoltà, i rischi di insuccesso di un determinato progetto (26%). All’IdM i consumatori chiedono una comunicazione concreta, che dia atto degli investimenti e delle attività in campi molto specifici. Nella tutela dell’ambiente, per esempio, sono premianti azioni per la riduzione del consumo di risorse naturali e di energia lungo tutta la filiera, la progettazione di prodotti a minore impatto ambientale, gli investimenti in energia pulita, l’introduzione di packaging sostenibile. In ambito economico le richieste si concentrano sul reinvestimento di parte degli utili sui territori in cui opera l’azienda, sull’equa remunerazione lungo la filiera, sull’accesso ai prodotti sostenibili di chi ha redditi bassi, sulla trasparenza dei processi produttivi e della filiera. Sul fronte sociale, infine, le istanze interessano gli investimenti per l’inclusione e il rispetto dei diritti, la promozione di lavoro stabile e di qualità, la formazione dei giovani, l’eliminazione delle discriminazioni di genere, la salute sui luoghi di lavoro.
Un impegno per le imprese e i cittadini - Dalla ricerca emerge in modo rilevante l’importanza per le imprese italiane - di tutti i settori, non solo del largo consumo - di rafforzare e affinare l’efficacia delle attività di comunicazione dedicate alla sostenibilità per favorire alla collettività una più chiara percezione del senso e della concretezza delle iniziative. Sotto questo profilo, infatti, i risultati possono migliorare se si considera che per il 47% delle persone intervistate il presidio della sostenibilità, così come è presentato nei dibattiti e sui media, è considerato più propaganda che reale impegno e non esprime contenuti tangibili. Sempre allargando lo sguardo al mondo delle imprese nella sua totalità, si scopre che per il 55% del campione sostenibilità è un termine “abusato, pur conservando un certo valore”, che il 10% lo considera “privo di reale valore” e solo per il 27% “è usato correttamente e rappresenta un valore concreto e necessario”.
I consumatori esprimono una certa sofferenza nell’adottare in prima persona comportamenti sostenibili. Il 18% afferma che saprebbe cosa fare “ma non sempre ci riesce” e il 38% sostiene di voler fare di più, ma di non disporre di risorse economiche adeguate. Il 33% esprime scarsa fiducia nelle informazioni contenute in etichetta e nelle promesse “green”, insieme alla convinzione che le scelte personali non facciano la differenza e alla sensazione che sia troppo complicato fare scelte sostenibili. Per il 59% la scelta tra un articolo più economico, ma meno sostenibile, ed uno più costoso, ma sostenibile, “dipende dalla situazione e da quanto la differenza di prezzo è significativa”; il 15% preferisci optare per prodotti più economici, anche se meno sostenibili; il 22% “cerca sempre il prodotto sostenibile, anche se più costoso”.



