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Conferenza della comunicazione sociale: insieme per combattere la discriminazione e valorizzare le diversità
"Vogliamo realizzare campagne sociali in grado di produrre risultati concreti", così Alberto Contri, presidente di Fondazione Pubblicità Progresso, ha introdotto la nona conferenza organizzata dalla Fondazione, incentrata sul tema della diversità, dove si è parlato di discriminazione di genere, di differenza, di uguaglianza. Relatori concordi nel ritenere che serva l'impegno di tutti per promuovere un cambiamento culturale necessario ma difficile da ottenere.
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'Il valore della diversità. Verso una nuova cultura di genere', questo il tema su cui si sono confrontati i relatori, riflettendo su quanto lavoro deve ancora essere fatto perché avvenga quel cambiamento culturale utile a superare il problema della discriminazione di genere.
"Vogliamo realizzare campagne sociali in grado di produrre risultati concreti - ha esordito Alberto Contri (nella foto), presidente Fondazione Pubblicità Progresso - , incidere su un tema così complesso come la parità di genere è senza dubbio complesso, ma ci siamo sentiti in dovere di mettere in gioco tutto il nostro impegno a questo scopo".
In un messaggio anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha voluto intervenire in merito. "L’obiettivo del programma presentato in questa conferenza - dichiara il Presidente - riguarda le diversità di genere. Valorizzare le donne non ha solo una dimensione etica, ma è anche importante sul piano economico, come dimostra la capacità delle donne di affermarsi e di dare il proprio contributo in tutti i campi, una volta che siano liberate da vincoli giuridici e da pregiudizi sociali. Amarezza, indignazione e dolore generano poi il perpetuarsi della violenza sulle donne, così frequente proprio sulle compagne di vita".
"È bene quindi - continua Napolitano - che il recente provvedimento del governo abbia considerato i legami sentimentali come un’aggravante. Si deve però rilevare che la dilagante rappresentazione del corpo femminile come bene di consumo rafforza fuorvianti atteggiamenti possessivi nei confronti della donna. È opportuno quindi che le donne siano rappresentate con sobrietà e dignità nei media, così come si è impegnata a fare la Rai. D’altra parte, non possiamo nasconderci che proprio la maggiore eguaglianza conseguita dalle donne sul lavoro e nelle professione può suscitare pericolosi atteggiamenti di reazione. È giusto quindi operare con accortezza e a tutto campo come appunto si propone di fare, all’interno del suo progetto biennale, Pubblicità Progresso, alla quale auguro pertanto di continuare a fare avanzare il Paese verso un traguardo che sappiamo quanto sia difficile raggiungere pienamente".
"Il tema affrontato oggi è di grande attualità - ha affermato Giovanni Puglisi, rettore dell'Università IULM -: in un mondo in cui la diversità non è un valore, ma una discriminante, si compiono gesti estremi, come quelli di cui purtroppo abbiamo spesso notizia. Da qui la necessità di promuovere un mondo plurale, dove ognuno venga considerato in base al suo valore in quanto individuo e non in quanto appartenente a un determinato genere. Credo che la strada verso la valorizzazione della diversità sia ancora lunga da percorrere, ma iniziative come quella di Pubblicità Progresso possono dare un contributo fondamentale".
D'accordo anche Maria Cecilia Guerra, vice ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali. "Ragionare su questa tematica può aiutare a compiere dei passi avanti significativi - ha dichiarato in un video messaggio -. Le Istituzioni devono dare il contributo, ma il piano su cui si deve intervenire è soprattutto quello culturale: bisogna far maturare la consapevolezza che le diversità non sono una schiavitù, ma un valore".
D'altra parte, il concetto di differenza è così ben radicato in noi che è difficile farlo evolvere, come ha sottolineato il filosofo Salvatore Natoli. "la cultura delle differenze precede quella dell'uguaglianza - ha detto Natoli - . Siamo ancora ancorati alle differenze 'gerarchiche' che caratterizzavano le società del passato, dove vi era poca mobilità sociale e dove la donna aveva un ruolo secondario. Le lotte per l'uguaglianza, perpetrate dai corpi sociali da un lato ma anche per far mergere le individualità singolari, hanno poi portato in una prima fase al riconoscimento dei diritti minimi a tutti i soggetti, che però non è sufficiente, perché in questo modo non si permette all'individuo di emergere nella sua singolarità".
Dunque il riconoscimento dei diritti minimi non basta. "Accettare le differenze significa creare lo spazio per la loro manifestazione - ha continuato Natoli - e l'elemento fondante dell'accettazione delle differenze è il rispetto. Solo se l''ognuno' si rende responsabile dell''ognuno' che gli è prossimo sarà possibile la felicità di tutti".
Anche dalle ricerche emerge che la maggiore emancipazione di cui godono oggi le donne in realtà non corrisponde a una vita più semplice. "Il 52% delle donne che abbiamo intervistato ha dichiarato che la vita oggi è più difficile rispetto al passato - ha affermato Simona Beltrame, vicepresidente Istituto Piepoli -, in primis perché l'ambiente socio-culturale ed economico non ha saputo adeguarsi alle richieste di emancipazione del mondo femminile".
"Nelle donne è ancora vivo il conflitto tra l'essere una buona madre ed essere realizzate sul lavoro, principalmente a causa delle difficoltà organizzative legate alla cura dei figli (59%) e alla mancanza di sostegno da parte del datore di lavoro (37%) - ha aggiunto Beltrame - Inoltre, la discriminazione non è presente soltanto sul luogo di lavoro, ma anche tra le mura domestiche, dove alcuni compiti vengono ancora giudicati appannaggio esclusivo della donna e raggiungere la complementarietà non sempre è facile".
La comunicazione sicuramente ha un ruolo fondamentale per sensibilizzare in merito a queste tematiche, anche se non è semplice affrontare argomenti così delicati, come ha messo in luce Marco Lombardi, presidente Y&R Italia e dicente Università IULM. "Una comunicazione troppo forte sulla discriminazione, sui pregiudizi, sulla violenza sulle donne, rischia di ottenere l'effetto opposto - ha spiegato il manager - : il soggetto a cui la campagna si rivolge, spaventato dalla minaccia, di fatto la nega e non recepisce il messaggio. Tuttavia è innegabile che coinvolgere l'interlocutore, come nel caso della campagna realizzata per Pubblicità Progresso, può anche rivelarsi vincente: in generale, bisogna trovare il giusto equilibrio, tenendo presente che poi ogni soggetto può reagire diversamente, anche a causa di variabili personali difficili da prevedere. L'importante, comunque, è che questi temi si affrontino, perché tacere non è senz'altro una soluzione".
Serena Piazzi