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Iab Forum / L’economia digitale vale in Italia 53 miliardi di euro, il 3,3% del Pil e dà lavoro a 220mila persone

Elaborata da EY e Iab Italia, la ricerca si concentra sull’indotto economico e occupazionale del digitale nel nostro Paese. La crescita prevista per il 2016 è del +7,2% (dato superiore rispetto alla media degli altri settori). La previsione è che, entro dieci anni, il comparto digitale arrivi a valere oltre 90 miliardi di euro, superando i settori automotive (55,4 mld di euro) ed energy (84,7 mld), e avvicinandosi alle dimensioni dell’hospitality (101,4 mld di euro).

Quando parliamo di valore del mercato digitale, tutti - per abitudine - pensiamo alla consistenza dell’internet advertising, e dunque, per il 2016, a un valore di 2,36 miliardi di euro (fonte Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano e Iab Italia, leggi news). Ma quanto vale l’economia digitale complessiva? Ossia quanto vale il settore tenendo conto anche dell’indotto economico e occupazionale? A queste domande ha risposto una ricerca elaborata da EY e Iab Italia, presentata quest’oggi (29 novembre) durante la prima giornata dello Iab Forum 2016, in corso a Milano (per info su evoluzione del format e lancio della 'Settimana della Comunicazione', leggi news).

Bene, mettetevi comodi, perché i risultati sono da far girare la testa. I più che rispettabili 2 miliardi abbondanti di euro, riconducibili all’internet advertising in senso stretto, lievitano in modo esponenziale, arrivando a raggiungere la cifra mostruosa di 53 miliardi di euro (dati 2015), pari al 3,3% del Pil nazionale.

Come spiegato da Andrea Paliani, Mediterranean advisory services leader di EY, il dato dei 53 miliardi è composto dalla raccolta pubblicitaria del mezzo internet, dal mercato della comunicazione digitale, dal contributo dei ricavi derivanti da altri comparti (le tecnologie che sostengono la digitalizzazione e i servizi professionali che guidano i processi di trasformazione) e dal totale e-commerce, ossia i ricavi derivati dalla vendita online di prodotti e servizi.

In virtù di questi 53 miliardi di euro, il settore digitale risulta collocato tra il comparto luxury (49,3 miliardi di euro) e quello automotive (55,4 miliardi). Da evidenziare anche la crescita prevista per il 2016, che si attesta sul +7,2% (dato superiore rispetto alla media degli altri settori).

Sul fronte occupazionale, la stima vede circa 220mila persone impiegate nel settore digitale, di cui 55mila sul fronte dell’offerta, ossia in aziende che si occupano della diffusione di soluzioni digitali, mentre 165mila sono gli addetti sul fronte della domanda, ossia impiegati in aziende che accolgono e valorizzano le tecnologie digitali.

Inoltre, a conferma dello stato di salute positivo del comparto, il 59% delle aziende intervistate dichiara di essere intenzionata a realizzare assunzioni di personale nei prossimi sei mesi.

Molto positive sono anche le proiezioni rispetto all’andamento futuro del comparto. La previsione è che, entro dieci anni, il comparto digitale arrivi a valere oltre 90 miliardi di euro, superando i settori automotive (55,4 miliardi di euro) ed energy (84,7 miliardi), avvicinandosi alle dimensioni dell’hospitality (101,4 miliardi).

“I ricavi delle aziende digitali - ha aggiunto Paliani - sono cresciuti del 6% tra il 2014 e il 2015 e, secondo le previsioni, continueranno con un trend positivo. È quindi fondamentale investire nella digitalizzazione delle nostre imprese e nella formazione di competenze adeguate e flessibili, così come nella creazione e nel rafforzamento delle infrastrutture. In questa direzione va il Piano Industry 4.0 del ministro Calenda, che stanzia 13,7 miliardi di risorse pubbliche per incentivare gli investimenti, sviluppare le tecnologie e favorire la formazione digitale, attraverso un maggior raccordo tra Università, centri di ricerca e mondo delle imprese, e attraverso la creazione di centri di competenza e poli di innovazione digitale. Dal canto loro, le aziende devono ripensare radicalmente i processi aziendali in ottica digitale, facendo leva sulle opportunità offerte dalla tecnologia (big data, machine learning, internet delle cose, ndr), e aprirsi a un mix nuovo di competenze che colleghino saperi differenti (business, statistica, IT, psicologia, comunicazione, ndr)”.

“Per la prima volta abbiamo deciso di capire quanto vale il settore digitale - ha commentato Carlo Noseda, presidente di Iab Italia -. I risultati sono notevoli e ci indicano che dobbiamo superare le barriere tra ciò che è digitale e ciò che non lo è, e vedere il comparto nel suo complesso. Siamo una industry giovane e sempre capace di rinnovarsi, e la chiave del successo è sicuramente la creatività. Siamo particolarmente orgogliosi di come proprio questo aspetto, eccellenza made in Italy per definizione, ci permetta di occupare una collocazione importante. Ci troviamo infatti tra il settore del lusso e dell’automotive, e cresciamo a un ritmo superiore rispetto agli altri”.

Tornando alla ricerca, per quanto riguarda la componente territoriale, si osserva una concentrazione in Lombardia e nelle provincie di Roma e Torino, dove si raggruppa larga parte delle aziende digitali di tutti i settori presi in esame. Si tratta di veri e propri cluster in cui sono presenti le condizioni necessarie per lo sviluppo e la diffusione delle nuove tecnologie e per la digitalizzazione.

Dalla survey, che ha raccolto in particolare l’opinione degli operatori della comunicazione e del marketing, emerge come, per le aziende prese in esame, il fattore chiave per continuare a competere sia l’innovazione (43%), ossia la capacità non solo di essere al passo coi tempi e con le novità, ma anche di saper anticipare le tendenze. La seconda istanza che emerge è il bisogno di sistemi di misurazione sempre più sofisticati (41%), che aiutino le aziende a massimizzare l’efficacia e l’efficienza dei loro investimenti digitali.

Le attività di comunicazione digitale considerate al momento più dinamiche sono: il programmatic advertising (argomento principale per il 51% degli intervistati), mobile (44%), social (37%) e big data (31%).

Le competenze più ricercate in caso di nuove assunzioni in ambito comunicazione seguono i trend delineati: capacità di gestione dei big data (43%) e di analisi di efficacia delle campagne online (34%), esperienza sui social network (31%), competenze specifiche in programmatic advertising (27%) e Seo/Sem (27%).

La tendenza che ne emerge, è dunque quella di portare all’interno della realtà aziendale la gestione diretta e il controllo di una serie di attività digitali, che sono in forte crescita e vengono considerate sempre più strategiche dagli investitori pubblicitari. Le figure professionali più ricercate dal mercato sono infatti quelle che sanno conciliare competenze diverse: da un lato le competenze tecniche, utili per l’utilizzo delle nuove piattaforme e la valorizzazione dei dati attraverso algoritmi, dall’altro la capacità di lettura e interpretazione dei dati stessi, oltre ad abilità commerciali, per intercettare le nuove opportunità di business, e tracciare traiettorie di innovazione e di crescita.

Mario Garaffa