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Assocom, Comunicare Domani/4. Luca Sofri: "Le fake news non sono figlie della rete, ma della mancanza di informazione di qualità"
Giugno 2007: George W. Bush, presidente degli Stati Uniti, è in visita a Tirana. Gli albanesi lo accolgono con entusiasmo, lui si avvicina alla folla, un video lo mostra mentre stringe la mano a una persona e poi la ritrae...senza orologio. Il video fa il giro del mondo e solo in un secondo momento si scopre che era stato lo stesso Bush a togliersi l'orologio prima della stretta di mano.
Di (false) notizie come queste le testate giornalistiche sono piene dalla notte dei tempi. "La falsificazione c'è sempre stata, non dipende certo dalla diffusione di Internet", ha detto Luca Sofri, direttore e giornalista de Il Post, che ha parlato proprio di questo nel corso del suo intervento 'Questa notizia è falsa' all'evento 'Comunicare domani' organizzato da Assocom (leggi news).
"Escludendo le falsificazioni a scopo sensazionalistico, le fake news sono figlie della trascuratezza che vige nelle redazioni - ha spiegato Sofri - . Se consideriamo che spesso non disponiamo degli strumenti necessari a verificare la veridicità di ciò che leggiamo e che i titoli rappresentano oggi l'80% della nostra informazione, non è difficile rendersi conto delle conseguenze che questo fenomeno può avere".
Fino a poco tempo fa, tuttavia, non se ne parlava così tanto. E' da un anno e mezzo a questa parte che il tema delle fake news è diventato un trending topic, soprattutto perché proprio nella disinformazione è stata identificata la principale causa dell'esito del referendum sulla Brexit e dell'elezione di Donald Trump a Presidente degli Stati Uniti.
"Il punto nodale è la qualità, non tanto la quantità di notizie presenti in rete: la falsa informazione si diffonde perché manca, soprattutto nel nostro Paese, un'informazione autorevole, che faccia da contraltare alle notizie non vere. In mancanza di testate di qualità, le persone scelgono allora di informarsi sui social media che diventano anche una pericolosa cassa di risonanza per le bufale", ha sottolineato Sofri.
La questione non riguarda solo i giornalisti, ma tutti coloro che in un modo o nell'altro hanno a che fare con l'informazione.
"E' un tema di cui dobbiamo farci carico per ragioni etiche ma anche economiche - ha spiegato il giornalista - . Pensiamo ad esempio alle aziende: quale impresa pianificherebbe su una testata che dà spazio a notizie prive di fondamento? E' stato dimostrato che i lettori sarebbero disposti a pagare per contenuti di qualità ed è proprio su questo fronte che dobbiamo lavorare, cercando di verificare le fonti, di privilegiare l'accuratezza allo scoop. E la questione riguarda anche il mondo della pubblicità. Internet è il settore più innovativo nella storia del mondo ma l'advertising che ospita non lo è per nulla: siamo ancora fermi ai banner e agli spot televisivi riadattati per il web. Occorre inventarsi qualcosa, o almeno provarci".
Serena Piazzi