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Festival BC&E 2022. Influencer e creators per il Branded Content: il contenuto e le storie sono lo strumento vincente
“Il Branded Content è un fenomeno di grandissima rilevanza in rapida espansione. Un universo molto ricco di talent che sono diventati dei veri imprenditori della Content Creation. Una vasta community di micro influencer sempre più centrali nelle strategie di comunicazione del brand con approcci diversi” così Simonetta Consiglio, Direttrice Generale dell’Osservatorio, ha introdotto il talk sull’evoluzione del ruolo di influencer e creator nel branded content in occasione della quarta edizione del Festival del Branded Content & Entertainment organizzato da ADC Group in collaborazione con OBE.
La tavola rotonda, tenutasi lo scorso Martedì 5 Aprile ha visto la presenza di due ospiti d’onore: Matteo Pogliani, Founder di ONIM - Osservatorio Nazionale Influencer Marketing e Francesco Ebbasta, Regista e Direttore artistico di The Jackal.
A fornire un quadro generale sul settore dell’influencer marketing e sulla sua evoluzione è stato proprio il Founder di ONIM che ha spiegato quanto, dal punto di vista sia numerico che qualitativo, la crescita sia stata rilevante soprattutto da quando negli ultimi anni i professionisti hanno iniziato a vedere questo strumento come un tool sempre più strategico: “Lo dimostrano i tanti progetti che possiamo vedere quotidianamente sui social ma soprattutto anche i budget dedicati, sempre in crescita e rilevanti”.
Giusto per fare degli esempi, Pogliani cita una recente ricerca di UPA che ha stimato in circa 280 milioni annui il budget dedicato dalle aziende all'influencer marketing. Inoltre, per fare capire in maniera più chiara l'impatto di quest’attività nel mercato italiano, il manager riferisce che i contenuti ADV Collabs con gli hashtag presenti nella Digital Chart dello IAP, nel 2021 solo in Instagram, sono stati quasi 300.000 quindi con una media che si avvicina ai 25.000 post mensili.
“Un aumento di volumi confermato anche dal report che facciamo con l'Osservatorio Nazionale Influencer Marketing, ONIM, rilasciato a Dicembre intervistando 500 professionisti dei settori, che ha raccontato dati molto interessanti. Per esempio, il 37% degli intervistati ha dichiarato di aver fatto da 10 a più progetti annui con influencer e creator. Numero anni fa impensabile proprio perché influencer marketing era utilizzato maggiormente in ottica one shot e non in una strategica" spiega Pogliani.
Oggi le attività di influencer marketing sono diventate una declinazione quasi continuativa delle attività e delle campagne di comunicazione. Pogliani spiega come questo sia un dato estremamente importante in quanto le aziende sono riuscite finalmente a mettere a regime, nelle proprie strategie di comunicazione, proprio queste attività di influencer marketing.
Un'evidenza legata ad una maggiore consapevolezza dei brand ma anche a un’evoluzione dei creator stessi, accelerata dalla pandemia che ha riportato al centro due elementi chiave: autenticità e creatività.
“Questi due aspetti hanno rimesso al centro il contenuto, tornato finalmente ad essere l'elemento essenziale che rende veramente rilevante un creator” spiega Pogliani parlando di una sorta di ritorno alle origini dopo un periodo recente in cui gli opinion leader e gli influencer avevano un po’ perso la capacità di creare contenuti dando più importanza alla fama.
Oggi invece pare che si stia tornando agli albori: “finalmente gli utenti e i brand si sono accorti che sono i contenuti a fare la differenza è la differenza” come dimostra sempre il report dell’ONIM secondo cui il 54,2% degli intervistati hanno dichiarato di aver utilizzato nel 2021 creato e influencer per questo tipo di attività.
Pogliani prosegue spiegando come sia dunque effettivamente utile abbandonare sempre più approcci puramente commerciali e abbracciare quelli che prevedono la collaborazione con i clienti cioè quei contenuti capaci di attivare conversazione attorno al brand e di conseguenza relazioni. Per fare questo identifica due driver essenziali e determinati che sono al centro delle piattaforme recenti più utilizzate: l'utilità e l'intrattenimento.
Il founder di ONIM cita l’esempio di TiTok e Twitch quali piattaforme che non vivrebbero senza i creator e che rispondono sia al bisogno di utilità attraverso format come “impara con TikTok” che a quello di intrattenimento andando anche a richiamare paradigmi presi in prestito da canali meno recenti come la TV.
Pogliani porta come esempio quindi il caso di TikTok che ha infatti riportato in auge il concetto di palinsesto: “Tik Tok ha lanciato i suoi Originals creando, per l'ultimo Festival di Sanremo, un palinsesto di contenuti dedicati da offrire in pieno concetto di intrattenimento agli utenti. Palinsesto che porta con sé il format che hanno riguadagnato a loro volta peso e credo che saranno estremamente centrali nel futuro prossimo dei creator e anche delle loro attività”.
Pogliani conclude con un pensiero personale circa la centralità degli influencer e dei creator che lui identifica come figure chiave in grado di utilizzare i codici dei canali per massimizzare le performance.
Dopo questo intervento la Direttrice Generale dell’Osservatorio ringrazia il founder di ONIM e passa poi alla presentazione del secondo ospite della giornata, dando quindi il benvenuto a Francesco Ebbasta, co-fondatore di The Jackal. Si tratta di una realtà di pionieri nel mondo della Content Creation nata quasi 20 anni fa e che ha visto un successo straordinario. Nata nel digitale, The Jackal è riuscita anche ad approdare nell mondo della TV e del cinema finendo come ospite del Festival di Sanremo e parteciperà cnehe all'Eurovision Song Contest.
Al regista è stato chiesto di spiegare quello che è l’approccio di The Jackal, quali sono le modalità di collaborazione e quali le regole da tenere a mente in questo ambiente.
Francesco Ebbasta parte parlando degli esordi di The Jackal, nati nel 2006, e delle prime collaborazioni con i brand: “Nessuno sapeva bene come comportarsi non lo sapevano le aziende che non sapevano proprio cosa chiederci e non lo sapevamo noi” spiega ricordando gli anni in cui piattaforme come Facebook e YouTube avevano iniziato a diffondersi in Italia insieme ai primi creators e prosegue “sono abbastanza certo che le prime esperienze di branded che abbiamo portato a casa così però del tutto fallimentare perché ci limitavamo a scimmiottare un modello televisivo vecchio.”
L’azienda si accorse quindi che i contenuti di puro intrattenimento diventavano virali e ingaggianti mentre ciò che veniva commissionato non funzionava. Francesco Ebbasta passa a raccontare quella che fu la svolta che consentì all’azienda di trovare un proprio modello di orientamento, dovuta ad un lavoro commissionato da un’agenzia napoletana: “Ci sedemmo a tavolino per la prima volta e provammo a scrivere una ricetta, cioè la ricetta dell'avvento di Facebook e della mania neomelodica per il fenomeno Marco d'Amore che era sulla bocca di tutti in quegli anni. Fondiamo questi elementi e raccontiamo la nostra storia: cioè un neomelodico fake, Ciro Priello, che interpretava una canzone “Lasciarsi su Facebook”. Il video fu un successo incredibile e fu uno dei primi video virali studiati a tavolino che ricordo in Italia. Veicolava i valori del brand di questa agenzia che ce lo aveva commissionato e fu forse la nascita di una ricetta che avremo usato per molto tempo che si basava sul raccontare prima di tutto una storia all'interno della quale mettere i valori del brand, ricetta che tutt oggi applichiamo.”
Per la vostra collaborazione con i brand trovate che l’approccio sia più tattico e legato ad una conversione immediata, o strategico per accrescere la rilevanza della marca sul target?
“Sicuramente il momento in cui l'azienda si interfaccia a influencer e creators può farlo per due motivi: il primo è quello di bisogno di conversione immediata, il secondo invece è awareness creare raccontare l'identità del brand e costruirla insieme al brand.”
Portando proprio l’esempio pratico della sua azienda, spiega come la The Jackal sia solitamente scelta per la seconda opzione, proprio per la struttura di influencer, volti e cretors che lavorano in prima fila alla stesura dei propri contenuti con il team autoriale. Ma nonostante ciò continua a ritenere le due opzioni non separate e specifica come “non ci sia mai una reale distinzione tra tattico strategico e che in generale fare molte visite avere molti followers non sia necessariamente un bene se non supportato da un'idea di fondo”. In questo modo quindi ancora una volta è il contenuto e la capacità di raccontare una storia ad essere lo strumento vincente.
Come trovare il giusto equilibrio per evitare che l’influencer fagociti il brand?
Il regista spiega che ovviamente la scelta di un talent piuttosto che di un altro per forza di cose andrà ad influire sul contenuto e il testimonial verrà subito ricollegato al brand per cui ha lavorato: “Questo è possibile solo perché alla base di questi progetti c'era dietro anzitutto una grande storia interpretata dai giusti talent e credo che le buone storie e le buone idee che sono alla base delle buone campagne siano l'unico modo per fare in modo che quelle campagne vengono ricordate come la campagna “di” quel brand e non come la campagna “con” quel attore o quel influencer.”
Viene quindi spiegato come per creare una campagna di valore che sia in tv, sul web, in un film sia la capacità di fare azioni di product placement in linea con la storia che si vuole raccontare che deve essere sempre al centro della narrazione per far sì che si abbia il successo desiderato.
Lavorando su molte campagne, quali accorgimenti adottate per rendere ciascun brand distintivo ?
Ebbasta spiega che è proprio la possibilità di lavorare con tantissimi brand che spinge l’azienda ad un'attenzione particolare verso l'unicità del contenuto e ritiene che la fase sperimentale dei primi anni di YouTube non sia mai finita e sia invece un processo in continua evoluzione che spinge quindi a cimentarsi e a confrontarsi sempre con nuovi format e soprattutto i nuovi contenuti: “Nelle storie non ci si ferma e non ci si adagia mai e questo permette allo stesso tempo di avere un ventaglio di possibilità sempre nuove all'interno dei quali poter inserire dei brand diversi e li si accompagna anche con una policy precisa che tuteli chiaramente Brand con cui lavoriamo. Parlo di pianificazione, parlo di evitare che due brand si sovrappongono in uno stesso periodo di tempo” spiega mostrando come The Jackal sia sempre attenta agli interessi dei clienti per realizzare una campagna di successo.
“Parlo di un'attenzione anche alla categoria merceologica perché abbiamo un’attenzione molto delicata nei confronti dell’immaginario della community” prosegue poi facendo l’esempio della campagna di Leerdammer in cui la frase “Fattell tu” è diventata addirittura un meme famosissimo che ancora gira.
Quindi l’attenzione oltre che per il brand cliente è sempre rivolta agli utenti e spettatori che finiscono per collegare il testimonial alla marca.
Il gioco dei ruoli: se dovete affidare un brief per promuovere il brand The Jackal ad un altro influencer come lo costruireste?
Ebbasta spiega che sarebbe un brief estremamente complicato da realizzare in quanto The Jackal nasce da una collaborazione che parte tra i banchi di scuola delle medie, da questo gruppo di persone che fin da piccoli avevano voglia di fare squadra, di collaborare, di costruire e di reinventarsi giorno dopo giorno ed è quindi contento di non dover mai ricevere questo incarico.
E dopo quest’ultima testimonianza Simonetta Consiglio chiude il talk e ringrazia gli ospiti per il contributo.