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Gentiloni al convegno 'La Tv': "Cercasi nuovi editori per il dtt"

Il Ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni (nella foto), il presidente Mediaset Fedele Confalonieri e il membro del cda Rai Carlo Rognoni, seduti allo stesso tavolo in occasione del convegno 'La Tv e l'arte della morra cinese' hanno parlato del futuro della televisione italiana, alla luce dell'andamento del mercato e delle direttive di sviluppo tracciate dall'attuale governo.

Tavola rotonda senza esclusione di colpi quella tenutasi nel pomeriggio di oggi, in occasione del convegno 'La Tv e l'arte della morra cinese. Gli scenari di sviluppo del mezzo televisivo in Europa', organizzato da Mediaset e Iulm in collaborazione con la società Investimenti e Sviluppo.

Il Ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni, il presidente Mediaset Fedele Confalonieri e il membro del consiglio di amministrazione Rai Carlo Rognoni , seduti allo stesso tavolo hanno parlato del futuro della televisione italiana, alla luce dell'andamento del mercato e delle direttive di sviluppo tracciate dall'attuale governo.

Gentiloni: "Ritardo Rai nella copertura del territorio, mancanza di un'offerta aggiuntiva di contenuti e assenza di nuovi editori i principali fattori di arretratezza nel passagio al dtt"

"Il paese - ha spiegato il ministro - si trova in una fase di trasizione, in cui sia per il governo che per le imprese azzecare valutazioni e previsioni è molto importante. Siamo nell'epoca dell'uploading, della snack tv, delle mobile soaps, del personal meter per la rilevazione degli ascolti. Ma siamo anche nella settimana di Sanremo, che coinvolge ancora milioni di persone. L'Auditel detta tutt'ora l'agenda degli operatori del settore. Esiste l'IpTv, ma il 92% degli utilizzatori di tv guardano l'analogica. Il pubblico è bifronte. 

La tabella di marcia deve dunque prevedere la fine graduale dell'era 'della tv a taglia unica', buona per tutti, favorendo l'avanzamento di un'offerta diversificata. E' chiaro che rimanere fermi al vecchio modello vuol dire soccombere, e bisogna che chi si occupa di politiche pubbliche realizzi le condizioni per lo sviluppo del mercato. Contemporaneamente, però, non possiamo immaginare scomparsa della tv generalista gratuita, grazie alla quale milioni di persone vedono contemporaneamente lo stesso programma, un evento che può essere considerato fondamentale per la democrazia stessa del paese.

Il passaggio al dtt di Cagliari è il promettente inizio di questo processo. La nostra volontà è quella di risolvere le strozzature del sistema italiano, ovvero il problema delle risorse pubblicitarie, anomalia assoluta, e delle risorse di frequenza, altra anomalia assoluta.

Se non apriamo il sistema a nuovi editori e a una nuova competizione, rischiamo che il processo sia gestito dagli stessi player della vecchia piattaforma, con velocità ridotte, attraverso una transizione sostitutiva piuttosto che aggiuntiva. Per questo il ddl vuole liberare risorse economiche e tecniche.

Capisco il fatto che le misure contro posizioni dominanti previste da norme di legge o autorità di regolamentazione suscitino lo scontento e le proteste di chi si sente minacciato, ma i danni lamentati da Mediaset mi sembrano sovrastimati. Una analisi più obiettiva degli impatti del ddl credo non evidenzierà scenari del peso descritto dai menager del Biscione.

In conclusione - ha affermato Gentiloni - io sono per accelerare i passi verso un nuovo sistema televisivo. La cosa però riguarda il governo, ma anche i broadcaster, che devono predisporsi al cambiamento. In Italia, attualmente, ritengo che i maggiori fattori di arretratezza sono il ritardo della Rai nel processo di copertura digitale attraverso i multiplex, la mancanza di un'offerta aggiuntiva di programmi e contenuti, e la mancanza di nuovi editori per il dtt. Il processo, in questo modo, rischia di diventare un'autocannibalizzazione degli stessi player del mercato che devono autotrasferirsi da una piattaforma all'altra"

Confalonieri: "Il Governo tenga conto di un'azienda che deve far quadrare i conti"

"Mediaset  - ha spiegato il presidente - si sente oggi protagonista della scena mediatica, sulla piattaforma analogica e con proiezioni verso il digitale, grazie a forti investimenti per acquisto di multiplex, come consentito da legge 2001. Per quanto riguarda il futuro, si crescerà se si indovinerà in quale piattaforma si affermerà il mercato, pensando però anche ai contenuti, oltre che alla tecnologia. Per ora, l'importante, è essere presenti ovunque senza rinunciare all'eccellenza dei contenuti. Inoltre, oggigiorno, rivestono sempre maggiore importanza gli investimenti all'estero, cosa che Mediaset sta facendo in Cina, per esempio (vedi notizia correlata). Piattaforme, contenuti, espansione geografica, e mantenimento del core business. Semplice dirlo, difficile farlo.

Internet è un nuovo scenario, un mezzo che in alcuni paesi, come l'Inghilterra, ha già superato la tv in termini di raccolta pubblicitaria. La IpTv è una realtà. Per questo dico: attenzione a dare martellate alle aziende, perchè se devono combattere con le mani legate, sicuramente non vincono, e difficilmente sopravvivono. Ciò che non va dimenticato, cosa che il ddl Gentiloni fa, è il valore, la storia, delle aziende, entità fatte di persone e di risorse. L'occupazione e i nostri investimenti in Italia sono un valore per tutti. Se si pensa di partire su una nuova piattaforma cancellando il passato, si sbaglia e si rovina ciò che è stato fatto.

I numeri stanno alla base della conduzione delle aziende. Se a Mediaset viene sottratto circa un terzo delle risorse attraverso il tetto del 45%, e imposta la migrazione di Rete 4 sul dtt, difficilmente l'azienda potrà andare avanti. Questo io chiedo: il Governo tenga conto di un'azienda che deve far quadrare i conti. Oggi, per esempio, abbiamo perso 6 punti in borsa semplicemente per una scelta contabile mal recepita dal mercato".

Rognoni: "Una fondazione per dare al servizio pubblico autonomia da partiti, certezza sulle risorse e nuova digità"

"Voglio essere ottimista - così ha esordito il membro cda Rai - anche se è difficile vedere un futuro roseo. Con il laboratorio di Cagliari, abbiamo varcato il Rubicone. Siamo all'inizio di un processo che vedrà la rivoluzione dello scenario televisivo italiano. Quello che deve essere chiaro a tutti, è che oggi grazie alle nuove tecnologie si sta verificando un cambiamento strutturale del mercato, passando da un sistema di offerta limitata, alla libera scelta del pubblico, da 'mamma Rai' alla televisione 'fai da te'.

Nell'arco di pochi anni la situazione delle tre risorse 'canone, pubblicità e abbonamenti', più o meno stabili nelle proporzioni, vedrà il canone fermo, la pubblicità in lieve sviluppo, e gli abbonamenti pay con una crescita a due cifre. La struttura del sistema sarà tale per cui la Rai, che ora detiene il 37% delle risorse, con Mediaset al 34% e Sky al 29%, in pochi anni passerà al 26%, con Mediaset stabile e Sky al 34%. Questi sono gli scenari strutturali imminenti, dunque la domanda sostanziale, soprattutto per il servizio pubblico, è: cosa fare?

Io ritengo che il segreto è saper rispondere alla domanda che cresce, facendo proprio il processo di convergenza e la rivoluzione digitale, con investimenti di rete e di contenuti per reagire alle richieste di diversi tipi di mercato. Per quanto riguarda il dtt, i suoi fattori d'attrazione, piuttosto che l'interattività, saranno l'alta definizione e la tv mobile, che non è solo dvbh. Una rete Dmb, tecnologia televisiva mobile che funzionerà su apparecchi già esistenti, del costo di di 70-80 euro, sarà acquistabile al prezzo di 5 milioni di euro, contro i 300 del dvbh.

Per quanto riguarda la pubblicità, concordo sul fatto che se si recupera evasione, quantificabile intorno ai 400 milioni di euro, la Rai potrebbe liberare risorse. La questione fondamentale però, secondo me, è chiedersi se questo paese vuole veramente o no un servizio pubblico. L'effetto della legge Gasparri in questo senso è stata devastante.

Io ritengo che il servizio pubblico debba essere inteso come motore dell'innovazione, per realizzare un salto di qualità nel paese, piuttosto che come torta da spartire. Il concetto di spartizione partitica non può più esistere. La mia proposta dunque è la creazione di una fondazione che gestisca l'azienda. La politica può dare linee guida, ma l'amministrazione deve essere affidata a competenti. La politica faccia un passo indietro e la fondazione è l'intercapedine giusta, per dare al servizio pubblico autonomia da partiti, certezza sulle risorse e nuova digità.