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Guajardo, P&G: il partner ideale è ‘one stop shop’

Venezia, 17 aprile. Un solo negozio dove risiede il presidio strategico è il sogno delle aziende. La ‘Signora dei media’ interviene senza remore al Festival sulla Laguna che chiude oggi i battenti. Le imprese italiane sono ancora troppo ‘30 secondi’ centric e faticano a cavalcare l’evoluzione in corso. Eppure, la partita con i competitor si giocherà in poche mosse e vincerà chi saprà muoversi per primo.

Nella seconda giornata di lavori al Venice Festival of Media, ADVexpress ha intervistato un importante esponente tra le pochissime imprese che operano in Italia e che sono intervenute all'evento. In realtà le origini latino americane, il raggio di azione e la vocazione globale dell'azienda presso cui opera, collocano il suo intervento in un ambito più internazionale che locale. Stiamo parlando di Taide Guajardo, director Western Europe Media and Communication Italy Corporate Marketing di Procter & Gamble.

Il commento all'iniziativa è decisamente positivo. "Un evento simile era necessario, anche perché al festival di Cannes, nonostante siano stati introdotti i Media Lions, il media viene ancora oggi considerato il fratello minore della creatività. La qualità degli interventi è stata eccellente, forse troppo Usa oriented, se proprio vogliamo avanzare una piccola critica. Sarebbe stato molto interessante conoscere più da vicino l'evoluzione dello scenario della comunicazione in Europa, Asia o Sud America. Per le prossime edizioni mi auguro, inoltre, che ci sia una rappresentanza più folta delle aziende clienti". Anche per la Guajardo, come per molti dei delegati italiani intervistati ieri da ADVexpress, il Festival è stato un momento importante per fare il punto sulla fase di grande cambiamento che i media, il marketing e la comunicazione stanno attraversando: "La sensazione è che rispetto a qualche tempo fa dalle parole si sia passati ai fatti, e si vedono casi concreti di innovazione applicata alla comunicazione. Come alcuni relatori hanno puntualizzato ieri siamo ancora agli inizi ma la partita si risolverà in poche mosse e vincerà chi saprà muoversi per primo e in maniera più efficace".

Le aziende sono più avanti rispetto alle agenzie nella capacità di interpretazione dell'evoluzione in atto?
"Se parliamo dell'Italia alcune sì, sono più illuminate di altre. Purtroppo, mi duole dire che molte aziende si rifiutano di cogliere e cavalcare il cambiamento. Tra le aziende che aderiscono all'Upa non vedo molti casi alla Federal Express, per citare una interessantissima case history di comunicazione integrata presentata questa mattina qui a Venezia. Il dibattito all'interno dell'associazione è ancora troppo 'trenta secondi centric', forse perché è più comodo fare soltanto televisione piuttosto che guardarsi intorno per capire cosa succede. Eppure, la televisione generalista perde colpi, non ha più la stessa forza de passato, le audience vanno riducendosi e i grp costano di più. Insomma c'è una problema grande come una casa e si fa finta di non vederlo".

Quali sono le strategie Procter in termini di comunicazione?
"Le nostre strategie sono ispirate dalla ricerca del consumatore. Stiamo osservando i suoi comportamenti, i nuovi stimoli, fenomeni di aggregazione, e le nuove modalità di comunicazione. Siamo consapevoli che il contenuto è fondamentale, più importante del mezzo attraverso il quale viene trasmesso. Come pure, siamo certi che i mezzi tradizionali hanno ancora molto lavoro da fare in termini di innovazione. La domanda che ci poniamo ogni giorno è dove va la comunicazione e come possiamo avere il migliore impatto nella, in maniera più engaging nei confronti del consumatore".

Esiste in Procter un orientamento preciso in termini di investimenti, di pesi da attribuire ai diversi media, tradizionali e nuovi?
"No, perché i prodotti che abbiamo sono numerosissimi con specificità e target diversi. Detto questo, certamente poniamo grande attenzione e investiamo importanti risorse nell'area digitale perché, ancora una volta, questo è quello che ci sta dicendo il consumatore".

A che punto sono agenzie media e agenzie creative nella capacità di interpretare il cambiamento?
"Entrambi i fronti devono crescere. In generale, occorre creare un sistema efficiente per fare piani più efficaci, in maniera più veloce e con capacità realizzative importanti. Per rispondere più puntualmente alla domanda ritengo che il media sia al centro del processo strategico perché una volta individuato il contenuto ha un ruolo fondamentale nella scelta di veicoli e canali".

Le agenzie creative devono quindi cedere il passo ai centri media?
"Direi che ci troviamo davanti a un bivio. Una possibilità è che creatività e media procedano a braccetto. Oppure uno dei due contendenti si prenderà la responsabilità del tutto trasformandosi in 'one stop shop'. Un solo negozio dove comprare tutto sarebbe la soluzione migliore per le aziende e, in questo senso, posso anticiparle che in una recente gara mondiale su Oral B, dove abbiamo chiesto un modello integrato di approccio, a vincere è stata Publicis".

Il presidio della comunicazione sembra quindi ancora risiedere all'interno delle tradizionali agenzie di pubblicità?
"Forse lo sarà ancora per un po' in virtù della tradizione, perché i general manager delle agenzie hanno storicamente ottimi rapporti con il top management delle aziende. In futuro, però, vincerà chi avrà lo strategic planning migliore, a prescindere dalla tipologia di agenzia".

Salvatore Sagone