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Threads, l’‘X’ di Meta sbarca in Italia. Quali i vantaggi per i brand e i possibili rischi? Il punto di vista di Carlotta Asti e Andrea Fusco, Head of Content Strategy e Head of Creative Services di Wavemaker Italy
Carlotta Asti e Andrea Fusco (nella foto), rispettivamente Head of Content Strategy e Head of Creative Services di Wavemaker Italy, spiegano cos’è e come funziona il nuovo social, partendo dalle basi.
Che cos’è Threads? Threads è un’applicazione gratuita di Meta, creata dallo stesso team che lavora su Instagram, e che permette di condividere testi fino a 500 caratteri, foto, video di massimo 5 minuti e anche note audio come i vocali su Whatsapp.
La sfida – evidente – è con X, ossia il fu Twitter: Threads non si pone infatti come la nuova, ennesima, piattaforma di intrattenimento che ha l’ambizione di far scrollare all’infinito, ma come uno strumento che permetta di “condividere il proprio punto di vista” e “partecipare a conversazioni pubbliche”.
Come ci si “iscrive” a Threads?
Le virgolette sono d’obbligo, perché in realtà non ci si iscrive. Basta avere Instagram: i due profili, Instagram e Threads, condividono infatti le stesse identiche informazioni di accesso, quindi è sufficiente avere le credenziali del primo per poter creare un account Threads legato a esso.
Non è possibile avere un account Threads senza averne uno su Instagram. Le implicazioni? Che non si è costretti a correre ad aprire “il profilo Threads del brand” per evitare che lo username venga cyber-squattato (quindi che qualcuno se ne appropri), dato che gli handle (nomi utenti identificatori dei canali, brevi e univoci, iniziano con il simbolo "@”) verranno automaticamente importati da Instagram e – almeno al momento – non è possibile modificarli.
Un esempio pratico: se su Instagram lo username è @brandofficial, nessuno su Threads (per ora) potrà rubarlo e sarà lì ad aspettare quando e se si deciderà di aprire un profilo su questa piattaforma.
Perché un brand dovrebbe sbarcare su Threads?
Threads presenta una spiccata tendenza all’interattività tra chi pubblica contenuti e chi “segue”, esattamente come lo fu il Twitter degli albori. Potrebbe quindi, in maniera quasi naturale, colmare quella lacuna lasciata dalla fuga di sempre più brand da X – che continua a essere affetto da evidenti problema di safety e transparency (basti pensare alla “spunta blu a pagamento” offerta dal social di Elon Musk che rende molto complicato distinguere profili ufficiali da fake).
Un'opportunità chiave su Threads è concentrarsi meno sulla promozione del prodotto e più sugli sforzi di entrare in relazione e di costruzione di (micro)comunità: potrebbe essere un ottimo strumento in mano agli uffici stampa, dipartimenti corporate o tutte quelle funzioni aziendali che necessitano di interfacciarsi più che con il consumatore finale con nicchie o stakeholder specifici. Uno strumento sinergico a LinkedIn, quindi, ma con una vocazione più one-to-one che one-to-many.
Un’altra possibilità potrebbe essere dare al profilo Threads del proprio brand una connotazione maggiormente legata al customer care. Sfruttando le feature della piattaforma (conversazioni per topic, focus sul testo, scambi di informazioni più che intrattenimento vero e proprio), può diventare non solo, o non tanto, un nuovo canale di assistenza clienti, ma un punto di riferimento per l’engagement della community intesa come partecipazione attiva e qualitativa.
Quali i rischi?
Che si riveli tutto un fuoco di paglia, soprattutto. La volontà da parte di Meta di raccogliere l’eredità spirituale di Twitter/X pare evidente, ma non vuol dire che si tradurrà in un successo assicurato. Gli utenti potrebbero essere ormai migrati irrimediabilmente verso altre piattaforme o semplicemente non essere (più) interessati a un tipo di social come questo.
In questi primi momenti la curva dei nuovi utenti è cresciuta esponenzialmente (grazie anche alla possibilità di “importare” il proprio account IG senza crearne uno ex novo), ma rimane da capire quanti di questi sono solo early adopter che poi disinstalleranno a stretto giro l’applicazione.
Più di una riflessione meritano poi i rischi connessi a uno strumento acerbo che, come sempre, offre nuove opportunità ma anche nuovi problemi: la possibilità di pubblicare post o commenti formati solo da messaggi audio è a suo modo rivoluzionaria, ma è anche una sfida per chi si occupa di moderazione e di garantire che tutti i contenuti che gravitano attorno a un brand siano safe e positivi. Per meglio capire: discorsi del Duce, insulti, sciacquoni tirati e molto altro sono all’ordine del giorno sotto i Thread di personaggi pubblici (come politici, ma non solo).
E quindi?
E quindi non bisogna né lasciarsi andare a facili entusiasmi (o, peggio, al “voglio essere il primo a farlo”) né bisogna derubricare Threads come “il nuovo Clubhouse”, perché premesse e attori coinvolti sono molto diversi.
Tre le cose da fare in questo preciso momento storico:
• Monitorare: la piattaforma è in costante e rapida evoluzione, e non c’è certezza di che forma prenderà nemmeno da qui ai prossimi mesi. Per esempio, al momento non ci sono opzioni per advertiser né funzionalità dell’app specifiche per i brand.
• Sperimentare: utilizzare un nuovo canale anche come un laboratorio dove provare approcci diversi e magari lontani da quello che è il comportamento del brand su touchpoint più consolidate.
• Pianificare: come sempre sarà cruciale inserirlo in una più ampia content strategy, trovando alla piattaforma il giusto ruolo (che risponda a obiettivi precisi) e senza lasciarsi trascinare dall’hype del momento.