Evento b2c

Al via l'iniziativa "Ti va di parlare" di Vanity Fair

Il settimanale di Condé Nast offre ai 1.200.000 abbonati a Sky un assaggio della testata e li invita in edicola per provarla.

Vanity Fair, il settimanale Condé Nast che negli ultimi tre anni ha saputo costruirsi un profilo unico nel panorama dei periodici italiani, registrando crescite in termini di diffusione, lettori e raccolta pubblicitaria continua ad essere alla ricerca di nuove opportunità per parlare con un pubblico sempre più numeroso, senza mai rinunciare alla qualità.
 
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In questa direzione va l’ultima importante e innovativa azione di direct marketing della testata Condé Nast che riprende il claim di campagna “Ti va di parlare?”.
L’invito è stato rivolto a 1.200.000 abbonati Sky che, tra la fine di febbraio e l'inizio di marzo hanno ricevuto con Sky Magazine due "Mini Vanity" (interviste da Vanity Fair, estratte dalle due cover story di George Clooney e Monica Bellucci) unitamente ad un coupon per ritirare in edicola, nell'arco di un mese, una copia omaggio di Vanity Fair.

Si tratta di una grande azione di marketing per raggiungere una platea sempre più vasta di lettori. Un'iniziativa ambiziosa che conferma l'autorevolezza di Vanity Fair. Una prova prodotto di qualità, rivolta ad un target mirato, in grande sintonia con quello di Vanity e con le caratteristiche del giornale. Luca Dini, direttore del settimanale, scrive ai suoi nuovi lettori, attraverso i “Mini Vanity”, per raccontare cos’è Vanity Fair.

“È proprio a voi, i lettori “debuttanti” che mi è stato chiesto di spiegare, in poche righe, cos’è Vanity Fair. Potrei raccontarvi che è il primo giornale, da molto anni a questa parte, a farsi strada in edicola con un solo gadget, la qualità. Potrei raccontarvi che è il primo settimanale, da molto anni a questa parte, a non considerare le donne e gli uomini come ghetti da separare, come specie protette, ma al contrario come un pubblico che si guarda intorno, tiene gli occhi aperti sul mondo e rifugge le discriminazioni sessuali, sociali, razziali, culturali. Potrei raccontarvi che Vanity Fair non si accontenta di foto così così, delle interviste così così, e cerca sempre 'qualcosa che prima non c’era'. Potrei raccontarvi che, quando Vanity Fair avvicina i personaggi, li avvicina davvero e chiede loro un po’ di verità. Preferisco non raccontarvi niente. E invitarvi, invece, a un assaggio”.