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Bea Expo Festival. Accatino, “Tra cinque anni eventi user generated contents”

L’evento allarga i propri confini spaio-temporali e si prepara a una logica di user generated contents. L’evoluzione è alle porte e fa parte di un processo ormai avviato: la diffusione e l’utilizzo dei social media, attraverso i quali passano migliaia di informazioni create da utenti sempre più protagonisti e padroni delle proprie scelte. Sul tema, il workshop di Accatino al Bea Expo Festival.
Accatino_Alfredo.JPG“Tra cinque anni, gli eventi saranno costruiti dai partecipanti, che ne decideranno contenuti e modalità di svolgimento. Il tutto grazie a Twitter, al blogging, a piattaforme come Facebook… la comunicazione passa dalla condivisione sui social media. Gli eventi non saranno più definiti nello spazio e nel tempo, ma i suoi confini si allargheranno grazie al formarsi di community online”.

A dichiararlo è Alfredo Accatino, direttore creativo K-events, che durante la seconda mattinata del Bea Expo Festival ha tenuto un workshop sul tema ‘L’evento è sempre più social’.

La diffusione dei social network, fenomeno nato nel 2003, ha cambiato non solo le logiche di comunicazione tra le persone, ma anche tra le marche e i target di riferimento e, a macchia d’olio, sta contagiando gli eventi, dalla fase del ‘save the date’ al follow up.

“Stiamo parlando di un fenomeno, quello dei social media, che in pochissimi anni ha rivoluzionato il modo di interagire tra le persone. Oggi non è più concepibile ideare e organizzare un evento senza passare da Twitter, da Facebook, e senza considerare il potere del web nell’amplificare e diffondere i contenuti. Aprire un sito in occasione di un evento serve sia a gestire la logistica, dagli accrediti al database, sia ad amplificare le emozioni dei partecipanti, invitando alla condivisione dei contenuti, al caricamento dei video… Per non parlare, invece, del futuro, che passa attraverso la geolocalizzazione di siti come Foursquare, che permettono di ‘pescare’ il target per un evento a seconda della sua ubicazione territoriale”.

La strada per il futuro della comunicazione e degli eventi è dunque segnata. Si consideri, infatti, che il 61% degli italiani è presente su Facebook.
Di questi, la più grossa fetta (46%) è costituita dai 35 ai 54enni, fascia di età che indica persone con un’occupazione e con un preciso potere decisionale, non solo, quindi, giovani e studenti.
Otto persone su dieci, inoltre, si fidano dell’opinione degli altri utenti nella consultazione di un sito o nel giudizio di affidabilità di un prodotto.

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Insomma, il web è parte integrante della vita delle persone e i social media consentono un nuovo spazio di condivisione, le community, all’interno delle quali passa un nutrito flusso di informazioni e grazie alle quali gli utenti possono decidere, influenzare, essere protagonisti.

Ecco perché Accatino parla di eventi partecipativi, fatti dal pubblico, decisi nei contenuti o nelle priorità degli stessi dagli individui, intesi come singoli e come comunità.
Il social media consente, ad esempio di chiedere un parere, di lanciare discussioni online e l’azienda, ma anche l’agenzia, se vuole dare al proprio target un ruolo da protagonista, deve mettersi in ascolto.

Guido Pezzino, amministratore delegato Gag, è entrato nel dettaglio, illustrando le applicazioni dei social media negli eventi, con tanto di esempi di mappatura e profilazione dei target.
“Gli obiettivi e le opportunità - ha dichiarato -, sono: promuovere l’evento stesso, gestire la fase di accredito dei partecipanti, mantenere viva la conversazione sull’evento con informazioni sempre aggiornate, invitare gli utenti a produrre contenuti, aumentare il coinvolgimento ad esempio attraverso la creazione di contest in cui il vincitore sarà premiato durante l’evento, documentare ciò che succede il giorno dell’evento con video o messaggistica istantanea su Twitter, favorire la creazione di una community anche in fase di follow up”.

A tal fine, ha spiegato Pezzino, non basta aprire una pagina su Facebook, ma bisogna rendere accessibile la bacheca, piuttosto che lasciare che gli utenti integrino le informazioni con commenti e/o suggerimenti.
Il tutto in una logica di totale libertà ma anche di personalizzazione: l’azienda non deve perdere, cioè, il contatto con il singolo: “La prima regola di una community riguarda la libertà di conversazione. Nella gestione della community, invece, il rapporto deve sempre essere one to one”.

Chiara Pozzoli