
Scenari
AI, Trasformazione, Trasparenza, Influencer Marketing, Retail Media: sono solo alcuni dei principali marketing trend da tenere d’occhio nel 2026 secondo la World Federation of Advertisers (WFA)
Partendo dal confronto fra i principali attori del settore e la sua rete globale di marketer, il team di WFA ha raccolto le opinioni di CMO e policy maker, specialisti di insight ed esperti di procurement, fino a regolatori e gruppi di pressione, sintetizzandole nei dieci trend che definiranno l’evoluzione del marketing nel corso del 2026.
1. Un nuovo ruolo per l’AI generativa: dall’efficienza all’efficacia
Nel 2025 quasi tutti i membri WFA hanno dichiarato di utilizzare l’AI generativa in ambito marketing, con il 70% focalizzato principalmente su obiettivi di efficienza, come l’automazione dei processi. Nel 2026 il baricentro si sposterà: l’attenzione non sarà più solo sul risparmio dei costi, ma sulla capacità dell’AI di generare risultati misurabili in termini di performance, crescita e impatto sul business. I brand inizieranno a sperimentare l’AI come leva di sviluppo, non più soltanto come strumento di back-end.
2. La trasformazione organizzativa diventa la nuova normalità
In tutti i Forum Connect organizzati da WFA, quasi tutti i partecipanti hanno dichiarato di essere nel pieno di una trasformazione organizzativa, spesso guidata dall’adozione di nuove tecnologie come l’AI. Un livello di cambiamento così esteso senza precedenti. Nel 2026 le organizzazioni di marketing riprogetteranno in modo proattivo i propri modelli operativi: upskilling trasversale sull’AI, metodologie di lavoro agili e l’introduzione di nuovi ruoli saranno elementi chiave per anticipare, anziché inseguire, l’evoluzione tecnologica.
3. Change management e AI fluency come competenze core
Con l’accelerazione della trasformazione digitale, le aziende stanno già rivedendo le priorità di selezione e formazione, puntando su adattabilità, pensiero sistemico e sperimentazione concreta dell’AI. Nel 2026 crescerà il ruolo di figure come gli “AI coach” e i modelli di mentoring interno. Lo sviluppo delle competenze dovrà essere continuo e agile, senza però sacrificare i fondamenti del marketing, che restano imprescindibili.
4. L’influencer marketing entra nel mainstream regolatorio
Secondo le ricerche WFA, oltre la metà dei brand prevede di aumentare gli investimenti in influencer marketing nei prossimi anni. Questa crescita, però, si scontrerà con un contesto normativo sempre più stringente. La Cina ha già introdotto l’obbligo per gli influencer di possedere credenziali professionali verificate per trattare temi complessi come finanza, medicina o istruzione. L’Unione Europea è attesa a un rafforzamento delle regole, portando definitivamente l’influencer marketing nel perimetro della regolamentazione. Per restare competitivi, i marketer dovranno adottare standard globali solidi e coerenti.
5. La trasparenza sull’AI diventa non negoziabile
In molte aree del mondo la trasparenza sull’uso dell’AI sta entrando nella legislazione: UE, Cina e diversi Stati USA hanno già introdotto o stanno per introdurre obblighi di disclosure per contenuti e servizi generati o supportati dall’intelligenza artificiale. Il 2026 sarà l’anno in cui i brand dovranno definire cosa significhi, concretamente, una comunicazione responsabile sull’AI. Non solo per rispettare la legge, ma per proteggere la brand equity in un clima di crescente scetticismo. Serviranno policy interne chiare su quando etichettare i contenuti AI e su come spiegare le decisioni assistite dagli algoritmi.
6. Dal “resourcing” al ruolo di architetti organizzativi
Il principio è ormai evidente: nessuno è efficace quanto un ecosistema ben orchestrato. Nel 2026 i brand investiranno sempre di più nell’equilibrio tra talenti interni ed esterni, persone e tecnologie, valorizzando le rispettive competenze. L’AI amplificherà ulteriormente la possibilità di lavorare meglio e più velocemente, ma il vero vantaggio competitivo emergerà dalla capacità di costruire partnership aumentate tra creatività umana e intelligenza artificiale. Si passerà dai progetti pilota a ecosistemi integrati end-to-end, dove la collaborazione supera il concetto di semplice ownership.
7. Breve e lungo termine: confini sempre più sfumati
Il valore del marketing risiede nella capacità di comprendere i clienti meglio di chiunque altro e trasformare questa conoscenza in azioni creative che generano crescita. Nel 2026 sarà sempre più chiaro che obiettivi di breve e lungo periodo non possono essere separati. Il ruolo del CMO sarà quello di diffondere la creatività in tutta l’organizzazione – dal design dei prodotti alla struttura dei team – garantendo risultati immediati, senza perdere di vista la costruzione del valore nel tempo. È il “qui e ora” che convive con il “domani”.
8. Il Retail Media diventerà (ancora) più complesso
Negli ultimi anni il Retail Media ha prosperato grazie all’utilizzo dei dati di prima parte dei retailer e a contesti di alta qualità. Ma ora si prepara a una nuova fase, sotto l’etichetta di Commerce Media. Nel 2026 emergerà una netta divisione tra retailer che punteranno su exchange aperti e ad alto volume, privilegiando la monetizzazione dell’inventory, e quelli che manterranno marketplace curati con standard rigorosi. Questa frammentazione richiederà strategie sempre più sofisticate da parte degli inserzionisti, chiamati a individuare gli ambienti in grado di garantire ritorni concreti.
9. Insight a un punto di svolta: dalla conoscenza alla crescita
Nel 2026 l’uso della GenAI negli insight si sposterà dalla velocità alla qualità. Il successo non sarà misurato solo in termini di rapidità, ma di crescita del business, innovazione e tempo liberato per il pensiero strategico. I team di insight dovranno superare la “stanchezza da pilota” e investire seriamente in competenze: storytelling strategico, pensiero critico e pratica diretta dell’AI. Chi saprà curare e valorizzare la conoscenza già presente in azienda trasformerà l’expertise interna in un vero vantaggio competitivo.
10. Punto di svolta per il marketing di food e alcol?
Il 2026 potrebbe segnare un inasprimento – o un’accelerazione – della pressione regolatoria su food e alcol. Con l’evoluzione della definizione di alimenti ultra-processati (UPF) da parte dell’OMS, i policy maker potrebbero introdurre restrizioni mirate, e in alcuni mercati molto estese, sulla comunicazione. Parallelamente, la revisione della Direttiva europea sui Servizi di Media Audiovisivi sarà cruciale per capire se prevarrà l’autoregolamentazione o un controllo normativo più rigido. Gli inserzionisti dovranno dimostrare, con dati indipendenti, una reale riduzione dell’esposizione dei gruppi vulnerabili a contenuti inappropriati, per evitare divieti ancora più ampi.
Tommaso Ridolfi

