Scenari

Customer Experience Unlocked di indigo.ai. Saper risolvere i problemi urgenti (49%), cortesia e disponibilità (46%), tempi di attesa limitati (44%) sono le priorità dei consumatori quando contattano il customer service

Efficienza e omnicanalità innanzitutto: gli italiani abbandonano l’acquisto se il servizio clienti non fornisce risposte esaustive (86%), se le informazioni non sono coerenti tra i diversi canali aziendali (81%), se i contatti del customer care non sono facilmente reperibili sul sito (72%). Elevata quantità di richieste da gestire (74%), domande degli utenti poco chiare (74%), gestione tempestiva dei ticket (68%) sono le principali sfide aziendali.

7 italiani su 10 utilizzano prevalentemente chat e messaggi di testo per comunicare con amici e parenti e, anche quando si tratta di Customer Experience (CX), non vogliono rinunciare alla qualità dell’interazione. Tra le aspettative di chi contatta il servizio clienti delle aziende spiccano cortesia e disponibilità, cruciali soprattutto per i più giovani: ben il 53% della Gen Z pone questi fattori al primo posto del customer care ideale (a fronte di una media tra le generazioni del 46%).

In tale contesto, le soluzioni basate sull’Intelligenza Artificiale si stanno facendo sempre più strada nelle strategie delle aziende italiane, che vedono nello sviluppo dell’AI e nell’omnicanalità i principali trend che caratterizzeranno la CX nei prossimi due anni (rispettivamente per il 53% e il 41% delle organizzazioni).

È quanto emerge dalla prima edizione di Customer Experience Unlocked, l’osservatorio a cura di indigo.ai, l’azienda che aiuta le aziende a evolvere la propria customer experience grazie all’Intelligenza Artificiale conversazionale. La ricerca, condotta in collaborazione con Dynata, indaga le preferenze e le abitudini d’acquisto dei consumatori, nonché le strategie che caratterizzano il servizio clienti oggi e ne definiranno l’evoluzione nel prossimo futuro.

“Mai come oggi, l’innovazione tecnologica deve integrarsi ed essere messa al servizio della relazione con i consumatori, migliorandola”, spiega Gianluca Maruzzella (nella foto), Co-founder e CEO di indigo.ai. “In un’era caratterizzata dall’omnicanalità e da una sempre maggiore personalizzazione dei servizi, gli italiani si aspettano una Customer Experience che sappia guardare alle loro reali esigenze: grazie a questo nuovo osservatorio, intendiamo offrire utili insight e una panoramica completa sulle strategie che le aziende dovranno adottare per rimanere competitive in uno scenario complesso e multisfaccettato come quello attuale”.

Gli italiani mostrano una marcata preferenza per la comunicazione digitale, tanto che più di 7 su 10 (73%) utilizzano fino a 3 app di messaggistica al giorno.

Tale tendenza alla digitalizzazione si riflette anche sulle abitudini d’acquisto: prima di completare le proprie spese, infatti, circa due terzi dei consumatori cercano informazioni online, sui siti delle aziende (66,5%) o su siti di notizie, blog e social media (64,5%). Quando si tratta, invece, di assistenza post-vendita, i canali preferenziali per mettersi in contatto con l’azienda sono email (52,5%) e call center (48%).

In un contesto così digitalizzato, tuttavia, gli italiani non vogliono perdere le peculiarità dell’interazione umana: quando contatta il servizio clienti, infatti, quasi la metà dei consumatori si aspetta cortesia e disponibilità (46%), oltre alla capacità di risolvere rapidamente i problemi urgenti (49%). Tra le priorità, anche la necessità di trovare facilmente i contatti dell’assistenza (45%) e tempi di attesa limitati (44%).

Non solo. Gli italiani sono disposti a rinunciare all’acquisto se messi di fronte a un servizio clienti non all’altezza, come nel caso di un customer service che non fornisce risposte esaustive (86%), se le informazioni non sono coerenti tra i diversi canali aziendali (81%) e se i contatti del servizio clienti non sono facilmente reperibili (72%).

Tali esigenze pongono le aziende di fronte a sfide importanti: tra queste, l’elevata quantità di ticket da gestire quotidianamente e le richieste poco chiare da parte degli utenti (entrambe viste come la più grande difficoltà da parte del 74% delle organizzazioni), oltre alla gestione tempestiva delle richieste (68%) e alla complessità di reperire rapidamente le informazioni corrette (57%). Seguono il mancato allineamento tra i diversi canali di assistenza e la difficoltà nel fornire suggerimenti personalizzati ai clienti (entrambi evidenziati dal 51% dei decision-maker). 

Allo stesso tempo, gli italiani riconoscono il valore di un’assistenza di qualità e quasi due terzi spenderebbero addirittura di più pur di avere un servizio clienti efficiente e facile da raggiungere (63%), nonché empatico e umano (59%).

Il report delinea un percorso in evoluzione, in cui i consumatori utilizzano gli assistenti virtuali più in fase post-vendita (36,5%, dopo mail, call center e richieste in negozio) che come supporto prima dell’acquisto (18%, dopo ricerche online, domande in negozio e ai conoscenti). In particolare, gli italiani si rivolgono ai chatbot prevalentemente per avere assistenza sui prodotti acquistati (59%), sulla spedizione (48%) o sulle procedure di reso (39%) – confermando l’importanza di tali servizi nella Customer Experience digitale.

Non si tratta, però, di un trend irreversibile: oltre due terzi degli italiani (67%) spenderebbero di più se potessero contare su una chat per chiedere informazioni prima di effettuare i propri acquisti. Inoltre, già oggi quasi 1 consumatore su 4 (38%) si rivolge agli assistenti virtuali per cercare maggiori informazioni sui prodotti prima di comprarli.

Una certa diffidenza sembra nascere, piuttosto, da esperienze negative con assistenti virtuali statici di prima generazione, considerati poco affidabili: quasi la metà dei consumatori (41%) utilizza i chatbot ma preferirebbe evitarli, a fronte del 36% che vi fa ricorso volentieri. Tra le principali ragioni che spingono gli italiani a evitare assistenti virtuali obsoleti spiccano caratteristiche quali l’incapacità di comprendere le richieste (71%), risposte non accurate (64%) e la percezione di impersonalità (48%).

D’altro canto, nonostante le perplessità, in Italia le aziende stanno investendo in soluzioni basate su Intelligenza Artificiale e automazione per migliorare il servizio clienti, contribuendo così alla diffusione della tecnologia. Infatti, sono quasi 7 su 10 (69%) le aziende che hanno già implementato un assistente virtuale o prevedono di farlo entro 1 anno, a fronte del solo 15% che non ha intenzione di adottarne.

Le realtà che hanno già scelto questa soluzione riconoscono benefici in termini di miglioramento dei tempi di risposta (73%), andando così incontro all’esigenza dei consumatori di risolvere rapidamente i problemi. Inoltre, si è riscontrata un’ottimizzazione del lavoro del team (46%) e dei processi (44%), seguita da un incremento della customer satisfaction (34%).

Nonostante questo, in Italia ben due terzi delle aziende (66%) continua a ritenere che l’interazione con gli assistenti virtuali non sarà mai all’altezza di quella con un operatore umano. I professionisti che ancora nutrono dubbi sembrano condividere la stessa esperienza degli utenti, identificando le maggiori carenze con l’imprecisione delle risposte (46%) e la mancanza di empatia (36%), tipiche di soluzioni di prima generazione.

In tale contesto, gli assistenti virtuali più all’avanguardia, basati sui più recenti sviluppi in ambito AI generativa, si pongono come la soluzione ideale per gli utenti, che da queste soluzioni si aspettano capacità di risolvere i problemi (67%), risposte precise e chiare (66%) e disponibilità 24/7 (58%).

“I dati mostrano la crescente centralità di un servizio clienti di qualità: per le aziende, diventa strategico investire per offrire un’esperienza efficiente ed empatica lungo l’intero customer journey. La tecnologia è un abilitatore chiave: guardando nello specifico agli assistenti virtuali, ad esempio, noi di indigo.ai mettiamo a disposizione la nostra esclusiva metodologia ad agenti che, grazie a un agente specializzato per ogni dominio o funzione aziendale specifica, consente di elevare la customer experience rispetto a quanto accadeva con chatbot di prima generazione, dialogando in modo personalizzato con gli utenti”, aggiunge Maruzzella.

La ricerca rivela consumatori generalmente ben disposti nei confronti dell’AI come strumento per migliorare l’assistenza clienti, dalla cui adozione si attendono per lo più disponibilità continua 24/7 (40%), un servizio più efficiente e accurato (39%) e un’assistenza personalizzata (32%).

Solo 2 italiani su 10 (23%) dichiarano che l’AI non cambierebbe le loro abitudini di acquisto: tra questi, emerge una significativa resistenza generazionale, con punte del 33% tra i Baby Boomer e del 46,5% tra gli Over 65.

L’ottimismo nei confronti delle tecnologie innovative è confermato anche dalle aziende: infatti, più di 8 su 10 (85%) ritengono che l’AI rappresenti un utile complemento al customer service tradizionale.

In particolare, in termini di Customer Experience le organizzazioni vedono nell’AI uno strumento per rimanere competitive sul mercato (85%), migliorare il processo di upselling con suggerimenti personalizzati (85%), rendere le interazioni con i clienti più rapide ed efficaci (83%) e offrire esperienze customizzate grazie a insight in tempo reale (80%).

Se l’approccio delle aziende appare generalmente allineato alle esigenze dei consumatori in termini di CX, quando si guarda specificamente al trattamento dei dati personali emerge una netta divergenza tra pratiche aziendali e percezione dei consumatori.

Da un lato, infatti, circa la metà delle aziende (55%) tende a utilizzare i dati per migliorare le proprie strategie tramite report dinamici e dashboard personalizzate, mentre il 31% sfrutta già gli insight basati sull’AI per offrire esperienze di acquisto personalizzate.

Dall’altro, i consumatori si dimostrano piuttosto prudenti in fatto di dati: quando devono condividere informazioni personali con gli assistenti virtuali, più di un terzo (35%) verifica le modalità di trattamento dei dati da parte delle aziende prima di procedere, mentre il 22% è disposto a rinunciare all’acquisto se le policy non sono chiare. Un ulteriore 25,5%, inoltre, specifica di non condividere volentieri i propri dati personali, ma di essere comunque disposto a farlo pur di ricevere l’assistenza desiderata.

Accanto alla necessità di investire in tecnologie avanzate per la gestione della CX, dunque, l’osservatorio evidenzia anche l’importanza di strategie di comunicazione trasparenti per mantenere e costruire la fiducia dei consumatori.

Il report completo è disponibile qui.