Scenari

PwC: Il 70% dei CEO italiani prevede un ritorno alla crescita dei ricavi delle proprie aziende nel 2021. Investimenti nel digitale e operazioni straordinarie al centro dell’agenda dei top manager in Italia (+10% delle risorse)

Una ricerca di PwC, condotta su oltre 5.000 CEO a livello globale e 148 italiani, rivela indici rivolti all’ottimismo. Oltre il 30% dei manager italiani (26% a livello globale) punta ad operazioni di natura straordinaria per rafforzare il posizionamento strategico dell’azienda attraverso un consolidamento del proprio settore di riferimento.

Ad un anno dalla dichiarazione dello stato di pandemia COVID-19, i CEO esprimono livelli record di ottimismo nella ripresa economica globale, con il 70% dei business leader italiani che prevede un miglioramento della crescita dell’economia nel 2021.

Le stime arrivano dalla 24° edizione della survey annuale condotta da PwC, che quest’anno ha coinvolto 5.050 CEO in 100 paesi e territori, di cui 148 in Italia, effettuata tra gennaio e febbraio del 2021. La percentuale di CEO che ha espresso fiducia nella crescita a livello globale è salita al 76% (era 22% nel 2020 e 42% nel 2019), rappresentando il massimo livello di ottimismo da quando il sondaggio ha posto per la prima volta questa domanda nel 2012.

“Dopo un anno drammatico per perdite di vite umane e per le profonde difficoltà sociali ed economiche, è incoraggiante vedere che chi si occupa di prendere le decisioni di investimento e di assumere personale stia dichiarando un fiducioso ottimismo per l'anno che ci troviamo davanti. I CEO sono fiduciosi nel ritorno alla crescita, spinti dallo sviluppo della campagna vaccinale” ha affermato Bob Moritz, Global Chairman del Network PwC. “Durante l’anno trascorso, i CEO hanno dovuto ridefinire e riconfigurare quello che fanno e il modo in cui lo fanno, dovendo al contempo gestire situazioni finanziarie complesse e motivare le proprie organizzazioni. I CEO si trovano ora ad affrontare due sfide fondamentali: in primo luogo, ricostruire la fiducia di tutti gli stakeholder, che oggi hanno aspettative di sviluppo elevate come non mai; e in secondo luogo, devono adattare le proprie aziende e garantire risultati sostenibili in un contesto sempre più mutevole. Le organizzazioni che ci riusciranno avranno maggiori possibilità di uscire dalla pandemia con forza, resilienza e produttività e con la capacità di fronteggiare emergenze future”.

Andrea Toselli (nella foto), Presidente e Amministratore Delegato, PwC Italia, ha sottolineato: “In una fase di profonda incertezza, è indispensabile che tutti noi facciamo la propria parte per rafforzare un sentimento di trust nelle nostre aziende e nel sistema economico ed istituzionale in generale. In questa fase PwC intende facilitare il confronto e sostenere il dialogo tra il mondo delle imprese e delle istituzioni da cui possano scaturire soluzioni concrete per un nuovo sviluppo del nostro Paese. In questo senso è significativa la ventunesima edizione della ricerca Edelman Trust Barometer in cui il 61% degli intervistati a livello globale esprime fiducia nelle imprese, un dato addirittura in aumento rispetto alle rilevazioni pre-Covid”.

Risale la fiducia dei CEO italiani nella crescita dei ricavi

I CEO italiani sono ottimisti circa le prospettive delle loro aziende: il 76% degli intervistati si dichiara fiducioso nelle prospettive di crescita della propria impresa nei prossimi 12 mesi, in aumento rispetto al 68% del 2020. A livello globale, i CEO che esprimono fiducia nella crescita dei ricavi sono l’85%, rispetto al 73% nel 2020.

Tale aumento della fiducia globale varia sensibilmente a seconda del settore industriale in relazione ai diversi cambiamenti nei comportamenti dei consumatori a seguito della pandemia. A livello globale, i CEO dei settori tecnologici e delle comunicazioni (rispettivamente al 45% e al 43%) mostrano i più alti livelli di fiducia, mentre quelli di trasporti e logistica (29%) e di ospitalità e tempo libero (27%) sono tra i meno fiduciosi.

Alessandro Grandinetti, Partner, Market & Clients Leader, PwC Italia, ha commentato: “A fronte dei dati che stiamo osservando, abbiamo un’occasione unica. Il Next Generation EU, di cui il recovery fund è parte rilevante, è un intervento straordinario ed ha nel titolo il suo obiettivo: consentire l’avvio di un piano di progettualità per il recupero delle economie europee dalla pandemia i cui benefici siano a vantaggio delle prossime generazioni ”

Operazioni di natura straordinaria al centro dell’agenda dei CEO Italiani che guardano agli USA come primo mercato su cui investire per prospettive di crescita

Le operazioni di natura straordinaria potrebbero costituire un punto strategico nelle agende dei CEO italiani per i prossimi 12 mesi, oltre il 30% (26% a livello globale) punta a rafforzare il posizionamento strategico dell’azienda attraverso un consolidamento nel proprio settore di riferimento. Il 27% dei CEO del nostro paese (28% a livello globale) vede invece la leva dell’M&A per aumentare il proprio mercato di riferimento attraverso acquisizioni in segmenti adiacenti dove valorizzare le proprie competenze distintive.

I risultati delle analisi mostrano il consolidamento del vantaggio degli USA (39%) e della Germania (28%) in veste di primo mercato su cui i CEO italiani guardano per le proprie prospettive di crescita nei prossimi 12 mesi. Con il 22%, la Cina conserva la terza posizione nell’elenco delle destinazioni di crescita, in leggero aumento rispetto al 20% del 2020. Il Regno Unito post-Brexit scende all’8%, superato quest’anno dalla Spagna (9%).

All’interno di un quadro internazionale complesso permane il timore per l’incertezza geopolitica, che preoccupa il 75% dei CEO italiani (76% a livello globale), in leggero aumento rispetto ai risultati del 2020 (68% per i CEO italiani, 73% a livello globale).

Nicola Anzivino, Partner Deals, PwC Italia, ha osservato: “I nostri CEO stanno guardando con sempre maggiore interesse ad operazioni di natura straordinaria per beneficiare del previsto recupero dell’economia europea e mondiale, consolidandosi nel proprio settore di riferimento ed ampliando il perimetro dei mercati in cui competono a livello geografico e di prodotti e servizi. In tale ambito, aumenta anche la fiducia dei CEO italiani sulle opportunità di mercato a 3 anni derivanti dal rimbalzo delle attività economiche a livello europeo e mondiale, non vogliono essere spettatori ma protagonisti di questa nuova fase di crescita. Rispetto allo scorso anno, cala di -10 punti la preoccupazione per i conflitti commerciali (dal 64% al 54%) e di -11 punti la preoccupazione per la politica protezionistica (dal 62% al 51%). Circa il futuro dell’Eurozona il 51% dei CEO italiani è meno pessimista (-7 punti percentuali in meno rispetto al 2020).”

Nell’anno del summit COP26, la governance del cambiamento climatico non viene ancora vista come leva strategica per la crescita

La percentuale di CEO italiani che esprimono preoccupazione rispetto al cambiamento climatico è aumentata dal 52% del 2020 al 68% del 2021 (dal 64% al 72% a livello globale). La governance del cambiamento climatico occupa ancora solo il quattordicesimo posto tra le minacce alla crescita percepite dai CEO italiani (il nono a livello globale). Secondo il 34% dei CEO italiani la propria azienda ha bisogno di fare di più sia per “valutare” il proprio impatto ambientale (il 39% a livello globale) sia per rendicontare in questo ambito (il 43% a livello globale). Il dato è incoraggiante, considerato che maggiori e migliori informazioni aziendali sull’impatto ambientale sono fondamentali per trainare il cambiamento necessario per arrivare a un’economia a zero emissioni, in linea con le direttrici di sviluppo europee e globali.

Tuttavia, il 75% dei CEO italiani (il 60% a livello globale) non ha ancora considerato i rischi climatici nelle proprie attività di gestione del rischio strategico. A livello di Paesi, i CEO delle nazioni altamente esposte a minacce naturali, come l’India e la Cina sono tra i meno preparati al rischio del cambiamento climatico. Mentre il 22% dei CEO italiani (il 23% a livello globale) ha in programma di aumentare significativamente gli investimenti in iniziative sostenibili a seguito del COVID-19, quasi un terzo non prevede alcuna modifica (il 30% in Italia, il 31% a livello globale).

Bob Moritz ha affermato: “Per rispondere alle più importanti sfide che il mondo si trova oggi ad affrontare, dobbiamo cambiare gli incentivi che fanno muovere il processo decisionale. Ciò richiede che i mercati finanziari estendano il loro concetto di creazione di valore andando oltre il mero rendimento finanziario e il valore a breve termine, affinché il capitale sia allocato nei giusti investimenti. Altrettanto cruciale è una ragionata rendicontazione aziendale di tipo non finanziario, affinché gli stakeholder, oltre a raggiungere i propri obiettivi finanziari, possano anche verificare il modo in cui le aziende stanno creando valore per la società e per il pianeta. Le imprese che adotteranno queste misure rafforzeranno il posizionamento del proprio brand e costruiranno la fiducia con i propri stakeholder”.

Francesco Ferrara, Partner Corporate Responsibility Leader, PwC Italia, ha commentato: “Un recente studio del Politecnico di Milano rivela che le aziende europee caratterizzate da rating ESG più elevati ottengono performance economico-finanziarie migliori rispetto alle altre. Le imprese devono adottare un cambio di paradigma: la sostenibilità non deve essere percepita come un costo o mera compliance o standard a cui adeguarsi ma deve essere considerata un’opportunità per ridisegnare prodotti e servizi, differenziando in questo modo l’offerta e ingaggiando di più, e meglio, clienti, dipendenti e fornitori”.

 

Aumentano le preoccupazioni su disoccupazione, politiche fiscali e disinformazione

Non sorprende che la pandemia e la crisi sanitaria salgano al terzo posto tra le minacce alle prospettive di crescita (82%); tuttavia, per i CEO italiani la prima preoccupazione risulta essere l’incertezza politica (89%), seguita dalla crescita economica incerta (87%).

L’incertezza sulle politiche fiscali preoccupa l’82% dei CEO italiani (il 73% a livello globale), attestandosi sullo stesso livello delle preoccupazioni derivanti dalla pandemia. Il consistente aumento del debito pubblico potrebbe comportare, secondo i CEO, un aumento della pressione fiscale. Lo scorso anno, lo stesso aspetto preoccupava solamente il 69% dei CEO italiani (il 57% a livello globale).

Guadagna velocemente posizioni nell’elenco anche la preoccupazione dei CEO italiani per la diffusione della disinformazione (salita al 74% rispetto al 45% del 2020; dal 70% al 50% a livello globale) contribuendo ulteriormente a un generale declino nella fiducia in tutti i livelli della società.

Il difficile quadro economico comporterà anche un rapido peggioramento dell’impatto dei livelli occupazionali creando timore per le prospettive di crescita: il 72% dei CEO italiani (il 60% a livello globale) esprime infatti preoccupazione per questo tema, rispetto al 35% nel 2020 (il 37% a livello globale).

 

Investimenti digitali per il futuro

Alla domanda su quanto intendono investire per la trasformazione digitale, il 40% dei CEO italiani (il 49% a livello globale) prevede un aumento minimo del 10%. Tuttavia, solo il 28% dei CEO italiani (il 31% a livello globale) prevede di aumentare di almeno il 10% gli investimenti destinati a cybersecurity e privacy dei dati. Allo stesso tempo, un numero crescente di CEO italiani (il 29%; il 36% a livello globale) prevede di usare l’automazione e la tecnologia per rendere i propri processi più competitivi.

Oltre che dalle tecnologie, le strategie di investimento delle aziende dovranno concentrarsi sempre di più sull’upskilling delle persone. Il 26% dei CEO italiani (il 24% a livello globale) prevede di aumentare di almeno il 10% gli investimenti sullo sviluppo delle soft skills. Inoltre, il 53% dei CEO italiani (31% a livello globale) dichiara che, per migliorare la competitività della propria azienda, è necessario rafforzare le competenze digitali e il re-ingaggio delle proprie risorse.

Andrea Toselli ha osservato: “Il 78% dei CEO italiani (61% a livello globale) ritengono che investimenti digitali combinati con formazione delle persone debbano rappresentare una priorità per le loro aziende. Il COVID-19 ci ha costretti ad intraprendere un rapido percorso di trasformazione digitale del capitale umano, portando a risultati che difficilmente sarebbero stati raggiunti altrimenti. Il cambiamento è ormai nelle cose e deve essere fatto proprio per diventare leva di un nuovo ciclo di sviluppo”.   

Bob Moritz ha concluso: “Ad un anno dallo scoppio della pandemia, siamo a un punto di svolta con la campagna vaccinale che inizia ad avere effetti in tutto il mondo. Sebbene la forma della ripresa rimanga sconosciuta, è chiaro che non possiamo semplicemente ritornare al passato. Per ottenere il cambiamento che serve, i CEO avranno bisogno di pensare in maniera differente e di valutare costantemente le proprie decisioni e azioni rispetto agli impatti più ampi a livello di ecosistema. Nel farlo, stabiliranno un percorso che costruirà fiducia e garantirà risultati rilevanti per tutti gli stakeholder".