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Catania (Confindustria Digitale): Il governo deve colmare il gap in ict da 25 mld di euro perchè l'Italia torni a crescere

"Possiamo e dobbiamo colmare questo gap nei prossimi anni e lo dico a chi governa: occorre investire quei miliardi per trasformarli in innovazione competitiva che per il Paese significa creare un punto di Pil all'anno, forse uno e mezzo". Lo ha affermato il Presidente di Confindustria Digitale, Elio Catania, intervenendo al convegno 'Dall'e-commerce all'e-business' organizzato a Milano Class Editori.
Il Presidente di Confindustria Digitale, Elio Catania, intervenendo al convegno 'Dall'e-commerce all'e-business' organizzato a Milano da Class Editori, ha fatto un appello alle istituzioni relativamente al differenziale negativo di 25 miliardi di euro che l'Italia vanta in termini di investimenti in information technology. Questa la cifra che il nostro Paese dovrebbe investire ogni anno in Ict per competere con la media europea.  

"Possiamo e dobbiamo colmare questo gap nei prossimi anni e lo dico a chi governa: occorre investire quei miliardi per trasformarli in innovazione competitiva, che per il Paese significa creare un punto di Pil all'anno. Forse uno e mezzo" ha dichiarato Catania, aggiungendo che questo è il motivo fondamentale per cui il nostro Paese non cresce: "non abbiamo abbracciato la trasformazione imposta dalle tecnologie di rete". Per sostenere la propria tesi, il numero uno di Confindustria Digitale ha citato l'esempio degli Stati Uniti, per i quali "oggi si parla di una crescita del +3,5%, grazie soprattutto al fatto che loro negli ultimi anni hanno registrato metà della loro crescita proprio grazie al miglioramento dell'Ict".

In Italia serve una rivisitazione completa del sistema produttivo e commerciale in adeguamento ai nuovi modelli di business e di consumo. Per Catania: "la trasformazione può avvenire a condizione che intervengano le istituzioni per crearne i presupposti. In che modo? Principalmente agendo su tre fronti. Digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, interventi di politica industriale per agevolare la digitalizzazione delle PMI (l'80% di quelle fallite nel 2013 non aveva nemmeno un sito web) e istituire un quadro normativo che non penalizzi (come avviene nell'approccio attuale) i modelli innovativi. Senza trattare il digitale come un settore a sé stante, verso cui istituire un regime speciale di tassazione o addirittura come occasione per prendere di mira particolari aziende. Oggi, infatti, è l’economia nel suo complesso che sta diventando digitale ed è questo il fenomeno globale che sta rendendo obsoleta o inefficace la normativa fiscale vigente. Soluzioni tipo web tax o bit tax si tradurrebbero semplicemente in un ulteriore onere per le imprese digitali e in potenziali barriere d’ingresso per le aziende che volessero sperimentare nuovi modelli di business basati sul web e sulla raccolta dei dati".

MF