Live Communication
IF! Italians Festival. Crowdsourcing adv: bacino di idee o escamotage per creatività a basso prezzo? Questione di moneta e di responsabilità
In uno scenario nel quale la tecnologia cambia le regole del gioco e le idee si possono trovare anche nelle community come Zooppa e Userfarm, si impone una questione di responsabilità, che non riguarda solo le piattaforme digitali o il ruolo strategico delle agenzie. Ma chiama in causa in primis le aziende e le modalità con cui si avvalgono dei partner creativi, in un mercato nel quale, parafrasando il famoso motto, 'si paga con la moneta cattiva' perchè la crisi, tra i tanti effetti negativi, ha reso meno efficace la comunicazione perché il potere è nelle mani di chi compra e non di chi vende, dando spazio alla ricerca di vie meno costose per la pubblicità. Questo, e molto di più, è emerso dal workshop "Dove cercare le idee” - dibattito sulla funzione del crowdsourcing organizzato da ADC Group all'IF! Italians Festival, che ha visto protagonisti Massimo Guastini (ADCI); Daniela Piscitelli (Aiap); Emanuele Nenna, (Assocom); Paolo Iabichino (Ogilvy); Matteo Sarzana (Zooppa); Bruno Pellegrini (Userfarm), e Giovanna Maggioni (UPA), ai quali si sono aggiunti interventi importanti da parte del numeroso pubblico intervenuto.
L'inchiesta sul crowdsourcing adv che ha tenuto banco le scorse settimane su ADVexpress, venerdì 3 ottobre è approdata all''IF! Italians Festival,, il festival italiano della creatività organizzato da Adci e Assocom in collaborazione con Google con il workshop “Dove cercare le idee” - dibattito sulla funzione del crowdsourcing, moderato da Salvatore Sagone, presidente ADC Group.
Un tema molto dibattuto nel mondo della comunicazione, e che al workshop (il primo in assoluto sull'argomento) ha visto riuniti intorno a un tavolo, per discuterne, anche animatamente, le tre 'parti' in causa, ovvero i tre principali attori dell'industry dell'adv, agenzie, clienti e gli stessi esponenti delle piattaforme più note. Sono intervenuti Massimo Guastini, presidente ADCI; Daniela Piscitelli, presidente Aiap; Emanuele Nenna, Vp Assocom e Ceo Now Available; Paolo Iabichino, Chief Creative Officer Group Ogilvy & Mather Italy; Matteo Sarzana, general manager Zooppa; Bruno Pellegrini, Ceo Userfarm e Giovanna Maggioni, direttore generale UPA. Con un obiettivo: capire come sta cambiando lo scenario della comunicazione con l'evoluzione/rivoluzione apportata dalla tecnologia che consente di realizzare contenuti di qualità a costi ridotti, quali sono i rischi e le opportunità offerte dalle piattaforme di crowdsourcing adv, che si propongono come nuovi bacini per attingere idee creative e opportunità di visibilità di chi intende accedere al mercato della comunicazione. Domandandosi se e come queste piattaforme cambiano il rapporto cliente -agenzia basato su una corretta remunerazione diventando, o meno, un'alternativa alle imprese creative stesse o un semplice strumento in più a disposizione del mercato.
Diversi i punti di vista e le visioni in merito. Iniziando dal punto di vista critico di Massimo Guastini, presidente dell'Art Directors Club Italiano, l'associazione dei creativi che si pone, trai suoi primari obiettivi, la salvaguardia e la tutela della categoria e della creatività italiana.
Per motivare la sua posizione, Guastini cita il caso recente del logo di Firenze che, come già pubblicato da ADVexpress (leggi news), è stato identificato tra 5000 proposte online tramite un contest su Zooppa e che tanto aveva fatto arrabbiare proprio la community dei creativi dell'ADCI. Guastini ricorda l'opinione in merito di Milton Glaser, noto grafico autore del logo della città di New York. Ecco in sintesi la posizione di Glaser raccontata in una video intervista effettuata da Diana Di Nuzzo, giornalista di Artribune. "La prima domanda che occorre fare è: quale è il fine per l’identità di una città. Il fine è elevare la città nella coscienza delle persone in una maniera che sia memorabile, in modo tale che la prossima volta che vedranno questa rappresentazione, la ricorderanno. Purtroppo quello che è stato fatto per Firenze è perfettamente dimenticabile. Infatti, dopo che l’hai visto non te lo ricordi più. Non è un marchio, è uno piccolo poema, e come tale dovrebbe essere una antologia di poesia, che va bene, ma come marchio che rappresenta la città e totalmente inadeguato. In aggiunta, quello che vuoi che accada quando guardi ad una identity è avere affezione per un’istituzione, il più importante compito per un trade mark, è far sentire lo spettatore affezionato a cosa si rappresenta. Qui non puoi avere nessuna affezione, perchè non sai cosa vuole dire. Inoltre, è copiato da un pre esistente marchio di un’altro luogo. La combinazione è disgustosa, non solo è inadeguata, e non serve i suoi fini, ma è anche un plagio, che imbarazzo!…Si sta parlando di una delle più grandi città, istituzioni, simboli nel mondo, non si sta parlando del New Jersey, si parla di Firenze! E Firenze deve essere espressa in un modo che esprima la propria importanza nella storia della civilizzazione, mentre qua tutto quello che abbiamo è un lavoro rubato che banalizza la città, che la rende meno importante di quello che è, e la fa sembrare come una qualsiasi altra piccola città che aspiri ad essere significativa. La cosa è stata diretta cosí male che è impossibile capire come si sia arrivati a questo punto. Ma si sapeva fin dall’inizio, quando hai mille idee, non ci sono possibilità che la migliore venga selezionata. Non puoi selezionare il migliore tra mille di nulla!”
Occorre chiedersi se questo risultato dipenda dalla piattaforma o dall'uso più o meno corretto che se ne fa. E soprattutto capire esattamente qual è il posizionamento di queste nuove riserve digitali di idee e i loro rapporti con le a genzie.
Lo chiarisce subito Matteo Sarzana, general manager di Zooppa, nata nell’ormai lontano 2007, con all'attivo una community di 260 mila utenti in tutto il mondo e 400 contest e più di 120.00 contenuti raccolti.
“Diversamente da quanto accade in Italia, in cui le percentuali sono esattamente invertite, a livello internazionale l'80% del nostro fatturato deriva da agenzie che usano Zooppa per conto dei clienti e il 20% da clienti diretti. La piattaforma non vuole essere un ostacolo per le agenzie, ma un'opportunità e uno strumento di amplificazione del contenuto su più mezzi e touchpoints, che può essere considerato un partner anche da agenzie e case di produzione che intendono cercare nuove ispirazioni e contenuti innovativi. Credo che da parte del comparto creativo italiano ci sia la presunzione di arrogarsi il diritto di decidere quel che è giusto o meno in comunicazione, senza considerare che, con l'avvento della tecnologia, le regole del gioco sono cambiate e anche le persone possono avere voce in capitolo nella comunicazione di una marca. Insomma, Zooppa è un'occasione per tutti, agenzie e brand come P&G e Unilever, due dei nostri migliori clienti, ai quali dà accesso alla più grande community globale di creativi”.
Sulla stessa linea Bruno Pellegrini, Ceo Userfarm che sottolinea: “ il modello organizzativo del crowd, applicato nel caso di Userfarm al videomaking, ma ormai esteso in più campi, dal design alla content creation, ha il vantaggio di offrire alle imprese l'accesso a community di professionisti meno costose per poter avviare grandi narrazioni di marca”. E a riguardo cita tre esempi di campagne che si sono avvalse del crowsourcing: The Beauty of a second di Leo Burnett, The Ahh effect di Coca Cola di W&K e 'Meet me at Starbucks' di 72andSunny. “Tre casi che dimostrano come il crowdsourcing non consista solo nel scegliere un progetto tramite un contest, ma comporti una profilazione e un'analisi per identificare consumer insight da fornire ad agenzie e clienti per poter definire strategie più efficaci e magari declinarle sui social creando racconti condivisi e partecipati” osserva Pellegrini.
Un processo attivabile anche senza le agenzie, chiede Salvatore Sagone, con la possibilità di una disintermediazione? “Certo, ma è meglio se attorno al tavolo si sta in tre: cliente, agenzia e la piattaforma” risponde Pellegrini. “A volte, però, le agenzie, per paura, non ci stanno".
“Insomma - conclude il Ceo di Userfarm - noi sappiamo come gestire al meglio una nuova forza a disposizione delle marche ma non guidare un brand sui vari mezzi di comunicazione. Ma per farlo capire bisognerebbe vincere l'ostracismo dei direttori creativi” .
Ma non sempre è così. Come spiega, intervenendo dalla platea, Guerino Delfino, chairman e ceo di Ogilvy & Mather Italy. “L'agenzia lo utilizza dal 2006, soprattutto per cercare insight, ed entrare in contatto con la community degli youtubers. Il nostro mestiere è diventato più complesso e Zooppa è uno strumento in più per produrre contenuti al nostro interno, naturalmente all'interno di un più ampio progetto di comunicazion da noi gestito. Ma non accetto che un cliente che mi metta in competizione con Zooppa”.
Il microfono passa alle aziende, ovvero all'Upa. l'associazione che riunisce le principali imprese investitrici del nostro mercato?
Il dg Giovanna Maggioni, concorda sul fatto che realtà che Zooppa piuttosto che Userfarm possano rappresentare un'occasione in più per le marche, ma non l'unico mezzo per fare comunicazione. “Le piattaforme di crowdsourcing adv non sono un fenomeno recente ma una realtà ormai affermata da tempo sul mercato e credo che possano fornire un buon supporto alla creatività per singoli progetti” dichiara.
“Ma le agenzie le percepiscono come una scorciatoia per trovare velocemente idee a buon mercato?” chiede Salvatore Sagone.
“In un mercato con meno investimenti c'è spazio per tutti perché convivono richieste di idee e campagne a breve termine così come piani a lungo termine - risponde Maggioni - Fermo restando che la comunicazione di un'azienda non può limitarsi a un singolo spot scelto con un contest online. Perchè per creare il valore e l'equity di un brand servono, a monte, una strategia e una creatività di lunga durata che possono nascere solo da una collaborazione costruttiva tra azienda e agenzia e tra sigla creativa e centro media. Le aziende più consapevoli di questo mettono entrambi i player allo stesso tavolo, come succedeva quando creatività e media convivevano sotto lo stesso tetto, e un po' rimpiango quei tempi”.
Crowdsourcing adv si, crowdsourcing adv no, tutto dipende dall'utilizzo che di questi strumenti si fa e da come li si considera.
C'è chi ne fa un uso improprio per cercare creatività gratuite, come nei casi descritti da Daniela Piscitelli, presidente Aiap, del contest per il logo di Napoli, aperto senza prevedere un premio per il vincitore, e in quello per il logo di Firenze, che il nuovo sindaco Nardella della città ha cestinato. “L'Associazione aveva scritto a l'allora sindaco Renzi segnalando che in materia esistono normative da rispettare e buone pratiche da seguire come un brief preciso del committente a monte, indagini sul gradimento, capacità professionali nel declinare l'immagine su vari materiali, ma la risposta non era stata certamente costruttiva” precisa Piscitelli. Ma ci sono anche casi di pratiche corrette, come, segnala Piscitelli " il contest per il logo di Bologna, supportato da un percorso che ha visto impegnati il modo accademico, comitati cittadini e una giuria di qualità che ha selezionato l'immagine vincitrice immediatamente trasformata in un progetto concreto".
C'è chi ne fa una questione culturale. “Le idee possono nascere anche su piattaforme come Zooppa e Userfarm, ma la questione si sposta all'interno delle aziende" afferma Paolo Iabichino, Chief Creative Officer Ogilvy & Mather Italy. "I tre player del mercato devono imparare a fare i conti con le furberie che nascono dietro a queste operazioni, ovvero la ricerca di creatività a basso costo da parte delle aziende in cui evidentemente c'è un deficit culturale che porta a cattive pratiche”. “E questo non dipende dal fatto che le agenzie abbiano perso la capacità di essere strategiche - aggiunge - ma dalle imprese e per certi versi dalle piattaforme stesse che si offrono come antagoniste del nostro mestiere. E' una deriva pericolosa, che finisce con il deturpare il nostro mestiere diffondendo l'idea che tutti fanno creatività. Non abbiamo paura di Zooppa, ma dei furbetti che stanno nelle aziende”.
Sulla stessa linea Emanuele Nenna, ceo Nowavailable e VP Assocom. Ricordiamo che proprio una sua lettera ad ADVexpress ha dato il via all'inchiesta dalla quale è nato questo workshop (vedi news).
Iabichino ricorda inoltre le recenti dichiarazioni di Marco Balich, che ha donato alla città di Milano il concept dell'Albero della Vita ideato per Expo 2015: “ la creatività non può essere messa a gara a a miglior prezzo. E' come la colonna sonora di un film, è ovvio che se la commissioni a un professionista come Ennio Morricone costerà di più”.
Sugli aspetti economici e più precisamente sulla remunerazione, interviene un infuocato Guastini che critica il meccanismo di Zooppa definendolo “una meccanica piratesca che fa leva sulla disperazione di poter emergere”. Il regolamento della piattaforma di crowdsourcing ricordiamo, prevede un premio per i vincitori e nessun rimborso per gli altri partecipanti.
“Mi lascia perplesso quando si chiede a migliaia di professionisti di partecipare a un contest, se ne premia una manciata e tutti gli altri perdono i diritti dei propri contenuti e non vengono pagati. Preferirei che di queste community non facessero parte i professionisti, se devono lavorare gratis” aggiunge Guastini.
Immediata la replica di Sarzana. “Il nostro ruolo è di fare da tramite tra l'esigenza di un brand o di un'agenzia e una community creative e non di sostituirci alle agenzie. Promuoviamo i vincitori, da tre a dieci per ciascun contest, premiandoli con una somma soggetta per legge a trattenuta del 25%, e offriamo comunque visibilità ai partecipanti al contest. E rispettiamo il copyright dei contenuti: solo i progetti vincitori sono sottoposti a cessione dei diritti. Su tutti gli altri il committente, sia esso un brand o un'agenzia, può esercitare per dodici mesi un diritto di opzione sui contenuti, con la possibilità di acquistarli o di pubblicarli sulle proprie properties dando in cambio visibilità agli autori”.
Guastini analizza lo scenario: “Quel che mi preme è far crescere i giovani talenti che, ad esempio, partecipano a 'I venerdì di Enzo', e credo che l'agenzia resti il posto migliore per coltivare la creatività che non una piattaforma online. Guardiamo con attenzione la disperazione che c'è tra i giovani e il rischio che una professione come quella creativa venga devastata da cattive pratiche. Se prima proprio nelle agenzie venivano attratte le risorse migliori, ora a 30 anni si è fuori perchè si reclutano solo giovani pagandoli meno. Non posso dire ai miei ragazzi di andare a lavorare per Zooppa”. “Non posso dire a un brand di scegliere un'agenzia piuttosto di Zooppa” replica Sarzana.
Non resta che chiedersi quali iniziative i tre player potrebbero mettere in campo, insieme, per promuovere un utilizzo corretto delle piattaforme di crowsourcing come bacino ulteriore di idee e non come scorciatoia intellettuale per creatività low cost.
Ma ecco che dalla platea interviene Carlo Momigliano, Chief Marketing Officer di Gruppo Finelco, chiamato a far luce su un aspetto da cui non si può prescindere e che rappresenta il substrato a tutte quelle cattive pratiche che nella nostra industry si sono putroppo consolidate negli ultimi anni.
"E' pregevole il tentativo dell'ADCI di difendere la propria professionalità e comprensibile che guardi con sospetto alla nascita di nuove realtà, ma in un mercato deflazionistico, in cui la tenuta dei prezzi è una lotta, tutto ruota attorno alla capacità di fare la differenza e di mostrare una qualità diversa" osserva. "La moneta cattiva scaccia la moneta buona e la moneta buona scaccia quella cattiva, recita un proverbio. Basta domandarsi come queste due 'facce' possano convivere in un mercato. La risposta è semplice: quando il mercato è nelle mani del compratore vince il primo caso, ossia la moneta cattiva. Al contrario, se il venditore detta le regole, torna in circolo la moneta buona". Come avveniva negli anni d'oro della pubblicità, vien da pensare, nei quali i creativi erano come delle star, l'advertising era un toccasana per il business delle aziende e la creatività godeva di una indiscussa credibilità.
"Per i creativi dell'ADCI il contenuto è sovrano ma ora il gioco del mercato è ottenere il prezzo più basso perchè l'asse del potere si è spostato dai creatori ai ragionieri" analizza Momigliano. "In questi anni si è verificato un fatto da cui non si può prescindere: gli italiani hanno reagito alla crisi aumentando i risparmi dove possibile, e diminuendo gli acquisti. Con un conseguente effetto domino: crollo dell'efficacia e dunque della pressione pubblicitaria, spostamento dei budget aziendali dall'advertising alle promozioni e conseguente ricerca di vie meno costose per la pubblicità. E in un mercato affollato da più offerte, crollo delle remunerazioni d'agenzia".
"Non chiediamo vengano fatti contest più razionali, ma domandiamo alla classe politica che risani il Paese perchè tutto torni a funzionare" conclude Momigliano.
La sensazione è che il dibattito sull'approvvigionamento delle idee, e sul corretto rapporto tra cliente e agenzia, sia appena iniziato, e che ci sia ancora molta strada da fare perché i diversi anelli della catena trovino un modo condiviso per tendere a un mercato dove la qualità della comunicazione, grazie alle nuove possibilità offerte dalla tecnologia, non imploda ma, al contrario, si traduca in un nuovo Rinascimento.
ADVexprress, statene certi, continuerà a stimolare un confronto aperto e 'laico' tra le parti.
EC
Un tema molto dibattuto nel mondo della comunicazione, e che al workshop (il primo in assoluto sull'argomento) ha visto riuniti intorno a un tavolo, per discuterne, anche animatamente, le tre 'parti' in causa, ovvero i tre principali attori dell'industry dell'adv, agenzie, clienti e gli stessi esponenti delle piattaforme più note. Sono intervenuti Massimo Guastini, presidente ADCI; Daniela Piscitelli, presidente Aiap; Emanuele Nenna, Vp Assocom e Ceo Now Available; Paolo Iabichino, Chief Creative Officer Group Ogilvy & Mather Italy; Matteo Sarzana, general manager Zooppa; Bruno Pellegrini, Ceo Userfarm e Giovanna Maggioni, direttore generale UPA. Con un obiettivo: capire come sta cambiando lo scenario della comunicazione con l'evoluzione/rivoluzione apportata dalla tecnologia che consente di realizzare contenuti di qualità a costi ridotti, quali sono i rischi e le opportunità offerte dalle piattaforme di crowdsourcing adv, che si propongono come nuovi bacini per attingere idee creative e opportunità di visibilità di chi intende accedere al mercato della comunicazione. Domandandosi se e come queste piattaforme cambiano il rapporto cliente -agenzia basato su una corretta remunerazione diventando, o meno, un'alternativa alle imprese creative stesse o un semplice strumento in più a disposizione del mercato.
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Per motivare la sua posizione, Guastini cita il caso recente del logo di Firenze che, come già pubblicato da ADVexpress (leggi news), è stato identificato tra 5000 proposte online tramite un contest su Zooppa e che tanto aveva fatto arrabbiare proprio la community dei creativi dell'ADCI. Guastini ricorda l'opinione in merito di Milton Glaser, noto grafico autore del logo della città di New York. Ecco in sintesi la posizione di Glaser raccontata in una video intervista effettuata da Diana Di Nuzzo, giornalista di Artribune. "La prima domanda che occorre fare è: quale è il fine per l’identità di una città. Il fine è elevare la città nella coscienza delle persone in una maniera che sia memorabile, in modo tale che la prossima volta che vedranno questa rappresentazione, la ricorderanno. Purtroppo quello che è stato fatto per Firenze è perfettamente dimenticabile. Infatti, dopo che l’hai visto non te lo ricordi più. Non è un marchio, è uno piccolo poema, e come tale dovrebbe essere una antologia di poesia, che va bene, ma come marchio che rappresenta la città e totalmente inadeguato. In aggiunta, quello che vuoi che accada quando guardi ad una identity è avere affezione per un’istituzione, il più importante compito per un trade mark, è far sentire lo spettatore affezionato a cosa si rappresenta. Qui non puoi avere nessuna affezione, perchè non sai cosa vuole dire. Inoltre, è copiato da un pre esistente marchio di un’altro luogo. La combinazione è disgustosa, non solo è inadeguata, e non serve i suoi fini, ma è anche un plagio, che imbarazzo!…Si sta parlando di una delle più grandi città, istituzioni, simboli nel mondo, non si sta parlando del New Jersey, si parla di Firenze! E Firenze deve essere espressa in un modo che esprima la propria importanza nella storia della civilizzazione, mentre qua tutto quello che abbiamo è un lavoro rubato che banalizza la città, che la rende meno importante di quello che è, e la fa sembrare come una qualsiasi altra piccola città che aspiri ad essere significativa. La cosa è stata diretta cosí male che è impossibile capire come si sia arrivati a questo punto. Ma si sapeva fin dall’inizio, quando hai mille idee, non ci sono possibilità che la migliore venga selezionata. Non puoi selezionare il migliore tra mille di nulla!”
Occorre chiedersi se questo risultato dipenda dalla piattaforma o dall'uso più o meno corretto che se ne fa. E soprattutto capire esattamente qual è il posizionamento di queste nuove riserve digitali di idee e i loro rapporti con le a genzie.
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“Diversamente da quanto accade in Italia, in cui le percentuali sono esattamente invertite, a livello internazionale l'80% del nostro fatturato deriva da agenzie che usano Zooppa per conto dei clienti e il 20% da clienti diretti. La piattaforma non vuole essere un ostacolo per le agenzie, ma un'opportunità e uno strumento di amplificazione del contenuto su più mezzi e touchpoints, che può essere considerato un partner anche da agenzie e case di produzione che intendono cercare nuove ispirazioni e contenuti innovativi. Credo che da parte del comparto creativo italiano ci sia la presunzione di arrogarsi il diritto di decidere quel che è giusto o meno in comunicazione, senza considerare che, con l'avvento della tecnologia, le regole del gioco sono cambiate e anche le persone possono avere voce in capitolo nella comunicazione di una marca. Insomma, Zooppa è un'occasione per tutti, agenzie e brand come P&G e Unilever, due dei nostri migliori clienti, ai quali dà accesso alla più grande community globale di creativi”.
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Un processo attivabile anche senza le agenzie, chiede Salvatore Sagone, con la possibilità di una disintermediazione? “Certo, ma è meglio se attorno al tavolo si sta in tre: cliente, agenzia e la piattaforma” risponde Pellegrini. “A volte, però, le agenzie, per paura, non ci stanno".
“Insomma - conclude il Ceo di Userfarm - noi sappiamo come gestire al meglio una nuova forza a disposizione delle marche ma non guidare un brand sui vari mezzi di comunicazione. Ma per farlo capire bisognerebbe vincere l'ostracismo dei direttori creativi” .
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“In un mercato con meno investimenti c'è spazio per tutti perché convivono richieste di idee e campagne a breve termine così come piani a lungo termine - risponde Maggioni - Fermo restando che la comunicazione di un'azienda non può limitarsi a un singolo spot scelto con un contest online. Perchè per creare il valore e l'equity di un brand servono, a monte, una strategia e una creatività di lunga durata che possono nascere solo da una collaborazione costruttiva tra azienda e agenzia e tra sigla creativa e centro media. Le aziende più consapevoli di questo mettono entrambi i player allo stesso tavolo, come succedeva quando creatività e media convivevano sotto lo stesso tetto, e un po' rimpiango quei tempi”.
Crowdsourcing adv si, crowdsourcing adv no, tutto dipende dall'utilizzo che di questi strumenti si fa e da come li si considera.
C'è chi ne fa un uso improprio per cercare creatività gratuite, come nei casi descritti da Daniela Piscitelli, presidente Aiap, del contest per il logo di Napoli, aperto senza prevedere un premio per il vincitore, e in quello per il logo di Firenze, che il nuovo sindaco Nardella della città ha cestinato. “L'Associazione aveva scritto a l'allora sindaco Renzi segnalando che in materia esistono normative da rispettare e buone pratiche da seguire come un brief preciso del committente a monte, indagini sul gradimento, capacità professionali nel declinare l'immagine su vari materiali, ma la risposta non era stata certamente costruttiva” precisa Piscitelli. Ma ci sono anche casi di pratiche corrette, come, segnala Piscitelli " il contest per il logo di Bologna, supportato da un percorso che ha visto impegnati il modo accademico, comitati cittadini e una giuria di qualità che ha selezionato l'immagine vincitrice immediatamente trasformata in un progetto concreto".
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Iabichino ricorda inoltre le recenti dichiarazioni di Marco Balich, che ha donato alla città di Milano il concept dell'Albero della Vita ideato per Expo 2015: “ la creatività non può essere messa a gara a a miglior prezzo. E' come la colonna sonora di un film, è ovvio che se la commissioni a un professionista come Ennio Morricone costerà di più”.
Sugli aspetti economici e più precisamente sulla remunerazione, interviene un infuocato Guastini che critica il meccanismo di Zooppa definendolo “una meccanica piratesca che fa leva sulla disperazione di poter emergere”. Il regolamento della piattaforma di crowdsourcing ricordiamo, prevede un premio per i vincitori e nessun rimborso per gli altri partecipanti.
“Mi lascia perplesso quando si chiede a migliaia di professionisti di partecipare a un contest, se ne premia una manciata e tutti gli altri perdono i diritti dei propri contenuti e non vengono pagati. Preferirei che di queste community non facessero parte i professionisti, se devono lavorare gratis” aggiunge Guastini.
Immediata la replica di Sarzana. “Il nostro ruolo è di fare da tramite tra l'esigenza di un brand o di un'agenzia e una community creative e non di sostituirci alle agenzie. Promuoviamo i vincitori, da tre a dieci per ciascun contest, premiandoli con una somma soggetta per legge a trattenuta del 25%, e offriamo comunque visibilità ai partecipanti al contest. E rispettiamo il copyright dei contenuti: solo i progetti vincitori sono sottoposti a cessione dei diritti. Su tutti gli altri il committente, sia esso un brand o un'agenzia, può esercitare per dodici mesi un diritto di opzione sui contenuti, con la possibilità di acquistarli o di pubblicarli sulle proprie properties dando in cambio visibilità agli autori”.
Guastini analizza lo scenario: “Quel che mi preme è far crescere i giovani talenti che, ad esempio, partecipano a 'I venerdì di Enzo', e credo che l'agenzia resti il posto migliore per coltivare la creatività che non una piattaforma online. Guardiamo con attenzione la disperazione che c'è tra i giovani e il rischio che una professione come quella creativa venga devastata da cattive pratiche. Se prima proprio nelle agenzie venivano attratte le risorse migliori, ora a 30 anni si è fuori perchè si reclutano solo giovani pagandoli meno. Non posso dire ai miei ragazzi di andare a lavorare per Zooppa”. “Non posso dire a un brand di scegliere un'agenzia piuttosto di Zooppa” replica Sarzana.
Non resta che chiedersi quali iniziative i tre player potrebbero mettere in campo, insieme, per promuovere un utilizzo corretto delle piattaforme di crowsourcing come bacino ulteriore di idee e non come scorciatoia intellettuale per creatività low cost.
"E' pregevole il tentativo dell'ADCI di difendere la propria professionalità e comprensibile che guardi con sospetto alla nascita di nuove realtà, ma in un mercato deflazionistico, in cui la tenuta dei prezzi è una lotta, tutto ruota attorno alla capacità di fare la differenza e di mostrare una qualità diversa" osserva. "La moneta cattiva scaccia la moneta buona e la moneta buona scaccia quella cattiva, recita un proverbio. Basta domandarsi come queste due 'facce' possano convivere in un mercato. La risposta è semplice: quando il mercato è nelle mani del compratore vince il primo caso, ossia la moneta cattiva. Al contrario, se il venditore detta le regole, torna in circolo la moneta buona". Come avveniva negli anni d'oro della pubblicità, vien da pensare, nei quali i creativi erano come delle star, l'advertising era un toccasana per il business delle aziende e la creatività godeva di una indiscussa credibilità.
"Per i creativi dell'ADCI il contenuto è sovrano ma ora il gioco del mercato è ottenere il prezzo più basso perchè l'asse del potere si è spostato dai creatori ai ragionieri" analizza Momigliano. "In questi anni si è verificato un fatto da cui non si può prescindere: gli italiani hanno reagito alla crisi aumentando i risparmi dove possibile, e diminuendo gli acquisti. Con un conseguente effetto domino: crollo dell'efficacia e dunque della pressione pubblicitaria, spostamento dei budget aziendali dall'advertising alle promozioni e conseguente ricerca di vie meno costose per la pubblicità. E in un mercato affollato da più offerte, crollo delle remunerazioni d'agenzia".
"Non chiediamo vengano fatti contest più razionali, ma domandiamo alla classe politica che risani il Paese perchè tutto torni a funzionare" conclude Momigliano.
La sensazione è che il dibattito sull'approvvigionamento delle idee, e sul corretto rapporto tra cliente e agenzia, sia appena iniziato, e che ci sia ancora molta strada da fare perché i diversi anelli della catena trovino un modo condiviso per tendere a un mercato dove la qualità della comunicazione, grazie alle nuove possibilità offerte dalla tecnologia, non imploda ma, al contrario, si traduca in un nuovo Rinascimento.
ADVexprress, statene certi, continuerà a stimolare un confronto aperto e 'laico' tra le parti.
EC