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IF! Italians Festival. IGPDecaux: creativita' progettualita' contro gli stereotipi dell'Out Of Home
Abbattere gli stereotipi che ancora circondano l’Out Of Home, evidenziarne le caratteristiche creative, spiegare i meccanismi e la progettualità che ne sono alla base: questo l’obiettivo del workshop organizzato all’Italians Festival da IGPDecaux con il contributo di ricercatori, tecnici e specialisti del mezzo
Più di un workshop, la sessione organizzata da IGPDecaux venerdì nell’ambito dell’Italians Festival, ha ospitato ricercatori, creativi, tecnici e addetti ai lavori, dando vita a una vera e propria lectio magistralis ‘corale’ su cosa si può e in fondo anche si deve fare oggi con un mezzo ‘antico’ come l’Out Of Home ma al tempo stesso di assoluta avanguardia.
“Antico sì, ma non vecchio - ha esordito infatti il direttore marketing della concessionaria, Alessandro Loro (foto in alto a sinistra) -, capace di offrire una cornucopia di possibili soluzioni ai problemi e alle esigenze delle marche. Può essere low tech nei classici poster e high tech nell’unconventional o nell’ambient più moderno, ma la creatività del mezzo Out Of Home non cambia. A cambiare dovrebbe essere piuttosto l’atteggiamento appesantito dai troppi stereotipi con cui si continua a guardare l’Esterna: primo fra tutti che si tratti di un mezzo privo di contenuti”.
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Così Loro ha dato il “la” all’intervento di Andrea Bellavita, della 'factory' di ricerca Neopsis, che ha sottolineato come “L’unconventional, o come si chiama oggi branded content o native advertising, funziona quando il fruitore lo ritiene coerente al mezzo che lo contiene.
E questo vale per tutti i media, altrimenti si può parlare tranquillamente di televendita...”

Bellavita ha ricordato l’esempio della celebre pensilina Pepsi Max che dava l’impressione di assistere a fenomeni straordinari - navi spaziali aliene, un tentacolo gigante che afferrava un passante, un gigantesco robot o un meteorite infuocato che precipitava a pochi metri dall’osservatore - spiegando che “per l’Out Of Home il contenuto è lo stesso contesto in cui la comunicazione agisce. Un contesto in cui la creatività gioca un ruolo incredibilmente più libero e senza regole rispetto ad altri settori: basterebbe pensare e immaginare cosa vorrei che mi succedesse”.
Story channel
Il secondo stereotipo contestato da Loro è quello secondo cui attraverso l’Esterna non si possano raccontare storie, perché come impone la regola classica - peraltro trasgredita nella stragrande maggioranza dei casi visto che la media è solitamente 48 - su un manifesto non si dovrebbero utilizzare più di 7 parole…

“Fare storytelling vuol dire trasformare un evento umano in un’esperienza che ha senso - ha esordito Branca -. E riprendendo quello che diceva Bellavita sul contesto, la realtà è che l’Out Of Home costruisce un dialogo con i suoi fruitori al di là dei confini del muro o dello spazio che ospita il ‘manifesto’. E per costruirlo ha a disposizione 4 cartucce:
il world building, ossia la capacità di ricostruire un luogo o un ambiente così come facevano i miti dell’antichità;
l’impatto emotivo, cioè la possibilità di intercettare e creare emozioni;
l’ispirazione, perché ogni occasione di incontro e ogni evento inatteso ci costringe a ripensare alla nostra esperienza;
la condivisione, perché l’esperienza urbana è contestualizzata da un ambiente condiviso con gli altri - cosa ben diversa dal fruire dello stesso messaggio da spettatore tv in cui ognuno è nel salotto di casa sua…”.
Spazi da pianificare, non da occupare
Altro stereotipo indicato da Loro è quello che riguarda la pianificazione del mezzo: l’Out Of Home continua a essere genericamente identificato in uno spazio da occupare con un manifesto, senza considerare le peculiarità dello spazio stesso, che in un paese e in un territorio ricco come l’Italia è un modo al contrario estremamente povero di sfruttarlo.
“Si arriva spesso all’estremismo di dire che la pubblicità Esterna svilisce il contesto e il territorio che la circonda - ha affermato Matteo Zanibon, ricercatore di Gfk Eurisko -, ma non è così: al contrario il luogo e il contesto che ospita la comunicazione, se adeguatamente e creativamente valorizzato, assume una funzione e un valore strategico che può fare la differenza”.
Fino a oggi, ha spiegato Zanibon, si è ragionato e pianificato utilizzando indicatori ‘freddi’, meramente numerici e quantitativi (OTS - Opportunity To See) usando lo stesso manifesto in Piazza della Scala o davanti a San Siro. Pochi, e raramente, utilizzano invece indicatori qualitativi con caratteristiche più soft: il vissuto storico o artistico del luogo, il suo valore aggregativo, la tipologia di persone che lo frequentano.

L’intervento successivo è stato quello di Paolo Gep Cucco, owner di D-Wok, che ha ulteriormente corroborato gli interventi precedenti illustrando il progetto di videomapping realizzato al Campidoglio di Roma per Vodafone Live Red: “Con il videomapping il contesto diventa elemento fondamentale della comunicazione - ha osservato - trasformandolo in un evento/esperienza che rende gli elementi architettonici di un palazzo o di un luogo parte integrante dello show. In questo modo la marca offre agli spettatori un servizio e uno spettacolo irreplicabili, perché finito l’evento tutto torna come prima”.
Reale e virtuale

Grazie ai digital device che ognuno di noi porta in tasca, ha spiegato infatti Cuman, “L’universo fisico e quello virtuale non hanno più soluzione di continuità. In tale contesto, la sfida per l’Out Of Home non è più solo quella di attirare l’attenzione ma di aprirsi a forme di interazione più complesse: si va a creare una specie di ‘gioco di potere’ fra OOH e terminali mobili in cui la creatività deve comprendere gli spazi ma anche i tempi, offrendo nel posto giusto e nel momento giusto informazione, intrattenimento o acquisto”.

Competenze trasversali
La trasversalità delle competenze - questo il tema sviluppato da Michele Casali di IGPDecaux - è un altro dei nodi cruciali dell’Out Of Home contemporaneo: “Ci sono campagne e progetti OOH come quello realizzato per il Festival MiTo, che coinvolgono aspetti di comunicazione tradizionale e non solo, e che vanno dalla gestione della tecnologia a quella della community su twitter, fino alla fase della reportistica e delle analytics. Si tratta di una filiera lunga, che necessita di competenze diverse e spesso anche opposte, high tech come low tech: per poter gestire tuto ciò è richiesto il design integrato dell’intero processo, perché oggi è indispensabile dare valore all’utente di quella comunicazione, non più solo alla marca.



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