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Italia stivale da corsa, ma bisogna metterci le gambe! Ecco come ripartire dal made in Italy
Confindustria Intellect ha organizzato oggi, 30 settembre, a Milano, un incontro ricco di spunti dove importanti rappresentanti del mondo delle aziende e delle Associazioni si sono confrontati sullo stato dell'arte attuale dell'Italia, sulle potenzialità del nostro Paese e su come valorizzarle. Cambiare i modelli di business per assecondare le esigenze del mercato, puntare su innovazione e internazionalizzazione, tutelare il made in Italy: questi alcune delle linee guida emerse. Azioni da intraprendere subito, per non restare al passo.
L'Italia ha perso 9 punti di PIL e il 25% di capacità produttiva, dati preoccupanti, ai quali non si può restare indifferenti. Bisogna reagire. Le imprese devono reagire, e soprattutto agire. Ma come? Quale la strada giusta da seguire? A questa e ad altre domande si è cercato si rispondere nel corso del convegno 'Italia, stivale da corsa', organizzato oggi, 30 settembre, a Milano, da Confindustria Intellect.
"Non possiamo replicare modelli già esistenti, dobbiamo crearne di nuovi - ha esordito Alberto Baban (nella foto a sx), presidente Piccola Industria e Vice Presidente Confindustria - . Dobbiamo essere in grado di affrontare le nuove sfide valorizzando il nostro Paese e imparando a capirne e a comunicarne il potenziale. Dobbiamo tornare a credere in ciò che sanno fare gli italiani. Soprattutto, però, dobbiamo muoverci subito: nei prossimi cinque anni non possiamo fare quello che ci siamo limitati a fare nell'ultimo quinquennio, altrimenti rischiamo di precipitare in una condizione ancora più grave di quella attuale".
L'urgenza di intraprendere delle azioni mirate nel più breve tempo possibile si legge anche in alcuni numeri presentati da Emiliano Novelli, presidente Gruppo Giovani Imprenditori Assolombarda. "Il 44% dei nostri giovani è ancora alla ricerca del posto fisso e di un buono stipendio, l'8% di loro non ha mai sentito parlare di Expo, le aziende in cui preferibbero lavorare i ragazzi italiani sono Google, Apple, Facebook, Bayer - ha affermato Novelli -. Le PMI non vengono nemmeno prese in considerazione ed è significativo: se non riusciamo nemmeno a essere appealing per i nostri talenti, come possiamo esserlo all'esterno?".
Strategico per recuperare la competitività del Paese e il potenziale del Sistema Italia è il ruolo dei KIBS (Knowledge Intensive Business Services), come ha messo in luce l'intervento
di Maurizio Pessato (nella foto a dx), Vice Presidente di Assirm.
Le 800 imprese italiane che lavorano nel settore della conoscenza, dagli Istituti di ricerca alle società di consulenza, riunite sotto l’acronimo KIBS rappresentano un comparto strategico per interpretare il Paese, analizzarlo e rilanciarlo. "Intervenendo in tutte le fasi della catena di costruzione di valore - ha dichiarato Pessato - i KIBS non solo contribuiscono alla competitività delle imprese italiane, ma ne promuovono anche la capacità innovativa e lo sviluppo tecnico e manageriale".
Nonostante i dati Istat del primo semestre 2014 fotografino il nostro come un Paese dalla ridotta capacità economica, poco attraente per gli investitori e dai consumi stagnanti, l’Italia mostra ancora segnali di vitalità sia per quanto riguarda l’export (nei primi mesi del 2014 si osserva, rispetto allo stesso periodo del 2013, un aumento della quota italiana sul totale delle esportazioni intra-Ue, dal 7,3% al 7,4%) che per quanto riguarda il turismo.
Il settore della conoscenza in questo contesto può intervenire attivamente: secondo i dati macroeconomici di Eurostat, rielaborati da Assirm, è dimostrato che all’aumentare dei KIBS aumenta il PIL, un dato che, secondo Pessato, non si può sottovalutare: "Tutte le imprese del comparto possono e vogliono partecipare attivamente a generare sviluppo di qualità e ripresa del Paese". L’export, il turismo e i consumi interni sono gli obiettivi per il rilancio.
A partire da cosa? Dal nation branding e del made in Italy che, in occasione di Expo 2015 avranno una vetrina di portata internazionale. "Il nodo da sciogliere - ha concluso Pessato - è quello di lavorare attivamente a un brand Italia che non passi solo dalla moda, il design e l’alimentare, ma che coinvolga anche gli altri settori d’eccellenza italiana: dalla meccanica alla robotica, dai mezzi di trasporto alla chimica, dal tessile ai mobili".
Anche per Elio Carmi (nella foto a sx), delegato Unicom, il made in Italy è una leva strategica per le imprese, anche se dobbiamo essere consci del fatto che esso abbia al contempo connotazioni positive e negative. "L'industria manifatturiera italiana può essere riassunta nelle cosiddette 4A: Alimentari, Abbigliamento, Arredamento, Automazione/Meccanica - ha spiegato Carmi -. E' da qui che dobbiamo partire: ogni brand è potenzialmente ambasciatore del made in Italy e viceversa, per questo dobbiamo imparare a comunicare e a tutelare il made in Italy. Se si considera il fatto che il business dei prodotti finti made in Italy frutta oltre 50 miliardi di euro, ovvero il doppio rispetto all'export dei reali prodotti italiani, è facile capire come sia importante lavorare sulla certificazione, sullo storytelling e sul branding per dare al made in Italy il giusto valore e per trasferire tale valore alle marche".
"E' vero che l'Italia è uno stivale che corre, ma bisogna metterci le gambe!", ha chiosato Carmi. Eppure, gli esempi di imprese che corrono non mancano. Tre quelli presentai al convegno: InJob, Berto's e Fiemme 3000.
InJob, nata a Verona nel 2001 come agenzia per il lavoro, si è trasformata in una talent search company internazionale, con focus e sedi in tutto il mondo (da New York a Shanghai, passando per Mosca) e sui profili qualificati.
Berto's, che opera nel settore delle cucine professionali, vende in più di 90 Paesi del mondo realizzando l'80% del fatturato fuori dai confini nazionali.
Fiemme 3000 invece produce e commercializza pavimentazioni in legno e dal 2008 ha cambiato completamente rotta, puntando sulla formazione dei rivenditori e sulla comunicazione, per focalizzarsi al massimo sul valore aggiunto del proprio prodotto.
Tre esempi virtuosi di come continuare a esistere e a crescere anche in questo momento non sia impossibile. E' sufficiente essere pronti, se necessario, ad abbandonare parte delle proprie certezze cercando di andare incontro nel modo più efficace possibile alle esigenze del mercato. Senza limitarsi ad aspettare di uscire dalla crisi perché, come ha giustamente affermato Davide Gabrielli, direttore marketing e commerciale Fiemme3000, "la crisi non è una galleria da cui prima o poi si uscirà".
Serena Piazzi

L'urgenza di intraprendere delle azioni mirate nel più breve tempo possibile si legge anche in alcuni numeri presentati da Emiliano Novelli, presidente Gruppo Giovani Imprenditori Assolombarda. "Il 44% dei nostri giovani è ancora alla ricerca del posto fisso e di un buono stipendio, l'8% di loro non ha mai sentito parlare di Expo, le aziende in cui preferibbero lavorare i ragazzi italiani sono Google, Apple, Facebook, Bayer - ha affermato Novelli -. Le PMI non vengono nemmeno prese in considerazione ed è significativo: se non riusciamo nemmeno a essere appealing per i nostri talenti, come possiamo esserlo all'esterno?".
Strategico per recuperare la competitività del Paese e il potenziale del Sistema Italia è il ruolo dei KIBS (Knowledge Intensive Business Services), come ha messo in luce l'intervento

Le 800 imprese italiane che lavorano nel settore della conoscenza, dagli Istituti di ricerca alle società di consulenza, riunite sotto l’acronimo KIBS rappresentano un comparto strategico per interpretare il Paese, analizzarlo e rilanciarlo. "Intervenendo in tutte le fasi della catena di costruzione di valore - ha dichiarato Pessato - i KIBS non solo contribuiscono alla competitività delle imprese italiane, ma ne promuovono anche la capacità innovativa e lo sviluppo tecnico e manageriale".
Nonostante i dati Istat del primo semestre 2014 fotografino il nostro come un Paese dalla ridotta capacità economica, poco attraente per gli investitori e dai consumi stagnanti, l’Italia mostra ancora segnali di vitalità sia per quanto riguarda l’export (nei primi mesi del 2014 si osserva, rispetto allo stesso periodo del 2013, un aumento della quota italiana sul totale delle esportazioni intra-Ue, dal 7,3% al 7,4%) che per quanto riguarda il turismo.
Il settore della conoscenza in questo contesto può intervenire attivamente: secondo i dati macroeconomici di Eurostat, rielaborati da Assirm, è dimostrato che all’aumentare dei KIBS aumenta il PIL, un dato che, secondo Pessato, non si può sottovalutare: "Tutte le imprese del comparto possono e vogliono partecipare attivamente a generare sviluppo di qualità e ripresa del Paese". L’export, il turismo e i consumi interni sono gli obiettivi per il rilancio.
A partire da cosa? Dal nation branding e del made in Italy che, in occasione di Expo 2015 avranno una vetrina di portata internazionale. "Il nodo da sciogliere - ha concluso Pessato - è quello di lavorare attivamente a un brand Italia che non passi solo dalla moda, il design e l’alimentare, ma che coinvolga anche gli altri settori d’eccellenza italiana: dalla meccanica alla robotica, dai mezzi di trasporto alla chimica, dal tessile ai mobili".

"E' vero che l'Italia è uno stivale che corre, ma bisogna metterci le gambe!", ha chiosato Carmi. Eppure, gli esempi di imprese che corrono non mancano. Tre quelli presentai al convegno: InJob, Berto's e Fiemme 3000.
InJob, nata a Verona nel 2001 come agenzia per il lavoro, si è trasformata in una talent search company internazionale, con focus e sedi in tutto il mondo (da New York a Shanghai, passando per Mosca) e sui profili qualificati.
Berto's, che opera nel settore delle cucine professionali, vende in più di 90 Paesi del mondo realizzando l'80% del fatturato fuori dai confini nazionali.
Fiemme 3000 invece produce e commercializza pavimentazioni in legno e dal 2008 ha cambiato completamente rotta, puntando sulla formazione dei rivenditori e sulla comunicazione, per focalizzarsi al massimo sul valore aggiunto del proprio prodotto.
Tre esempi virtuosi di come continuare a esistere e a crescere anche in questo momento non sia impossibile. E' sufficiente essere pronti, se necessario, ad abbandonare parte delle proprie certezze cercando di andare incontro nel modo più efficace possibile alle esigenze del mercato. Senza limitarsi ad aspettare di uscire dalla crisi perché, come ha giustamente affermato Davide Gabrielli, direttore marketing e commerciale Fiemme3000, "la crisi non è una galleria da cui prima o poi si uscirà".
Serena Piazzi