Relazioni Pubbliche
Corporate reputation: gestione più complessa, 12 step per la salvaguardia
Si consolida nel tempo ma
può essere distrutta in un attimo: la reputazione di un'azienda è preziosa ma
fragile, ed è di vitale importanza che un'azienda sappia rispondere in maniera
veloce e precisa agli eventi che la possono mettere in pericolo. In uno scenario
sempre più complesso, la questione diventa cruciale, se si considera che il 79%
delle aziende leader nel mondo ha visto intaccata la propria reputazione negli
ultimi 5 anni. È dedicato al tema il volume "Corporate Reputation" di
Leslie Gaines-Ross, chief reputation strategist
Weber Shandwick Worldwide (nella foto),
che ha incontrato la stampa oggi, 12 marzo 2008, a Milano. Il sottotitolo
dell'opera, "12 steps to safeguarding and recovering reputation", suggerisce
l'impostazione pratica, da manuale che vuole fornire, anche attraverso
l'illustrazione di best practice, un metodo per i vertici aziendali alle prese
con l'esigenza di difendere o ricostruire la reputazione.
"Anni fa, per proteggerla si faceva ricorso a una massiccia campagna advertising – ha detto Gaines-Ross -, ma oggi le cose sono più complesse, per diversi fattori. Nel panorama mondiale si assiste a fusioni e acquisizioni, che modificano il volto delle aziende; il mondo dell'informazione è molto sensibile alle notizie relative al business e all'economia; l'avvento delle nuove tecnologie rende difficile controllare il diffondersi di informazioni potenzialmente dannose. Non a caso Google è da alcuni definito un 'sistema per la gestione della reputation'". Altri elementi che possono incidere sono la reputazione del paese in cui un'azienda opera, gli eventi negativi che possono coinvolgere altre imprese dello stesso settore merceologico, ma anche la minore stabilità dei vertici aziendali: la ricerca "Ceo Departures" di Weber Shandwick mostra infatti che nel 2007, presso le 500 aziende top al mondo secondo Fortune, è cresciuto del 10% il numero dei ceo allontanati.
Se è facile cadere, è più difficile la ripresa: un'altra ricerca internazionale di Weber Shandwick, "Safeguarding Reputation", rivela che le aziende coinvolte impiegano in media 3,5 anni per ricostruire la propria reputazione, e che solo il 48% delle aziende è pronto a fronteggiare un eventuale danno. Elementi che possono proteggere da una crisi sono, fra gli altri, la soddisfazione dei consumatori, l'alta qualità dei prodotti e la comunicazione efficace. Se il danno, però, è ormai fatto, si può rimediare attraverso le quattro fasi, per complessivi 12 step, in cui si articola il metodo proposto da Gaines-Ross. Nella prima fase, quando la crisi esplode, è importante che a esporsi in prima persona, assumendosi in pieno la responsabilità di quanto accaduto, sia il ceo, che deve rappresentare il 'volto' dell'azienda. Fin dall'inizio, poi, bisogna garantire un flusso continuo di comunicazione. In una fase successiva, l'azienda deve analizzare nel dettaglio cosa è successo e monitorare costantemente la situazione, attraverso le ricerche. Quindi è importante identificare i segnali di pericolo che potevano essersi palesati, senza essere interpretati come tali.
In tutto il processo, poi, le imprese devono fare i conti con la necessità di imparare a gestire i canali legati ai nuovi media, come i blog, i siti web, il word of mouth, che possono amplificare insoddisfazioni e critiche fino a farle rimbalzare sui giornali. Alla ricostruzione della reputazione si arriva attraverso una serie di piccoli step, in un processo a lungo termine: da qui il consiglio dell'autrice di impegnarsi per una maratona, piuttosto che per uno sprint. Le aziende dovranno poi, per il futuro, costantemente concentrarsi nello sforzo di minimizzare i fattori che possono mettere a rischio la reputazione.
Al volume, disponibile su Amazon.com e BarnesandNoble.com, è dedicato anche il sito www.corporatereputation12steps.com
Claudia Albertoni