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WPP: Moody’s ‘declassa’ il titolo, la scarsa trasparenza della vicenda e la caccia al nuovo Ceo. Il giudizio di Maurice Lévy su Sorrell: “Un grande imprenditore, ma non un grande uomo”

Nonostante la notizia del declassamento da parte di Moody’s, ieri il titolo WPP ha ripreso leggermente quota. Intanto ci si continua a domandare quale sarà il futuro della holding e il Guardian pubblica un’analisi sul valore degli asset e i possibili vantaggi per gli azionisti derivanti dalla vendita ‘spacchettata’ dei diversi asset del Gruppo. Parte ufficialmente la ricerca di un nuovo Ceo per sostituire Sir Martin Sorrell, la cui uscita in seguito all’indagine sulla sua ‘condotta impropria’ provoca richieste di chiarimenti e dà adito a speculazioni sulle reali ragioni dell’accaduto. Intanto Maurice Levy rende omaggio al vecchio ‘nemico’: grande rispetto per l’imprenditore, meno per la sua personalità e i suoi comportamenti.

A tre giorni di distanza dalla notizia che ha scosso il mondo dell’advertising, analisti, osservatori, manager e clienti continuano a interrogarsi su come e quanto le cose cambieranno, per WPP e per l’intera industry, seguendo giorno dopo giorno e quasi ora dopo ora le – poche – notizie che rimbalzano sui diversi media.
La prima riguarda – e non potrebbe essere altrimenti – l’andamento del titolo borsistico, che dopo un calo di quasi il 7% lunedì, nella giornata di ieri ha ripreso leggermente quota risalendo del 2%.

Nonostante ciò, Moody’s, una delle principali agenzie di rating, ha declassato l’outlook della holding company da ‘stabile’ a ‘negativo’, motivando tale decisione con il rischio di uno ‘spezzatino’ (come abbiamo scritto ieri: leggi news), la potenziale perdita di clienti e performance di livello inferiore rispetto a quelle delle holding concorrenti (Omnicom, IPG e Publicis Groupe).

Secondo Moody’s, l’uscita di Sorrell è arrivata in un momento in cui il Gruppo sta affrontando numerose sfide operative – “L’attuale disruption che stiamo attraversando sta semplicemente mettendo troppa inutile pressione sul business”, queste le parole usate da Sir Martin nel suo messaggio di commiato al personale WPP –, introducendo incertezza sulle sue strategie future. Non a caso, ricorda ancora Moody’s, già lo scorso anno la holding aveva preannunciato una crescita inferiore alle sue stesse previsioni fino a presentare lo scorso marzo il suo peggior report annuale dal 2009, l’anno di recessione seguito alla vicenda Lehman Brothers. Tanto è vero che nel corso del 2017 WPP ha visto il suo valore di mercato crollare di quasi un terzo. Il valore degli asset

Secondo un calcolo riportato ieri dal Guardian, le ragioni alla base di un possibile ‘break up’ della holding dal punto di vista finanziario sono chiarissime. Il business di WPP è composto infatti sostanzialmente da 4 macro-aree:

1. Advertising (JWT, Ogilvy, Young &Rubicam, Grey) e Media Buying (MediaCom, Mindshare, Wavemaker ed Essence): che lo scorso anno hanno generato il 46% delle revenue del Gruppo e quasi il 50% dei suoi profitti. La vendita di questi asset potrebbe generare più di 11 miliardi di sterline.

2. Relazione Pubbliche e Public Affairs (che includono, fra le altre, Burson Marsteller e Cohn & Wolfe – delle quali è recentemente stata annunciata la fusione –, Hill &Knowlton, Buchanan, Clarion e Ogilvy PR, che vale circa il 7,7% delle revenue e l’8% dei profitti. Dalla sua vendita gli azionisti di WPP poterebbero ricavare circa 1,4 miliardi di sterline.

3. Market Research (che comprende istituti come Kantar e Millward Brown), che genera il 18,5% delle revenue e il 15% dei profitti. Il suo valore sul mercato potrebbe avvicinarsi ai 3,5 miliardi di sterline.

4. Branding (Fitch e Coley Porter Bell), Healthcare (GCI, Sudler &Hennessey, Common Health) e Specialist (all’interno dei quali sono comprese le attività digital come quelle di Wunderman, VML, AKQA). Il loro contributo alle revenue totali della holding è di circa il 28%, così come dei profitti (27,5% del totale. La
stima di una loro cessione è fra gli 8 e i 10 miliardi di sterline.


A queste va aggiunta una quinta area, che gli analisti definiscono un ‘tesoretto nascosto’, relativa agli Altri Investimenti effettuati da WPP sotto la guida di Sorrell (fra i quali quote nel gruppo Vice Media e in quello software Globant), che sono valutati nella contabilità di WPP per circa 2,2 miliardi sterline, ma il cui valore effettivo potrebbe essere secondo gli analisti almeno tre volte superiore: generando quindi dalla loro vendita all’incirca altri 6 miliardi di sterline.

In totale, quindi, il famoso ‘spezzatino’ potrebbe valere più di 22 miliardi di sterline, pari a 17 sterline per ogni azione posseduta dagli shareholder, e quindi ben più delle 11 sterline circa cui il titolo si avvicina in questo periodo e della capitalizzazione complessiva di 15 miliardi di sterline.

Quali potrebbero essere gli eventuali acquirenti dei diversi asset?

I ‘sospetti’ si concentrano sulle grandi società di consulenza come Accenture o Deloitte e sulle holding rivali. Anche se a questo proposito, il CEO di Omnicom, John Wren, rispondendo a una precisa domanda in proposito nel corso della call con gli analisti per la presentazione dei dati trimestrali, ha chiarito che la sua società non è attualmente interessata all’acquisizione di alcuno degli asset WPP.

Le ragioni della ‘continuità’ e la ricerca di una nuova leadership
Secondo Brian Wieser, senior analyst di Pivotal Research, specializzato nel settore della comunicazione, l’uscita di Sorrell non costituisce una ragione sufficiente a declassare il titolo e ha confermato in una nota le sue stime sul prezzo del titolo e il rating di ‘buy’.

È ancora presto per esprimersi sul futuro di WPP – spiega Wieser –, perché ci sono diverse possibili strade che la società potrà decidere di percorrere. Le diverse business unit che compongono la galassia WPP, per cquanto più frammentata rispetto a quella delle holding concorrenti, potranno continuare a funzionare seguendo i rispettivi business plan, sfruttando le funzioni centralizzate di back office per continuare a migliorare i propri margini. I suoi asset sono e restano fra i migliori del mercato: dalla proprietà di Kantar al focus sulle tecnologie digitali fino a un mix geografico superiore a quello dei competitor. Tutto dipenderà da chi prenderà in mano le redini del Gruppo in maniera definitiva: insieme al nuovo management, sostiene Wieser, “è possibile che arrivino anche nuove idee capaci di consentire alla holding orfana di Sorrell il ‘rimbalzo’ che ci aspettiamo”.

A proposito del nuovo, futuro CEO, WPP, pur se abituata a gestire internamente la ricerca e selezione dei propri manager, si è affidata in questa occasione a un ‘cacciatore di teste’ esterno, fatto più unico che raro: la società incaricata è Russel Reynolds di New York, che lavorerà a stretto contatto con Frances Illingworth, Global Head of Recruitment di WPP.

 

Le polemiche per la poca trasparenza. Il giudizio di Maurice Lévy

L’andamento dell’intera vicenda sta suscitando polemiche e speculazioni su come siano andate effettivamente le cose. Ricordiamo che Sorrell era stato oggetto poche settimane fa di un’investigazione per ‘condotta impropria’, affidata a uno studio legale esterno a WPP, cui era stato dato ampio risalto sui media. Le dimissioni di Sir Martin, arrivate improvvisamente sabato sera, prima che le conclusioni dell’indagine fossero rese pubbliche, hanno destato scalpore. Ufficialmente, infatti, Sorrell si è dimesso e potrà quindi godere nei prossimi 5 anni di bonus legati alle performance del Gruppo WPP per un totale fino a 20 milioni di sterline. Lo stesso Sir Martin si è inoltre dichiarato disponibile ad assistere il suo successore nei prossimi mesi. Non sembrerebbe, pertanto, la situazione di un manager che viene ‘allontanato’ per aver commesso qualcosa ai danni della società per cui lavorava.

Alcuni azionisti e perfino il leader del partito Liberal Democratico inglese, Sir Vince Cable, hanno però lamentato la scarsa trasparenza con cui è stata gestita la situazione, richiedendo a WPP di chiarire l’esito dell’indagine su Sorrell e di non insabbiarne i risultati: la risposta ufficiale della holding è stata che
“L’investigazione si è conclusa, Sir Martin Sorrell si è dimesso, e WPP non intende commentare ulteriormente la cosa”.

Anche Maurice Lévy, già Ceo e Chairman di Publicis, dove oggi ricopre la carica di Chairman del Supervisory Board del Gruppo, ha fatto riferimento alla poca chiarezza della vicenda rendendo, a modo suo, omaggio a Sorrell: “Sono rattristato dalle dimissioni di Sir Martin Sorrell nel mezzo di un’indagine per condotta impropria – ha dichiarato –. Senza alcun dubbio Martin ha costruito la WPP che tutti conosciamo: la più grande società di advertising al mondo e una concorrente fiera e combattiva. Nonostante sia stato occasionalmente carente di lungimiranza, resto dell’idea che abbia plasmato un Gruppo di classe mondiale. È risaputo che la nostra relazione è stata difficile, ma ho sempre avuto il massimo rispetto per l’imprenditore e il CEO: ha sempre avuto una ferrea volontà di vincere, e ciò a reso ogni gara fra di noi estremamente interessante e sfidante”.

“Per contrasto – ha proseguito però Levy – avrei molte difficoltà a dire la stessa cosa della sua persona e dei suoi comportamenti, per episodi che la stampa ha raccontato in molte occasioni. Auguro comunque buona
fortuna a lui e a tutte le persone di WPP in questo momento difficile”.

 

Tommaso Ridolfi