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Webinar IAB Italia: verso una svolta epocale dell'adv digitale. Nell'era post cookies advertiser e publisher chiamati a ripensare i propri modelli. Necessario partire già da ora a testare le soluzioni alternative

E' quanto emerso dall'incontro dal titolo Cookies: from Hero to Zero” organizzato online dall'associazione lo scorso 16 giugno per comprendere lo scenario post cookies attraverso gli interventi delle principali aziende del settore: Adform, Flashtalking, Intarget, OneTrust, Pubmatic, Teads, Verizon, Weborama, Xandr.

Il 2021 sarà uno spartiacque per la pubblicità online. Arrivare preparati al tramonto dei cookie di terza parte sarà fondamentale per continuare a sviluppare campagne efficaci, in grado di raggiungere un pubblico vasto e profilato. Durante la Plenaria di IAB Italia ‘Cookies: from Zero to Hero’, sono state ripercorse storia e funzioni del cookie con alcune delle aziende leader del mercato.

cookies

A introdurre gli speech, moderati da Alfonso Mariniello di Xandr, il discorso di Aldo Agostinelli (foto sopra), Vice Presidente IAB Italia, il quale ha chiarito la posizione di IAB nei confronti dell’evoluzione tecnologica. “Ovviamente, siamo assolutamente favorevoli, ma siamo contrari al monopolio, in uno scenario in cui Chrome ha quasi il 90% del mercato. La storia ci insegna che la democrazia c’è quando esiste una pluralità di soggetti. In questo momento non è così”.

La preoccupazione per l’abolizione dei cookie di terza parte nasce dalla consapevolezza che la mancanza di un sistema di tracciamento metterà in difficoltà tutto il mondo di publisher che oggi resiste e rappresenta in maniera trasversale contenuti di qualsiasi genere e che faranno sempre più fatica a sostenersi”.

A ciò, si aggiunge un’altra considerazione sulle abitudini degli italiani. “Noi italiani siamo molto legati al ‘free of charge’, non vogliamo pagare per i contenuti e abbiamo tassi di registrazione di acquisto dei paywall tra i più bassi nel mercato europeo. Non siamo sensibili a questo tema e ciò rende ancora più duro il momento per l’industry digitale che, nella raccolta, si sostiene sul 25% sul totale della pubblicità. La nostra preoccupazione come IAB è che questo momento ‘cookie zero’ possa andare a colpire ancora di più questa quota”.

Cosa sono i cookies, invece, lo spiega bene Andrea Marcante, Managing Director in:tech, partendo dalle basi.

“I coockie non nascono per scopi pubblicitari, ma per ragioni tecniche. In sintesi, sono piccoli blocchi di dati creati da un webserver mentre un utente sta navigando su un sito.
Posso essere cookies di sessione, che esistono temporaneamente in memoria finché un utente sta navigando oppure cookies persistenti, i quali hanno una durata definita e vengono inviati al server ogni volta che l’utente naviga il sito o che vede una risorsa relativa a quel sito (ad esempio, un annuncio pubblicitario)”.

In seguito sono stati usati a scopi pubblicitari, sono state arricchite le informazioni presenti in nei cookies aggiungendo anche l’identificativo dell’utente. “Un’informazione che è diventata importante per l’advertiser, perché quel cookie posso usarlo anche per altri siti”.

Qual è la differenza tra cookies di prima parte e cookies di terza parte?
Il cookie di prima parte raccoglie informazioni che possono essere inviate al proprietario legale del sito. Possono conservare informazioni sull’inizio della visita sul sito,sull’autenticazione, su dati di tracciamento analitici che però non traccino l’IP (l’indirizzo di provenienza del device dell’utente).

Il cookie di terza parte, invece, sono da sempre il cardine dell’audience addressability. Inviano le informazioni a parti terze che sulla base di queste indicazioni creano pubblicità mirate fuori dai confini del sito che l’utente ha visitato. In sostanza, permettono un tracciamento della storia della navigazione dell’utente tra siti diversi e il proprietario del sito visitato non può avere il controllo dell’utilizzo di questo tracciamento.

Bloccare i third party data non vuol dire solo eliminare la possibilità di poter tracciare il percorso che il singolo utente fa sul web (l’impronta che ognuno di noi si lascia dietro ogni qual volta visita un sito web) e quindi rendere le inserzioni più personalizzate e non ridondanti, ma addirittura delimita anche le capacità di acquisto su certi spazi. Un settore cresciuto “a pane e cookie”, abituato a targettizzare l’audience attraverso le impronte lasciate online dai consumatori è chiamato ora a ripensare totalmente i propri modelli e implementare nuove soluzioni capaci di targettizzare l’audience, erogare le campagne e misurarne l’efficacia.

“Il centro del problema di oggi sono i cookies di terza parte. Il problema della loro eliminazione comporterà una grande perdita di informazioni importanti per il settore pubblicitario per fare campagne mirate di retargeting, remarketing e così via. Il punto, è trovare, oggi, una soluzione tecnologica che ‘superi’ i cookies. Credo che una rete diversificata sia fondamentale per ‘un futuro cookieless’ e credo che sia importante lavorare già sui cookies di prima parte per segmentare l’audience già in partenza”.

 

Davide Corcione

Davide Corcione (foto sopra),  Country Manager Adform Italia parla invece delle prime restrizioni sull'uso dei cookie di terza parte da parte di Safari e Firefox.

“Safari lavora sulla privacy dal 2017, Firefox l’ha seguito dopo qualche anno. Messi assieme rappresentano il 20% del totale del mercato e già oggi questi browser bloccano i cookies di terza parte e mettono anche paletti su quelli di prima parte. Ciò significa che il 20% del traffico, oggi, non ha già cookies di terze parti. E significa che nel processo di programmatic buying oggi il 20% del traffico che può essere comprato è ‘blind’. Non sembrano grandi cifre, ma in realtà è una fetta sostanziale e importante, perché ci permette di studiare come potrebbe essere un futuro senza cookies proprio grazie a queste case histories”.
Il fatto che manchi il fattore identificativo ha, infatti, forti ripercussioni sul mondo pubblicitario. “Il mondo della pubblicità gira intorno ai concetti di reach & frequency che non si può attuare. Ciò va a limitare l’attività di cross publishing e chiude la possibilità di lavorare su modelli di attribuzione perché non ci sono dati e non si può fare retargeting. Allo stesso tempo, potenzialmente si rischia di esporre l’utente sempre alla stessa adv”.

Quando Google deciderà di implementare la propria privacy cosa succederà? “Sarà ancora peggio, cambierà le regole del mercato. Dobbiamo essere vigili e fare in modo che le regole valgano per tutti e non solo per alcuni per non finire nel 1984 di Orwell. Noi come Adform lavoriamo molto con i nordici, dove il traffico blind arriva anche al 50%. La soluzione l’abbiamo trovata nel lavoro sui cookies di prima parte. Abbiamo già creato i primi esempi di retargeting raggiungendo ottimi risultati”.

Google, nel 2022 dirà addio ai cookie di terze parti su Chrome. Una mossa simile a quanto fatto in passato da Safari e Firefox, ma di certo con una portata e un impatto sul settore della pubblicità molto più forte. Basta ricordare che in Italia il browser Chrome rappresenta oltre il 90% del mercato online. La mossa di Google raggiunge molti più consumatori: si va veramente verso una rivoluzione epocale dell'ecosistema. Pertanto, chi paragona l’ultima mossa di Google a quella fatta in precedenza da altri dovrebbe inserirla all’interno di questo contesto per capirne pienamente l’impatto. Per decenni, infatti, gli inserzionisti hanno fatto affidamento sui cookie per tracciare gli utenti sul web e categorizzarli con annunci pubblicitari. Tutta la filiera dell’adv digitale – dalle agenzie media, alle web agency, fino agli editori e agli inserzionisti – basa la propria offerta sui cookie di terze parti. Si parla di centinaia di piccole aziende che insieme – pur rappresentando solo una piccola parte del mercato dell’adv online (gli OTT in Italia detengono oltre il 78%) hanno un impatto occupazionale ed economico importantissimo per lo sviluppo della industry.

 

Coccia

 

L’era post cookie: una strada ancora da tracciare

Sul mercato esistono già delle alternative tecnologiche in grado di superare le limitazioni connesse al blocco dei cookie come evidenziato da Cristian Coccia (foto in alto), Regional VP, Southern Europe and MENA PubMatic: dalle soluzioni basate sulla creazione dei cosiddetti identificativi (ID deterministici, probabilistici e combinati), al targeting contestuale (attraverso i segnali contestuali) fino ad arrivare alla Sandbox proposta da Google. La prima si riferisce alle tecnologie che funzionano se un utente è loggato su un sito web. Questo approccio risolverebbe sia il problema della profilazione sia quello della frequenza. Naturalmente funziona al meglio laddove ci sono i giusti volumi, creando un vero e proprio pool di ID. La soluzione è però al limite, perché parte dal presupposto che tutti i siti web debbano poter avere la registrazione dell’utente, mentre sappiamo che non è così. La pubblicità contestuale, cioè basata sul contenuto della pagina visitata dall’utente in quel momento, è già possibile ora. Questo vuol dire focalizzare l’erogazione pubblicitaria sul “qui ed adesso” seguendo il contenuto che l’utente sta visionando sul web in un preciso momento, profilandolo per la pagina che sta visitando. Con questa soluzione è più facile raggiungere bacini di utenti maggiori ma resta complicato profilare l’utente e verificare la sua frequenza di esposizione ad una creatività. La terza opzione è la “Privacy Sandbox di Google”. Con una modifica tecnica inserita in Chrome, il browser osserva l’utente nella sua navigazione web e con un algoritmo interno (senza quindi dover scambiare info con l’esterno come avveniva con i cookie) inserisce l’utente in una o più categorie di interesse. Cioè di nuovo costruisce un profilo dell’utente con la differenza che non è una profilazione sul singolo utente, ma tramite le cosiddette Coorti, ossia classi di gruppi. Per utilizzare tale opzione, gli operatori del settore dovranno integrarsi con la Sandbox di Google e modificare le proprie tecnologie così da poter leggere in tempo reale le info degli utenti naviganti. A prima vista sembra la soluzione ideale, ma scegliere questa opzione vuole dire per il mercato legarsi completamente a Google. I cookie delle terze parti venivano controllati dai singoli operatori, così invece si dipende totalmente da una blackbox dove Google è l’unico a poter controllare le funzionalità.

 

Antonella La Carpia, Teads

 Non si può nascondere che tra editori e advertiser esiste una certa preoccupazione sull'impatto che i nuovi scenari cookiless potranno avere, ad esempio, su targeting, delivery di campagne, reporting e misurazione. E' quando emerso da un'indagine effettuata da Teads. Del resto, ha spiegato  Antonella La Carpia (foto sopra), Global VP Marketing Teads "il  mondo del programmatic subirà impatti considerevole in ambitop PSP , il 75% dele  campagne rischiano di essere impattate in ottica performance e il 52% delle revnue globali dei publisher potrebbero di subire una compressione in termini di opportunità di monetizzazione".

 

Sperimentare ed aprirsi alla collaborazione 

In questa fase di transizione, pertanto, la chiave è testare più soluzioni possibili e avere un approccio ibrido, così da trovare una chiave di lettura la più completa e scalabile possibile. Inoltre, se il mercato inizia a implementare varie soluzioni, inevitabilmente queste ultime vengono migliorate grazie ai riscontri sul campo che i vari player potranno riferire durante il loro utilizzo.

Chiudere i cookie di terze parti da parte di Google ha ripercussioni molto ampie sul mercato dell’adv digitale che si trova davanti a una svolta epocale. La riservatezza dei dati degli utenti è centrale da sempre per IAB e i suoi soci, ma la soluzione deve essere comune e condivisa e dove “le autostrade digitali” siano fruibili da tutti per permettere di far prosperare sia piccoli sia i grandi operatori del comparto. Non solo, la maggior parte delle informazioni online sono accessibili in maniera gratuita grazie alla pubblicità online. Senza la prosperità e diffusione di quest’ultima anche i contenuti web saranno tutti a pagamento e la conoscenza meno inclusiva e alla portata di tutti come la conosciamo oggi.

Come ha sottolineato Antonella La Carpia, Global VP Marketing Teads, serve una promessa responsasbile del settore, che si impegna a  promuovere un ecosistema pubblicitario media sostenibile , finanziando e supportando un giornalismo di qualità e collegando rispettosamente i brand ai consumatori. Il mondo cookieless apre a una serie di riflessioni sulla necessità di una crescente attenzione alla privacy degli utenti e di misurare l'impatto che il mondo dei media può avere sull'ambiente. Due macro aspetti che possono essere favoriti dalle potenzialità offerte dalle tecnologie, che propongono nuovi paradigmi facili da implementare. Il mondo cookies, infatti, utilizzando un'unica tipologia di dato, impatterà in modo più leggero e semplificato sul dispendio di energia necessaria per erogare una campagna pubblicitaria, a favore dunque di un ecosistema più sostenibile.