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IF! Italians Festival. Il branded content, un 'sistema virtuoso' e una sfida per raccontare le marche in modo creativo e metterle in relazione con gli utenti

Partendo dall'utilizzo sempre più frequente delle social star nei messaggi di brand, Laura Corbetta (OBE), Karim Bartoletti(Indiana Production), Marianna Ghirlanda (Head of Creative Agencies Google) e Casa Surace hanno discusso sul fenomeno 'branded content & entertainment'. Come sottolineato dal presidente dell'OBE, si tratta di una leva al pari livello dell'adv, che presidia tutti i touchpoint grazie a una natura editoriale crossmediale, diventando una grande opportunità di comunicazione integrata per le aziende.

'Il cliente, l'agenzia e le social star: il branded content mette tutti d'accordo? , questo il tema attorno al quale il 29 settembre hanno discusso a IF! Italians Festival, Karim Bartoletti (Partner/Executive Producer Indiana Production), Laura Corbetta (Presidente dell’Osservatorio Branded Entertainment), Marianna Ghirlanda (Head of Creative Agencies Google) e  Casa Surace in un dibattito moderato da Massimo Sommella (Managing Editor di Ninja Marketing).

L'incontro è stato anche l'occasione per intervistare in maniera approfondita Corbetta, il presidente dell’Osservatorio Branded Entertainment, per fare il punto sulle attività dell'organismo. 

Punto di partenza della discussione, la consapevolezza che con l’attenzione del consumatore sempre più difficile da catturare, i brand cercano nuovi modi per intrattenere il proprio pubblico e allo stesso tempo veicolare un messaggio confezionato in virtù degli obiettivi di business.

Chi meglio delle social star, seguitissime soprattutto dai più giovani può assolvere al difficile compito di creare un contenuto interessante, condivisibile e che, allo stesso tempo, risuoni con il brand? 

"Certamente la scelta degli influencer può risultare efficace per un brand che decide di legarsi a un volto noto e apprezzato dal pubblico che ne diventa una sorta di portavoce - ha commentato Corbetta - ma è fondamentale che l'utente che fruisce il video sia consapevole quando si trova davanti un messaggio promozionale e quando invece un semplice video di contenuto".

"Nel mole di video che circolano sul web - ha sottolineato la manager - è difficile valutare se quel contenuto di brand sia un'operazione commerciale realizzata per pubblicizzare un prodotto attraverso la scelta di un influencer o se si tratti di un semplice contenuto video" ha aggiunto la manager - . In tv, invece, la natura promozionale di una comunicazione video è evidente dalle scritte che appaiono in sovraimpressione che precisano si tratta di un messaggio pubblicitario". Proprio su questa questione è attivo l'OBE, che sta definendo una normativa adeguata. 

"In una comunicazione digitale e video sempre più liquida - ha aggiunto Karim Bartoletti - i confini tra la comunicazione commerciale e non sono sempre più sottili e difficili da identificare". 

Aldilà dell'utilizzo degli influencer per l'adv di brand, che spesso risulta una strategia efficace per marche e prodotti, è fondamentale, ha sottolineato Corbetta "distinguere in maniera chiara il branded content & entertainment".

"L'OBE lavora per accreditare e consolidare l'idea che il brand entertaiment sia una leva di comuinicazione al pari dell'adv, delle sponsorship, del placement, distinguendosi per la modalità che la caratterizza, ovvero la presenza di un'azienda che finanzia un prodotto editoriale, sia esso una produzione originale o una brand integration evoluta, per raccontare valori e attributi della marca. Una formula editoriale che ha una forte valenza intrattenitiva e che si rivolge a precise audience di riferimento guidate, nella fruizione, da un forte interesse per quei contenuti".

"Il brande content  per l'OBE riguarda in maniera precisa la produzione di contenuti inerenti un brand e distribuiti sia sulle sue properties che più in generale sui social media"  ha precisato Corbetta, che ha proseguito: 

"Il brand entertainment con tutte le sue peculiarità, chiama in causa una serie di questioni sulle quali l'Osservatorio è al lavoro. La prima è di carattere regolamentare: "oggi la disciplina sul brand entertainment è ricompresa nella normativa sul placement televisivo - osserva Corbetta - ormai inadeguata a riflettere una leva di comunicazione così evoluta come il brand entertainment. Altra tematica riguarda le piattaforme distributive dei contenuti di brand, che possono essere gestite direttamente da youtube e facebook o avvenire tramite un broadcaster o una concessionaria. Infine, i processi creativi per la produzione di contenuti di brand richiedono professionisti con competenze specifiche che non sempre il mercato possiede. Non dimentichiamo che il branded content&entertainment - ha aggiunto Corbetta -  mette al centro il racconto di una marca che decide di rivelare se stessa e i suoi valori, avvalendosi di un approccio più strategico che tattico, decisamente diverso da obiettivi e linguaggi della comunicazione commerciale". 

A riguardo Bartoletti ha sottolineato come " anche e soprattutto sul digitale il contenuto di brand o pubblicitario, resta al centro e chi lo crea o produce deve modellarlo sulla base delle piattaforme di riferimento sulle quali viene diffuso. L'influencer può risultare una scelta efficace in termini di visibilità del messaggio e awareness di marca, ma non basta come veicolo distributivo". 

Casa Surace ha invece raccontato come il proprio modello narrativo sia risultato vincente perchè capace di coinvolgere i brand con formule che risultano engaging senza snaturare però il format di partenza.

Infine, Corbetta ha tracciato ad ADVexpress le prossime sfide del brand entertainment: "E' importante che sempre di più i brand lo approccino come una nuova leva di comunicazione  che consente loro di crescere, sia in termini di efficienza ed efficacia che a livello strategico  e creativo. Un brand che investe sul brand entertainment rivela la volontà di lavorare sulla marca e su asset come l'awareness, la reputation, la consideration e non tanto quelli della performance di bunsiness. Allo stesso modo, l'industry che supporta i marchi nella realizzazione e produzione di questo tipo di contenuti deve avere le competenze e la consapevolezza che si tratta di un lavoro da svolgere a quattro mani con l'azienda. Il  terzo player in gioco, la distribuzione, deve saper valorizzare al meglio ciascun contenuto veicolandolo sui canali migliori, seguendo un logica diversa da quella dei palinsesti e delle piattaforme che li ospitano, perchè in questo caso si parla di editoriali significative. Insomma, il branded content & entertainment genera un 'circolo virtuoso' attorno a un brand e alla sua comunicazione, che presidia tutti i touchpoints grazie a una natura editoriale crossmediale, lasciando spazio a un'estesione digital e social, fino a un evento sul territorio. Insomma, una grande opportunità di comunicazione integrata per le aziende".