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IF! Italians Festival. Per un branded content di successo serve la giusta collaborazione tra cdp, azienda ed editore, ma anche un po' di coraggio

Questo quanto emerso dalla tavola rotonda andata in scena a IF! che ha visto coinvolti Enrico Bertolino, Paolo Teoducci (Fondazione TIM) e Matteo Scortegagna (Zerostories), moderati da Alessandra Lanza. Al via un progetto di branded entertainment di Fondazione TIM dedicato al mondo della ricerca.

Si è parlato anche di branded content in occasione di IF! Italians Festival, manifestazione andata in scena al Teatro Parenti di Milano che vede tra i partner anche ADC Group

'Sovvertire il linguaggio dell'intrattenimento con l'aiuto dei brand' , questo il titolo della tavola rotonda che ha visto protagonisti Enrico Bertolino, Paolo Teoducci, Direttore generale di Fondazione TIM e Matteo Scortegagna, CEO&Founder Zerostories, moderati da Alessandra Lanza, Consulente Comunicazione, Comitato Organizzatore e Responsabile Contenuti IF!.

Punto di partenza della discussione un nuovo progetto di Fondazione TIM, realizzato in collaborazione con Zerostories e che coinvolgerà anche Bertolino, incentrato sui giovani ricercatori. Un format televisivo che nasce da un'esperienza di successo realizzata nei teatri e indirizzato in modo specifico ai giovani. "Cercheremo di raccontare l'esperienza di alcuni giovani ricercatori italiani e il programma sarà poi collegato a una piattaforma digitale che i ragazzi interessati a intraprendere questa carriera potranno consultare per scoprire di più dei profili di chi è già diventato ciò che loro ambiscono a essere", ha spiegato Teoducci. 

La realizzazione di progetti di questo tipo porta con sé numerose opportunità, ma ci sono anche delle difficoltà da superare. 

"C'è molta confusione sul tema e il nostro impegno va anche nella direzione di fare ordine nel settore -  ha affermato Scortegagna - . Il branded content è una nuova leva di comunicazione per le aziende, che lo possono utilizzare per comunicare se stesse evitando di ricorrere ai codici tipici dell'advertising televisivo, ma usando la tv o il digitale come piattaforme di distribuzione del contenuto. Si tratta di un contenuto con stilemi di intrattenimento al cui interno la marca racconta non solo se stessa e i suoi prodotti o servizi, ma anche e soprattutto i suoi valori di riferimento. Il consumatore, attraverso il branded content, ha l'opportunità di conoscere il progetto aziendale della marca in senso ampio".

In questo contesto, è possibile che nascano delle idee creative del tutto nuove. "Pensiamo a Carosello e a quanto abbia contribuito a rinnovare il linguaggio televisivo. Ecco, il branded content può fare lo stesso, consentendo di toccare ambiti inesplorati in termini creativi", ha detto Scortegagna. 

La difficoltà maggiore per realizzare un prodotto efficace è riuscire a coniugare la cultura della tv con quella dell'advertising. "Bisogna importare la capacià di leggere, trattare e raccontare la marca propria dei pubblicitari con la l'abilità di costurire uno storytelling forte dal punto di vista televisivo che caratterizza chi lavora in tv - ha sottolineato il Ceo di Zerostorie - . I prodotti migliori nascono proprio se funziona questa triangolazione tra casa di produzione che 'costruisce' il prodotto, azienda che crede in questa modalità di comunicazione ed editore che conosce palinsesto pubblico e linea editoriale. Bisogna imparare a mescolare competenze diverse trovando nuovi punti di incontro. Autori televisivi, produttori, ma anche planner. D'altra parte, è proprio mettendo in contatto professionalità differenti che si può generare un racconto con caratteristiche nuove". 

Certo, rispetto a uno spot televisivo un progetto di branded content si indirizza a un bacino più ampio, ma è in grado comunque di intercettare un target specifico. Il segreto sta nel realizzare prodotti che funzionino dal punto di vista dell'audience, ma anche del target. Tenendo presente che, se nel caso di uno spot è molto probabile che venga prodotto comunque, un'iniziativa di branded content potrebbe anche non partire perché certe volte non si riesce a identificare il giusto mix di elementi per un contenuto che funzioni in tv ma sia allo stesso tempo efficace per la marca. 

Tuttavia, il branded content, come ha messo in luce Bertolino, ha delle potenzialità notevoli apprezzate soprattutto oggi che la pubblicità in tv pare aver perso un po' del suo tradizionale appeal. "Oggi molte aziende si orientano verso forme nuove di comunicazione perché comprendono che gli spot classici sono meno efficaci di un tempo e che le persone sono più attratte da altre tipologie di racconto - ha detto Bertolino - . Naturalmente, per scegliere questa strada, le imprese devono anche avere il coraggio di mettersi in discussione, perché, soprattutto quando il tema oggetto dello storytelling non è di facile comprensione, come la ricerca scientifica appunto, giocare con l'ironia può essere una buona soluzione. Personalmente credo che ci sia molto spazio in tv per iniziative di questo tipo, ma occorre che i prodotti realizzati siano appealing. E poi, il branded content può non essere legato solamente al concetto di storytelling ma anche a quello, più recente, di microlearning. Perché non fare formazione con pizzico di allegria, utilizzando la tv?". 

Conditio sine qua non è un po' di coraggio da parte delle aziende nell'intraprendere una strada più innovativa e forse più tortuosa del classico 30 secondi. "Imprese e reti televisive dovrebbero avere un po' di lungimiranza per comprendere che il branded content non è una forzatura commerciale ma una nuova modalità di comunicazione che permette di dare vita a nuovi contenuti e nuova creatività, rafforzando le marche e dando nuova linfa ai palinsesti", ha affermato Scortegagna. 

Di questo è già convinto Teoducci che, in chiusura, ha invitato anche le altre Fondazioni a credere nel branded entertainement. "Se questa iniziativa avrà i risultati sperati in termini di audience e di ritorni sulla piattaforma digitale proseguiremo su questa linea anche negli anni a venire - ha detto il manager - . Mi auguro che anche altre Fondazioni intraprendano questa strada". 

Serena Piazzi