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Kantar Italia chiude il 2024 a 25 mln € di fatturato (+7%) e si riorganizza con le unit Brand Growth e Demand Growth. Capeci: “Un assetto consulenziale e strategico che dà ai clienti risposte vere, concrete e azionabili”

La company si è dotata di un nuovo assetto organizzativo focalizzato sulla crescita dei brand. E di un piano di sviluppo, da qui a 5 anni, che grazie ai consistenti investimenti in tecnologia e Gen AI (290 mln di dollari nell’ultimo triennio a livello globale), permetterà all’Istituto un ulteriore salto di qualità.

Nel 2024, Kantar Italia ha raggiunto oltre 25 milioni di euro di fatturato, con una crescita del 7% rispetto all’anno precedente e margini di profitto in aumento. Un andamento, ha sottolineato Federico Capeci, CEO Kantar Italia, nella conferenza stampa odierna, trainato dall'impatto generato per i clienti, piuttosto che dalla semplice fornitura di dati, confermando il ruolo di Kantar come partner strategico indispensabile. (Nella foto in alto Il board di Kantar Italia. In piedi da sinistra: Walter Caccia, Head of Brand Growth, Michela Russo, Head of Demand Growth, Gianluca Zani, CCO; seduti, da sinistra: Federico Capeci, CEO, Cristina Colombo, Client Impact Officer).

Le aree di maggior crescita includono:
Brand Strategy (+30%) – Area consulenziale per il posizionamento del brand.
Innovation (+16%) – Analisi dei bisogni e pre-test sui nuovi prodotti.
Analytics e modelli econometrici (+47%) – Crescita significativa in un’area prima dominata dai centri media.

Nel 2025, gli ordini nei primi due mesi sono già superiori del 10% rispetto all’anno precedente, confermando un trend positivo.

 

Un nuovo modello organizzativo e client-centric per la crescita dei brand

Introducendo il nuovo assetto della struttura, Capeci ha ribadito come al centro della trasformazione di Kantar ci sia da sempre il focus sul cliente: la company si è infatti attrezzata per rispondere alla domanda fondamentale dei CMO “come possiamo assicurare la crescita della nostra marca?”. A questo dilemma Kantar fornisce una soluzione che parte dalla comprensione dei bisogni dei consumatori, passa per l’individuazione dei pocket di crescita per i brand, e prosegue fino all’ottimizzazione di tutte le leve di marketing.

“Viviamo in un’epoca di disruption costante – ha affermato Capeci –, dove i brand devono trovare un equilibrio tra crescita di lungo periodo e performance immediata. Grazie alla nostra conoscenza dei consumatori, all’expertise e all’uso avanzato della tecnologia, supportiamo le aziende nella costruzione di strategie efficaci per il loro sviluppo. Il nostro obiettivo è trasformare i dati in azioni concrete, accelerando la crescita dei brand in modo sostenibile e misurabile”.

Per rispondere a queste sfide, Kantar ha riorganizzato le proprie competenze in due business unit dedicate: Brand Growth e Demand Growth.

Brand Growth supporta i clienti nella gestione del brand e nell’ottimizzazione delle attività che contribuiscono al suo successo, identificando le leve vincenti per garantire le migliori performance nell’immediato e assicurarsi le migliori prospettive per il futuro. L’utilizzo di un unico framework Meaningful, Different, Salient (MDS), certificato MASB e rafforzato da
rigorosi processi di validazione, consente di avere una visione strategica e di accompagnare i brand nella messa a punto delle loro iniziative.
“Il framework – ha spiegato Walter Caccia, Head of Brand Growth – aiuta inoltre a identificare KPI predittivi di performance. Questi indicatori, validati tramite i database BrandZ e i consumer panel, dimostrano che un brand con un alto Demand Power (forzadell’equity) ha fino a 5 volte più probabilità di crescere, mentre un Pricing Power (capacità di sostenere un premium price) elevato consente di mantenere prezzi superiori del 14%. Il Future Power (prospettive di crescita), può invece quadruplicare il valore di un brand nel tempo”.

Caccia ha sottolineato come l’efficacia della comunicazione dipenda tanto dalla creatività quanto dalla pianificazione media: per questo un approccio strategico anticipato nella costruzione della creatività, supportato da strumenti di pre-testing basati su dati storici,consente di ottimizzare sia le performance a breve termine sia la crescita dell’equity nel lungo periodo. E grazie alle sue analytics, Kantar aiuta a verificare l’efficacia degli investimenti multicanale, migliorando la pianificazione media dal 20 al 30%.

Demand Growth aiuta i brand a tradurre il loro valore in crescita tangibile, sfruttando insight che spaziano dalla definizione delle strategie di brand, dall’innovazione fino alla shopper experience.

“Questa business unit ha un’ambizione chiara – ha sostenuto Michela Russo, Head of Demand Growth –: aiutare i brand a diventare ‘il brand’ nella mente dei consumatori, ossia spontaneamente scelti e sempre presenti. Il suo approccio si basa su tre leve chiave: equity, activation ed experience. L’equity è la radice della crescita, legata al posizionamento e purpose del brand. Chi lo gestisce bene può ottenere una crescita del 27% rispetto ai competitor. L’activation mantiene viva la domanda, mentre l’experience èfondamentale per la fidelizzazione”

Chi riesce a lavorare su tutte e tre queste leve, ha proesguito Russo, ottiene una crescitacumulativa della predisposizione del 46% in tre anni: ma il punto è che solo il 15% dei brand riesce a farlo davvero. Con l’obiettivo di supportare l’85% dei brand che non riesce, launit Demand Growth unisce tre competenze: Brand Strategy (brand forti in equity crescono 5 volte di più), Innovation (i brand innovativi crescono 7 volte di più), ed Experience (oggi fondamentale per costruire fedeltà e attrarre nuovi clienti).

 

Focus sulla nuova practice di ricerca qualitativa e sul bilanciamento fra brand building e performance marketing

Cristina Colombo, Client Impact Officer, ha presentato le unit Growth Accelerator di Kantar che lavorano trasversalmente su insight qualitativi e analytics per supportare la crescita dei brand.

La neonata practice di ricerca qualitativa e di advisory ha una missione chiara: decodificare la complessità del comportamento umano e declinare gli insight in strategie vincenti e narrative di marca efficaci, basandosi su framework validati e data asset proprietari. “In realtà è una gara in cui partiamo già da metà percorso – ha affermato Cristina Colombo –, perché conosciamo già i percorsi di crescita e le regole per una comunicazione efficace, grazie a strumenti come BrandZ e i framework di test & learn. Partendo da questa posizione di vantaggio possiamo più facilmente focalizzarci sui piani d'azione concreti, sostenibili e di impatto per il business".

La practice di analytics, che esiste già da più tempo, supporta invece le decisioni in ogni fase del ciclo di vita del brand, risolvendo i ‘marketing dilemmas’.
Oggi il 42% dei marketer si dichiara insicuro riguardo al bilanciamento tra brand building e performance marketing (Fonte Media Reactions Italia – 2024). Per essere più precisi, al centro della domanda era la sicurezza di avere le capacità di misurare il branding e il performance marketing in modo tale da ottimizzare gli investimenti e massimizzare il ROI.
Ed è appunto la fiducia in questa capacità che negli ultimi due anni è scesa di 11 punti.

“Il nostro obiettivo è disorientare il marketing rispetto all'idea che ci siano attività di breve e di lungo – intgerviene Capeci –: questa dicotomia tra brand building e performance o sales va spezzata. Oggi c’è una narrativa che dice che tutto è misurabile nel punto vendita: ma se il KPI è solo quello di breve si va a costruire un brand che è solo interessato al breve, erodendo quindi il valore stesso del brand. La realtà è che le vendite non sono sostenute solamente dalle attività di breve, da una promozione o da una comunicazione con una call to action molto veloce: sono sostenute anche dal significato che il brand ha per il consumatore”.

Ecco perché, da questo punto di vista, Kantar ha sviluppato un framework olistico di misurazione e ottimizzazione, che considera entrambi gli aspetti, quantificando il contributo sulle vendite e ROI delle attività di marketing, sia nel breve sia nel lungo periodo tramite la Brand Equity.


Grazie al proprio modello LIFT ROI, infatti, Kantar aiuta i Brand a trovare l’equilibrio ottimale e sinergico tra brand building e performance. I risultati parlano chiaro:
-fino a 95% di accuratezza nelle previsioni di vendita
-20-30% di aumento dell’efficacia del marketing
-10x-20x ROI medio nel primo anno di implementazione

 

Il futuro di Kantar fra innovazione tecnologica e competizione sul piano consulenziale

Al termine della presentazione del nuovo assetto, Capeci ha illustrato piani e progetti di sviluppo di medio periodo di di Kantar Italia, che punta a diventare un “Indispensable Brand Partner” in grado di influenzare le strategie aziendali a livello decisionale.
“Negli ultimi tre anni – ha raccontatao il CEO –, Kantar ha investito a livello mondiale 290 milioni di dollari puntando su AI generativa e altre tecnologie, metendo a punto un piano di trasformazione articolato in tre fasi:

1. Equipaggiamento tecnologico – implementazione di AI nei processi aziendali e utilizzo
avanzato dei dati.
2. Trasformazione del business – introduzione di strumenti innovativi come synthetic panels e analisi AI in real-time per i pre-test pubblicitari.
3. Innovazione futura (2027-2030) – Evoluzione del ruolo di Kantar nel mercato, potenzialmente ampliando la sua offerta con nuovi strumenti in grado di trasformare il rapporto consulenziale”.

Quest’ultima è un’area per molti aspetti vicina a quella in cui si muovono da tempo anche i centri media. A questo proposito Capeci ha chiarito la posizione di Kantar sottolineandone l’indipendenza e il ruolo già attuale di consulente strategico certificato: “Kantar non lavora direttamente con i centri media locali, ma con i clienti – ha ribadito –, supportandoli nelle loro partnership con agenzie media e creative. Certamente la competizione esiste e si estende a grandi attori come Google, Meta, GroupM o BCG (Boston Consulting Group), ma non sui tradizionali servizi di tracking pubblicitario o di ricerca basica: Kantar punta su consulenza ad alto valore, basata su dati certificati e e modelli di misurazione del ROI che i centri media non possono replicare. La competizione, quindi, non è e non sarà sui dati, ma sulla capacità di trasformare i dati in indicazioni chiare, vere e impattanti per i clienti”.

Tommaso Ridolfi