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A 'Porta a Porta' si parla del ddl Gentiloni. Strona: “Normativa inopportuna’
Il mondo della pubblicità è stato per una volta, ieri sera, sotto i riflettori della trasmissione "Porta a Porta". Tema del giorno era infatti il disegno di legge Gentiloni che mira a disciplinare il settore televisivo. Moderati dal giornalista Bruno Vespa, sono intervenuti fra gli altri lo stesso Ministro Paolo Gentiloni, il suo predecessore Mario Landolfi, l'ex Presidente dell'Autority delle Comunicazioni Enzo Cheli, Giulio Malgara , presidente Upa.
Secondo i dati Carat Expert, la puntata ha registrato risultati d'ascolto in linea con la media stagionale, catturando l'attenzione di 1 milioni 454 mila spettatori (19,6% di share). Partito con il 12% di share, "Porta a Porta" ha raggiunto picchi superiori al 26% nella parte finale, quando ero terminati "Love Actuallly" su Canale 5 e "La Pupa e il Secchione" su Italia 1. I più interessati al dibattito si sono dimostrate le persone residenti nel Nord Italia (42,2%) e di classe socio-economica medio-alta (51,9%).
Nel corso della puntata il Ministro Paolo Gentiloni e
l'ex Presidente AgCom Enzo Cheli hanno sostenuto
che il dispositivo che fissa al 45% il tetto di raccolta per il singolo
operatore determinerà una redistribuzione delle risorse sulle televisioni minori
e sulla carta stampata. Un'opinione non condivisa da Lorenzo
Strona, presidente Unicom, di cui riportiamo l'intervento.
"Tale affermazione mi trova in totale disaccordo poiché la conseguenza più immediata dell'applicazione di tale normativa sarà una contrazione generalizzata degli investimenti pubblicitari e l'espulsione dal mercato dei 'medi investitori', quelli che - a fronte del prevedibile incremento delle tariffe pubblicitarie che le emittenti interessate dovranno applicare al fine di tutelare la loro redditività - non saranno più in grado di raggiungere la soglia d'accesso al mezzo stesso. I fautori del dirigismo in economia sostengono che l'anomalia italiana nell'allocazione degli investimenti pubblicitari, caratterizzata da un forte sbilanciamento in favore della televisione a danno della stampa, è frutto di una carenza della normativa.
In realtà è l'incapacità della stampa di conquistare un'audience adeguata, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, a dirottare gli investimenti verso il mezzo televisivo. Le diffusioni della stampa quotidiana in Italia sono ben lontane dalle medie europee e, soprattutto, non sono in grado di raggiungere quel target dei "responsabili acquisti" che costituisce, nella massima parte dei casi, l'obiettivo dei grandi investitori pubblicitari.
Stante questa situazione, appare di tutta evidenza l'inopportunità dell'iniziativa di porre artificialmente barriere alla naturale evoluzione delle dinamiche di mercato. Le nostre imprese, le medie soprattutto, per tentare di ovviare all'apatia del mercato, hanno necessità di aumentare la loro visibilità e di proporre ogni giorno nuovi stimoli al consumatore. Penalizzarne la capacità di comunicare significa deprimerne ulteriormente la capacità di competere, con danni rilevanti a carico dell'intero sistema economico del Paese".