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Content con Vista - media, marketing & AI di Emanuele Landi. La battaglia per la misurazione è per 'l'osso giusto'

In questa puntata della rubrica in esclusiva su ADVexpress, il founder di Landi Consulting riflette sui sistemi di misurazione e sulle metriche in uso, per attention, efficacia e qualità, lanciando una provocazione e un'idea (dai GRP ai QGRP) per elevare il valore dell’inventory pubblicitaria.

In questi giorni e settimane ho letto diversi articoli dedicati al tentativo, corretto, di dare al nostro Paese un sistema di rilevazione degli ascolti il più possibile condiviso ed unitario ad una industria del media che sta correndo in una evoluzione tecnologica impetuosa che inevitabilmente sposta abitudini e modalità di consumo. Lo streaming è entrato prepotentemente nelle abitudini di consumo e con esso la TV connessa che è di fatto un’amplificazione del desktop: una magic box che ha aggiunto un T1 alla fruizione audiovisiva, la search, la navigazione per la scelta fra destinazioni (app), contenuti. Gli OS delle tv connesse si stanno evolvendo, ci sono offerte multiple e ancora frammentate in un mercato ancora un po' selvaggio. E in tutto questo movimento spesso si parte dall’osso piccolo, la prominence, cioè quanto sono visibile.

Anche in Italia si è scatenato il dibattito sulle misurazioni. Gli streamers e le tv lineari tradizionali si sfidano per il 'trancio pubblicitario'. Nessuno indietreggia e mentre in altri Paesi si fanno compromessi per avanzare su questo terreno da noi c’è uno stallo da far west.

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(una tipica schermata di una CTV)

In UK e Francia si è trovato un compromesso pratico: currency nazionali che combinano panel (serve per arrivare alle persone e alle demografie) con segnali digitali più o meno censuari. Netflix è dentro BARB dal 12 ottobre 2022: è la prima volta che un grande SVOD entra in un currency “industry-owned” con report pubblici comparabili, anche verso i broadcaster. barb.co.uk

In Germania (AGF) l’annuncio sull’integrazione Prime Video va oltre: log server-to-server (S2S) forniti tramite Nielsen, fusi con il panel AGF per rendere i numeri confrontabili nel sistema nazionale. È un passo avanti. heise online+1

In Italia, Auditel ha una soglia tecnica chiara: conta un Legitimate Stream solo oltre 300 ms, tagliando il “rumore” sotto soglia. È giusto ricordarlo quando qualcuno confonde “serve” con “visione”. Auditel+1
AGCOM, con l’istruttoria 2025, ha rimesso il faro su indipendenza, trasparenza e assenza di conflitti nei sistemi di misurazione: qui si gioca la credibilità del mercato. agcom.it

 

Vanity metrics vs metriche di valore

La discussione “prominenza CTV”, “quota di visibilità” e simili è un po' come il proverbio “Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito”.  La  prominenza non è una conseguenza di quello che vedo, quello è un trucco, è una conseguenza della rilevanza che ho costruito nel pubblico che mi sono creato, è abitudine di consumo. Per carità è certamente importante esserci, ma è come pretendere di essere invitati ad una festa e rimanere in piedi a fianco al buffet tutta la sera.  E dove c’è rilevanza si costruisce business outcome, e si misurano attenzione ed efficacia: gli studi più recenti mostrano che l’attenzione predice gli esiti meglio della viewability e riduce il costo per azione quando la si ottimizza. Lumen Research+1

Su CTV, diversi lavori riportano ~9,7 secondi di attenzione attiva per spot—molto sopra a mobile e desktop in test comparabili—segnalando che il grande schermo remunera meglio l’esposizione qualificata. Next TV

Metanalisi e ricerche recenti indicano che i media ad alta attenzione generano più secondi attenti per euro investito (+58% in UK), e che la maggioranza delle impression digitali “a feed” non supera soglie minime di attenzione: è il costo occulto delle vanity metrics. The Media Leader+1

 

Una provocazione per il mercato italiano

  • Quanta parte degli GRP/stream pagati oggi non produce attenzione utile? (Mettiamo a budget un attention audit nei post-buy 2026).
  • Perché continuiamo a fare gare di volumi quando i dati dimostrano che la qualità dell’attenzione spiega meglio vendite/brand lift?

Le risposte sono banali. Si cerca lo standard, la semplicità operativa per far fluire ricavi agli editori che legittimamente devono sostenere il proprio business e va bene, ma ormai la battaglia per l’osso pubblicitario sembra fra un cyborg e un uomo di Neanderthal che litigano dentro una caverna. La pubblicità è diventata una commodity e proliferano strumenti proprietari singoli per misurare efficacia e qualità che producono ulteriore frammentazione e costi per i clienti finali. E’ recente un report che vede Wall Street ritirarsi dagli investimenti nei grandi gruppi media e questo avviene perché non vede più il valore generato dai propri investimenti – se la reclame diventa un proxy privo di valore succede questo.

Abbiamo invece il futuro fra le mani per far evolvere tutto il mercato ma è difficile in Italia ragionare in modo sistemico piuttosto che individuale.

 

“TV analogica vs TV connessa”: e se smettessimo di mescolare mele e pere?

L’argomento “non si può” ha perso forza: la TV lineare è già in trasformazione (addressable, CTV, HbbTV). E allora in questo articolo voglio provare a fare un esercizio di fantasia, ma neanche tanto. Immaginiamo che si riuscisse a fare una transizione al 100% da sistema broadcast a sistema IP based con fibra. La prima cosa che verrebbe fuori è una omologazione di trasmissione.

 

Fibra: dove siamo davvero

In Europa, FTTH/B copre ~75% delle case (EU39, 2025), ma adozione/penetrazione resta più bassa (~33%). L’Italia è sotto media UE per ultrabroadband e sta accelerando per rispettare le scadenze PNRR; Reuters riportava a giugno 2025 ritardi e riassegnazioni possibili tra operatori di rete (Open Fiber/FiberCop). Morale: la copertura non è ancora ubiqua.

Tradotto: l’IP-only è una direzione, non un interruttore. Serve un periodo di coesistenza con obiettivi misurabili: meno vanity, più valore misurato in secondi attenti, affinità, outcome.

Ma proviamo ad immaginare a perimetro costante e con semplificazioni necessarie una visione futura.

Ho dato in pasto all’intelligenza artificiale un ragionamento in cui immaginiamo 3 scenari: un passaggio completo da broadcast a IP in 5, 10 anni o nessuno.

Ho chiesto di mantenere perimetro costante di audience, di stimare costi capex e opex sulla base di dati disponibili e partendo dal mercato pubblicitario televisivo di 4.3 miliardi.

Con una ipotetica omologazione di tutti gli editori su base IP connessa potremmo passare ad una misurazione non più basata su panel + dati censuari per omologare due basket eterogenei ma avremmo finalmente dati omogenei e granulari. Potremmo così concentrarci sul valore vero del dato per il cliente pubblicitario: l’attenzione efficace, quella che non spreca il denaro investito ma che lo moltiplica.

Il sistema gioverebbe di una maggiore qualificazione. Ne ho scritto tempo fa quando ho rilanciato il tema del QGRP vs il vecchio GRP: una attenzione più qualificata e un dato che produce maggiore conversione acquistano più valore e quindi un prezzo maggiore. Tutti gli auditing nella fase di acquisto e sulle gare media partono dal presupposto che il prezzo della pubblicità è ormai una commodity e la negoziazione dei prezzi è spesso una farsa.

Ho elaborato un grafico che ipotizza con un esercizio basato sui dati open source ed elaborati da gpt uno scenario di sistema in cui tutti gli operatori passano ad un sistema IP e la pubblicità ed i contenuti vengano misurati in modo nuovo e si ridà valore al dato di attenzione.

Ecco una simulazione che ha lasciato sorpreso anche me per la dimensione.

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Nel lungo periodo conviene.
Dopo i costi iniziali di migrazione, il passaggio full-IP rende il sistema più efficiente: prezzi legati all’attenzione (QGRP) e minori sprechi fanno sì che i ricavi pubblicitari superino i costi industriali. All’inizio paghi i tubi, poi l’acqua arriva davvero a chi beve.

Nel modello è stata ipotizzata una procedura di copertura del digital divide con un modello accelerato stile “PNRR” ed uno più morbido.

Per quanto riguarda i ricavi pubblicitari sono stati applicati degli uplift di valore di una nuova modalità di misurazione totalmente legata al dato sostanziale e non stimato o semplificato.

 

Punti che dormono e quelli che valgono davvero

Per anni la pubblicità ha contato punti che dormivano.
Li chiamavamo GRP — Gross Rating Points — o CPM e bastava che uno schermo si accendesse perché finissero nel conteggio.
Poi che lo spettatore stesse guardando davvero, fosse sul telefono o in cucina, poco importava: per il sistema era un punto valido.
Era un po’ come dire “abbiamo cento invitati alla festa”, anche se metà è sul balcone a fumare e l’altra metà guarda il cellulare. E’ una convenzione, una semplificazione accettata, ma a discapito di chi mette i soldi però.

Ora però, con la transizione verso un ecosistema IP (Internet Protocol, ovvero TV connessa e misurabile), i punti hanno smesso di dormire.
I QGRP, o Qualified GRP, non misurano solo la presenza, ma la presenza attiva: quanto tempo una persona guarda, se il video è visibile, se lo completa, se interagisce, se è in un contesto di qualità.

In pratica, non stiamo più pagando per chi potrebbe vedere uno spot, ma per chi lo vede davvero.
È un passaggio concettuale enorme: dal “contare schermi” al “valutare attenzione”.

Il punto però è che la verità del dato è incontrovertibile e fa male ma nel medio – lungo periodo rigenera tutto il sistema. E’ come quella medicina amara che non vuoi prendere ma sai che ti farà bene.

 

Cosa cambia nella sostanza

Nel mio modello quantomeno fantascientifico e provocatorio per come è la situazione oggi, i ricavi non crescono perché magicamente aumenta il pubblico.
Restano gli stessi spettatori, ma ogni punto vale di più.
Un GRP “qualificato” — cioè realmente visto e misurabile — vale tra 1,2 e 2,5 volte un GRP tradizionale e questo è già certificato da numerose ricerche (WFA / Lumen / Ebiquity meta-study (2023), IAS Doubleverify ) che si potrebbero applicare come benchmark universalmente accettati.
E la quota di inventory venduta con queste metriche di attenzione può passare, nel giro di cinque anni, da un 10% a un 60%.
In più, la distribuzione IP permette di vendere meglio: meno duplicazioni, frequency cap gestito, più inventory reale (+12% di sell-through nel modello).

Risultato?
A parità di pubblico, il valore complessivo della pubblicità cresce del 25–35%, non perché vendi di più, ma perché vendi meglio.

 

Le metriche che contano (e che spiegano tutto)

Dietro al moltiplicatore di prezzo che uso nel modello fantascientifico ci sono cinque variabili, oggi già misurabili con strumenti reali:

 

Variabile

Che cosa indica

Esempio pratico

A (Attention Time)

Tempo medio di attenzione reale

Quanti secondi lo spettatore guarda davvero lo spot

V (Viewability)

Percentuale di impression visibili ≥2s

Quante volte lo spot è davvero visibile

C (Completion Rate)

Percentuale di video completati

Quante persone arrivano fino in fondo

E (Engagement)

Interazione o audio attivo

Quante persone partecipano allo spot

Q (Context Quality)

Qualità editoriale / brand safety

Dove appare lo spot: ambiente pulito, rilevante

 

 

Quando queste variabili migliorano, il GRP si “risveglia”: diventa un QGRP.
Non è più un numero statico, ma un segnale che pesa diversamente in base alla qualità dell’attenzione che riesce a generare.

 

Da volume a valore

Il vecchio sistema broadcast è una fontana accesa 24 ore: spreca tantissima acqua, ma nessuno sa davvero quanta ne bevi.
Il sistema IP, invece, è una rete di rubinetti intelligenti: misura ogni goccia che arriva, e soprattutto quanta viene bevuta davvero.
All’inizio costruire i nuovi rubinetti costa — CAPEX, dual-run, formazione, comunicazione — ma a regime l’acqua arriva meglio e senza dispersione.

Ecco perché nel grafico il rapporto Costi/Ricavi scende: non perché spendiamo meno, ma perché ogni euro speso in pubblicità inizia finalmente a rendere di più.


 

Chiusura

Quello proposto è ovviamente una provocazione veloce e simulata, ma il senso è che lo sforzo andrebbe fatto nell’elevare il valore dell’inventory pubblicitaria e renderla davvero rilevante per chi guarda e non un esercizio vuoto ed autoriferito.

La difesa di interessi economici importanti sulla pubblicità lineare è comprensibile. E’ un business che remunera una gran parte dei modelli di business, ma la creator economy è implacabile e sta arrivando. Non è l’audience che cerca la tv ma il contrario. Una transizione è necessaria ed urgente se la tv tradizionale con tutto il suo enorme bagaglio di contenuti vuole sopravvivere a Google, Meta e Tik Tok. Si anche le ultime due stanno arrivando nella tv connessa. Basta guardare la “prominence” che oggi ha Youtube sul nostro Big Screen.

La vera progressione sarà nel passaggio fra il tiro di una fune sempre più corta e un cambio della fune. Oggi tutti litigano per l’osso esistente e mescolano mele con pere (tecnologie diverse, metriche diverse) portando di fatto ad uno stallo fra broadcast e streamers.  Ma se spostiamo l’attenzione dal contenzioso fra chi mangia la fetta di torta più grande alla possibilità di avere una torta con più strati forse ci guadagnano tutti?

 

Emanuele Landi

Landiconsulting.it


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