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In Italia consumo elitario e ceto medio depresso
(Dal nostro inviato a St. Moritz, Salvatore
Sagone)
Viaggio al centro della crisi economica e dei consumi per
capire come uscirne. Questo il non poco ambizioso obiettivo della tavola rotonda
organizzata da Sipra questa mattina a St. Moritz. 'Sipra
Vision: lo scenario economico e sociale, in Italia e in Europa' il titolo della
tavola rotonda moderata da Paolo Madron, inviato del Sole
24 Ore, in vece del direttore Ferruccio De Bortoli, alla
quale hanno partecipato l'economista francese Jean-Paul
Fitoussi, Giuseppe De Rita, presidente del
Censis, e Lorenzo Sassoli de Bianchi,
presidente dell'Upa.
Di solito temi così impegnativi producono stimoli poco interessanti. Non è stato il caso dell'incontro odierno che di spunti ne ha offerti più d'uno. Inizia l'economista francese. Alla crisi economica e finanziaria si è aggiunta quella alimentare. "I prezzi delle materie prime sono aumentati perché il capitalismo moderno, dopo avere speculato sul mercato finanziario e immobiliare, ha scoperto le materie prime". Questo ha prodotto un ennesimo shock, che è andato a sommarsi a quello petrolifero. "Il tutto ha messo in evidenza la fragilità del sistema che sta determinando un aumento della disuguaglianza, ovunque".
Il tema della disuguaglianza, dello iato tra ricchi che
non sono minimamente sfiorati dalla crisi, e dal ceto medio che, invece, arranca per arrivare alla fine del mese, viene colto al volo
da Giuseppe De Rita (nella foto a dx). Che
proprio nel ceto medio individua quella che è stata la spinta propulsiva del
dopo guerra. E che, invece, in virtù della crisi, oggi ha perso il suo potere
propulsivo. "Il ceto medio oggi avanza soltanto pretese e ha scarse motivazioni
generali. Ha semplicemente paura di tornare indietro".
Il rischio è che il ceto medio diventi poltiglia, dichiara De Rita, e si decomponga. Un vero problema. Del potere d'acquisto delle famiglie alle problematiche dei consumi, alla pubblicità per sostenerli. Entra in gioco Sassoli (nella foto a sx) che si dichiara più ottimista rispetto ai due precedenti interlocutori. "Le aziende, per fortuna, guardano avanti – afferma – credono sia necessario come non mai continuare a investire in comunicazione". Il problema è, semmai, l'eccesso di offerta. "Nel mondo ci sono circa 1 milione di prodotti in vendita e ne vengno acquistati 450 mila. In un supermercato italiano, sulle migliaia di prodotti esposti a una famiglia ne servono oggi a mala pena 150".
Questo vuol dire che c'è un problema di eccesso dell'offerta, di consapevolezza delle motivazioni d'acquisto". Inoltre, aggiunge il presidente dell'Upa, viviamo nella società dell'informazione dove, per l'esattezza, vi è un eccesso di informazioni. "La conseguenza è che il consumatore è spaventato ed è insicuro. Per fortuna le marche sono lì a rassicurarlo". Sassoli, amante del cinema, cita un recente successo di botteghino per ribadire il concetto. "Nel film 'Lost in translation' il protagonista, che si trova in un contesto socio culturale a lui estraneo, il Giappone, trova conforto nelle marchecon cui si veste o si conforta. Ecco, oggi le marche servono a orientare, a rassicurare, non tanto a indurre al consumo".
A ulteriore testimonianza dell'insicurezza che domina nella società occidentale Sassoli cita un dato inequivocabile. "I tre farmaci più venduti al mondo sono, nell'ordine, il Tavor, il Prozac e il Viagra". De Rita dissente in parte con Sassoli e rileva come anche nell'ambito della produzione vi sia uno scollegamento tra prodotti e marche di prestigio e il resto della produzione. "Le aziende italiane – sostiene – hanno scelto di posizionarsi su un target medio-alto. Vendono scarpe da 1.550 euro ma non trascinano il consumatore del ceto medio-basso". Ceto medio che, a sua volta, non aspira più a salire la scala del consumo".
Insomma, conclude De Rita, l'offerta di prodotti è sempre più elitaria. Col risultato che le famiglie praticano una sorta di arbitraggio dei consumi, si organizzano per orientare al meglio la propria spesa. Ma non è detto che una volta usciti dalla crisi la spinta aspirazionale si riprenda. Sassoli interviene sull'argomento e mette al centro il rapporto tra aziende e consumatori. "Raggiungerlo è più complesso, aumentano i mezzi e i canali. E noi aziende dobbiamo e vogliamo capire meglio. Anche l'incrocio tra consumi e audience deve essere un obiettivo raggiungibile e non una sorta di ricerca del Graal".
A questo proposito Sassoli cita l'impegno di Marcella Bergamini, media director del Gruppo Danone, che ha condotto interessanti ricerche a questo proposito. Sono quindi necessari nuovi strumenti di misurazione per comunicare più efficacemente col consumatore. "Noi aziende sappiamo bene che oggi non vendiamo più prodotti, dobbiamo convincere le persone ad acquistarli", conclude il presidente dell'Upa: "Senza nulla togliere alla tv che, in virtù del fatto che in Italia non si leggono libri e giornali, rimane l'unico vero collante culturale del Paese. E per raggiungere vaste platee di persone la televisione è imprescindibile nelle pianificazioni pubblicitarie".
In conclusione, quando si uscirà dalla crisi?, chiede Madron all'economista francese. "Vivremo sempre in uno stato di crisi – risponde Fitoussi – perché è una legge del capitalismo. Forse il peggio lo stiamo vivendo adesso – rincara la dose – e verosimilmente ne usciremo quando cinesi e indiani svilupperanno la propria economia e diventeranno più ricchi e spendenti".