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VideoContent Centri Media e Concessionarie 2024/3. Omnicanalità: la nuova sfida per i media
Da tempo il consumatore non accetta più, da parte dei brand, semplici messaggi ‘top down’: pretende piuttosto una relazione e un dialogo fondato sui temi che più lo interessano, nei luoghi e nei tempi in cui è lui a essere disponibile. Questo ha portato l’offerta di editori e concessionarie a trasformare i propri spazi in vere e proprie soluzioni di comunicazione, sempre più integrate e interattive. Quindi non più solo comunicazione, ma anche e soprattutto esperienze, attraverso qualsiasi canale: da tutti i mezzi classici alle loro digital extension, Tv e Connected Tv, Radio e Digital Audio, fino a Social Media, Branded Content, Influencer Marketing, Eventi e quant’altro.
Come si è evoluta l’offerta delle concessionarie da questo punto di vista? E come si è adeguata la loro struttura per rispondere alle nuove esigenze degli investitori, oltre che dei consumatori? E ancora: qual è il ruolo che la tecnologia sta giocando nel facilitare e nello spingere il il mercato in questa direzione omnicanale?
24 Ore System. Una piattaforma integrata
“Per noi essere omnicanale significa innanzitutto essere una piattaforma – esordisce Alessandra Orsini, Marketing Director di 24 Ore System –. Siamo partiti da un concetto di brand che è a tutti gli effetti omnicanale: abbiamo un quotidiano e la sua estensione digitale, una radio, e siamo trasversalmente nel mondo della cultura e nel mondo degli eventi con due società dedicate. Questo ci permette di essere una vera e propria piattaforma e raccontare il brand a un focus target di imprese, professionisti e non solo, comunicando ai diversi pubblici in maniera dedicata, e soprattutto realizzando per i clienti pubblicitari progetti personalizzati attraverso la creazione di contenuti che sono il focus del nostro valore aggiunto. Di branded content oggi ne parlano tutti ed è sicuramente importante: ma è l’integrazione tra branded content e contenitore, cioè il valore delle redazioni e dei contenuti editoriali che facciamo, che permette ai brand di poter esprimere in maniera cross-mediale i loro messaggi, e allo stesso tempo contestualizzarli in contenitori autorevoli e capaci di dedicare messaggi differenti con il tone of voice più adatto. Il vero valore aggiunto di essere cross-mediali per i brand che ci seguono è avere la possibilità di strutturare progetti che partono da uno dei nostri media di riferimento, per esempio dal contenuto del quotidiano, e allo stesso tempo trasmetterli e declinarli attraverso il video, l’audio, eventi e produzioni dedicate, realizzate in maniera puntuale dalla nostra media factory interna. Inoltre, in questo momento di fortissima innovazione, tutto il Gruppo, compresa la parte pubblicitaria, si sta spostando verso l’intelligenza artificiale che permette di ottimizzare e rendere più snella la creazione di contenuti. La nostra volontà è di essere contemporaneamente omnicanali, autorevoli e credibili. Il Gruppo 24 Ore e 24 Ore System hanno un’area dedicata a questa parte progettuale, Brand Connect, fatta di persone, strutture interne e strutture di marketing che consentono di ricevere un brief, di ideare i contenuti e, allo stesso tempo, di produrre i contenuti internamente. Il valore aggiunto che diamo al mercato nasce proprio dalla capacità di integrare l’innovazione con i contenitori e con i nostri prodotti editoriali, rispondendo così alle esigenze del mercato e dei clienti.
Un esempio è il Festival dell’Economia di Trento, che per noi rappresenta il massimo dell’interazione tra contenuti, contenitori, giornalisti, marketing e brand. Insieme riusciamo a costruire un prodotto rivolto a diversi target, sia vivendolo in presenza, sia trasmettendolo attraverso i nostri canali digitali – piattaforme di eventi, digitali, app e tutte le piattaforme cross-mediali all’interno del Gruppo 24 Ore.
Rai Pubblicità. Brand partnership al centro
Se come ha spiegato Orsini i target di 24 Ore System sono molto precisi, molto definiti, quello di Rai è certamente più ecumenico ma si avvale egualmente di una ampia gamma di media: radio, televisione, cinema e digitale. Dal punto di vista di Rai Pubblicità, come il mercato si sta evolvendo nel segno dell’omnicanalità e come si è adeguata la struttura della concessionaria per rispondere alle nuove esigenze degli investitori?
“Parlare a tutti fa effettivamente parte degli obiettivi e della missione del servizio pubblico – risponde Giulia De Carli, Direttrice Commerciale Clienti di Rai Pubblicità –. Si rivolge a tutti ma a ognuno in maniera diversa. Abbiamo sicuramente la fortuna di avere un editore che ha una vastità, una ricchezza e una molteplicità di contenuti che messi insieme riescono a parlare a tutti gli italiani. È un editore che al contempo ha avuto anche la visione di distribuire questi contenuti sfruttando tutte le piattaforme che il digitale mette a disposizione: RaiPlay è distribuita anche attraverso altre piattaforme come YouTube e SkyQ, alcuni dei contenuti di RaiPlay Sound sono distribuiti su Spotify... Attraverso questa distribuzione multicanale riusciamo perciò a raggiungere pubblici diversi in occasioni differenti di consumo. Non sazi di questo, anche Rai Pubblicità si è attrezzata negli ultimi due anni per andare ad ampliare il proprio portfolio, cercando di aggiungere ulteriori touch point da mettere a disposizione dei brand partner: abbiamo acquisito due radio, Radio Kiss Kiss, sicuramente una delle più frizzanti e più giovani, e Radio Italia, che a sua volta è omnichannel - è radio, ma anche televisione ed eventi. Abbiamo ampliato l’offerta sul digitale attraverso la partnership con Vevo, quindi, di nuovo, una forte sinergia in ambito musicale, per poi lanciare lo scorso anno gli schermi dei concerti come ulteriore touchpoint e occasione di contatto con il pubblico in una dimensione di forte engagement. E tutto questo lo mettiamo a disposizione dei brand”.
Parlando di evoluzione e innovazione, per Rai Pubblicità Sanremo è un caso esemplare: il Festival è la dimostrazione di come e quanto la concessionaria sia riuscita ad andare oltre lo spettacolo televisivo, trasformandolo in una vera e propria experience.
“Con Sanremo e Fuori Sanremo, Rai Pubblicità è diventata anche produttore di branded content e di eventi. Si tratta di una vetrina interessante perché mette a sistema tutti gli asset che abbiamo a disposizione in un unico luogo e che entrano a far parte del prodotto editoriale – come il palco di Costa Crociere e Suzuki Stage – mettendo a fattor comune anche le attività delle radio partner e le alleanze con il FantaSanremo per entrare poi in ambito di social engagement. Una piattaforma che ci ha consentito in maniera estremamente completa di mettere a disposizione dei brand partner tantissimi tasselli con i quali abbiamo costruito singoli progetti customizzati per le singole realtà: progetti ad hoc nei quali ogni brand è protagonista, e non solo una share of voice di una piattaforma di sponsorship, mixando in maniera intelligente e sapiente tutti i diversi ingredienti”. Riassumendo, quindi, per 24 Ore System come per Rai Pubblicità la parola d’ordine è la stessa: ‘customizzazione’.
The Trade Desk. Parola d’ordine: rilevanza
Dopo le voci delle concessionarie, anche una piattaforma tecnologica come The Trade Desk sostiene pienamente le opportunità offerte da un approccio omnicanale: “Per noi l’idea alla base della multicanalità è quella di andare a prendere il consumatore nel momento giusto, con il messaggio giusto, qualsiasi sia il mezzo utilizzato – dichiara Angela Bersini, General Manager The Trade Desk Italia –. Il leit-motiv è proprio la rilevanza del messaggio per il consumatore, indipendentemente dal fatto che sia veicolato attraverso un video online, la Connected Television, l’Audio o il Digital Out Of Home: la nostra tecnologia rende possibile deliverare un messaggio o anche messaggi leggermente differenti ma tutti molto coerenti attraverso tutti i diversi touchpoint, con una logica di continuità. Oggi circa i due terzi delle campagne che transitano attraverso la nostra piattaforma sono effettivamente omnicanale, semplicemente perché in termini di performance i risultati sono migliori”.
“La tecnologia programmatica permette di ottimizzare la reach & frequency lavorando su più canali – precisa quindi la General Manager di The Trade Desk – facendo sì che il consumatore non sia sovraesposto e quindi non si senta ‘bombardato’. Inoltre, tra i benefici dell’utilizzo della tecnologia ci sono sicuramente da un lato la possibilità di targetizzare l’audience che ci interessa in modo molto preciso, e dall’altro la flessibilità: rispetto a una pianificazione tradizionale più di long term possiamo infatti cambiare idea anche in corso d’opera, senza attendere il report post campagna, per esempio se ci accorgiamo che l’audio performa meglio rispetto alla planificazione display”.
AdKaora. Circolarità e prossimità
AdKaora è una digital company a 360 gradi, nonché capofila del polo Martech di Mondadori Media: quale il suo approccio all’omnicanalità? “Aiutare i brand e i clienti in un approccio olistico utilizzando la tecnologia – risponde Walter Ferrari, Chief Marketing Officer della company –. Inizialmente lo abbiamo fatto in ambito prettamente mobile, ma oggi abbiamo allargato lo spettro anche alla Connected Tv e al Retail Media. L’obiettivo è raggiungere l’utente nei ‘micromomenti’ più essenziali e affini alla sua quotidianità, sfruttando i tantissimi segnali digitali che le persone lasciano durante la loro navigazione e utilizziando la nostra DMP per costruire profilazioni sempre più profonde e sempre più precise rispetto alle proprie esigenze. Essendo specializzati da ormai dieci anni in proximity marketing, abbiamo anche tutta una serie di dati relativi al comportamento fisico e agli spostamenti degli utenti, e possiamo offrire ai brand un mix di informazioni fisiche e digitali utili alle loro pianificazioni”.
Ferrari propone quindi una panoramica sui diversi formati video che AdKaora mette a disposizione per accompagnare l’utente: dal mobile browsing alle app ai social media, fino alla Connected Tv, per raggiungerlo tra le mure di casa, e al Retail Media, quando è fuori mentre sta facendo la spesa, con degli spot all’interno degli spazi dei retailer.
“Ogni contenuto video – sottolinea – si porta dietro una misurazione dei KPI sempre più specifici rispetto al device, rispetto alle piattaforma e rispetto al comportamento dell’utente in quel micromomento. Non intendiamo sostituirci ai Social Media o altro, ma cerchiamo di integrarci alle pianificazioni che i clienti sostanzialmente già adottano, aggiungendo dei KPI sempre più profondi, tradizionali e non solo, come per esempio l’attention di cui si è parlato moltissimo negli ultimi mesi. Quindi tanti formati ognuno per una piattaforma specifica, un ambiente specifico con dei KPI specifici”.
In sostanza, per AdKaora l’omnicanalità è veramente raggiungere l’utente a 360°, anche aiutando i clienti dal punto di vista della creatività, adattando un formato video con caratteristiche prettamente televisive all’uso sulle piattaforme digitali. “Non solo – prosegue Ferrari –. La tecnologia ci permette infatti di riconoscere un utente esposto a un nostro video e ritargettizzarlo attraverso i social: a quel punto il clic sul post social porta l’utente a una landing page conversazionale, dove attraverso un’alberatura di tematiche concordate la marca può costruire con lui un dialogo one to one, utilissimo a estrapolare insight rilevanti. Il video diventa così una porta per dar vita a un dialogo personalizzato tra utente e brand”.
Per affinare ulteriormente la targetizzazione, AdKaora utilizza una Proximity Suite, una strategia ‘circolare’ in cui ogni tassello contribuisce al miglioramento delle campagne. Riprendendo il tema dei micromomenti, Ferrari sottolinea le differenze fra inviare un messaggio mentre un utente è a casa rispetto a un messaggio personalizzato all’interno di uno store che magari l’utente frequenta abitualmente.
“Ogni campagna è arricchita da elementi qualitativi come analisi di footfall – riprende Ferrari –, fondamentali per capire quanto ha impattato positivamente l’esposizione a un messaggio creativo di prodotto o di brand dal punto di vista di vendite e di visite incrementali rispetto a un gruppo di controllo non esposto. Anche in questo ambito ragioniamo in ottica di KPI e di misurazione su come e quanto un utente può interagire all’interno di ogni diverso ambiente.
L’ultimo step di questa circolarità è il tentativo, per adesso con buonissimi risultati, di unire il mondo digitale e quello fisico grazie a una partnership con SAVI (l’ex Valassis), che ha sostanzialmente un’integrazione di cassa con le principali insegne del mondo GDO: tutti i nostri touchpoint digitali permettono così all’utente di atterrare all’interno di una landing page dove c’è una promozione di prodotto, registrarsi, lasciare un dato per poter ricevere un barcode, recarsi all’interno dell’insegna che fa parte del network e usufruire della promozione”.
Storytelling ‘programmatico’
Al concetto di circolarità di AdKaora si avvicina l’idea di The Trade Desk quando parla della possibilità, attraverso la sua piattaforma tecnologica, di fare storytelling. “Immaginiamo il journey di una persona durante la giornata – spiega Angela Bersini –, che alle 9 del mattino è esposto a un annuncio su un impianto Digital Out Of Home. Grazie alla nostra tecnologia sappiamo quali utenti sono passati in prossimità di quello spazio pubblicitario durante la mattina: durante la giornata possiamo dunque fare una ritargetizzazione attraverso banner, pop up, audio o video sul suo pc o sul mobile, proponendo a quegli utenti un messaggio diverso, lo stesso messaggio o un messaggio conseguente. Allo stesso modo possiamo ritargetizzarlo la sera su un altro dispositivo, che potrebbe essere la Connected Television. Grazie alla tecnologia si può capire quanto di un video è stato visto e decidere sulla base del completion rate se far rivedere all’utente lo stesso messaggio del mattino o un messaggio successivo che comunque sia coerente. Avere un grafico di identità proprietario ci permette di ottimizzare reach e frequency, quindi ottimizzare la delivery su quell’utente in target – in base all’audience rilevante per l’advertiser –, in modo che non sia sovraesposto al messaggio durante l’arco della giornata, della settimana e così via”.
L’utilizzo dell’omnicanalità all’interno della tecnologia porta benefici tangibili proprio in termini di KPI, prosegue Bersini, che illustra una case history realizzata lo scorso anno in Germania per il lancio del nuovo servizio di subscription alla fornitura di inchiostri per le stampanti HP: “Tradizionalmente HP è un cliente che ha sempre spinto molto sulla televisione lineare, mentre in questo caso sono partiti da una pianificazione omnicanale focalizzata sulla Connected Television e il Digital OOH, andando a targetizzare un’audience abbastanza broad, quindi persone 25-54, in termini di Digital OOH persone che passavano vicino a negozi di consumer electronics che potessero essere rivenditori HP, piuttosto che centri commerciali durante il weekend. La gestione della frequenza e della reach in modo ottimizzato ha portato risultati di performance molto rilevanti: circa +50% in termini di subscription, con un costo per acquisizione dell’utente circa il 50% più basso, il tutto con un budget inferiore del 22% rispetto a una pianificazione fatta in passato solo su Tv lineare. L’omnicanalità gestita attraverso la tecnologia porta quindi dei risultati molto positivi e comprovati appunto da KPI di performance”.
Collaborazione e KPI
Riprendendo il discorso lato concessionarie, proviamo a esplorare Quali sono, nel caso delle concessionarie, i KPI essenziali presi in considerazione, e come sta funzionando il loro rapporto con i centri media?
“Quello dei KPI – risponde Giulia De Carli –è sicuramente uno degli argomenti di conversazione più interessanti sia con i clienti che con i centri media, perché vanno a settare delle linee guida molto chiare rispetto agli obiettivi che una campagna o un progetto deve raggiungere. Credo che sia molto importante, nella complessità di oggi, fare squadra con business partner. Tutti siamo al servizio dei brand, dei clienti, ma le agenzie collaborano ancora nella stesura delle strategie: con i centri media c’è un dialogo costante e nessuno ha la pretesa di essere insostituibile e credo che le opportunità migliori vengano fuori proprio quando c’è collaborazione da parte di tutti. Sicuramente le concessionarie oggi hanno dalla loro la possibilità di riuscire a dialogare direttamente con l’editore: la progettualità, la brand integration nasce a quattro mani con l’editore”.
Altro punto di forza, sottolinea, è anche il fatto di avere tanti dati di prima parte: “Solo attraverso RaiPlay, Rai Pubblicità ha a disposizione 26 milioni di utenti registrati, e con una tecnologia proprietaria è riuscita a mettere a sistema il dato che viene dal digital con la componente invece lineare. Quindi una mole di informazioni molto potenti che sono poi la base per andare a costruire. Credo che il dialogo con i clienti e anche con le agenzie porti ad alzare la sticella sempre più in alto: l’agenzia, il centro media, ha una prospettiva molto più ampia, non dialoga soltanto con le singole concessionarie. Ed è interessante poter avere un
contributo per capire in tempi molto più rapidi quello che ci manca, per essere ancora più competitivi, essere sfidati, essere stimolati. Credo che anche questo sia un elemento di sicuro arricchimento, ma è chiaro che alla fine ognuno gioca la propria partita in una dialettica molto ricca e molto completa”.
Naturalmente anche 24 Ore System lavora su tutti e due i fronti, agenzie media e clienti diretti: quali sono le differenti esigenze e domande da parte delle une e delle altre?
“Condivido assolutamente la necessità di fare sistema con i clienti, con i centri media, le agenzie e tutti i partner della comunicazione – concorda Alessandra Orsini –: ormai i canali sono tanti ed è necessario integrare i messaggi in maniera sempre più efficace. Fare sistema significa anche fare un po’ educational, sia sui clienti che sulle agenzie, ma allo stesso tempo il contrario: le agenzie sono il front immediato rispetto ai clienti più grandi e strutturati; sui clienti più piccoli o più specializzati, una concessionaria, e in particolare il Gruppo 24 Ore per la peculiarità dei propri mezzi, ha la possibilità di offrire delle progettualità più verticali e più adatte anche a sistemi B2B che per noi sono assolutamente il focus. Il centro media ci aiuta molto spesso nel proporre nelle strategie contenuti di branded content. Per contro, con i clienti riusciamo in alcuni casi ad essere più efficaci perché mettiamo al centro il valore del contenuto attraverso il dialogo con l’editore e con le redazioni, avendo così la possibilità di adattare il linguaggio e il contenuto al contesto in cui viene comunicato”.
A proposito dei KPI, Orsini prende come esempio il mondo dell’audio: “Un mondo che per noi è fondamentale – spiega –, essendo Radio24 una radio che nasce proprio da contenuti parlati e che ha e ha sempre avuto la capacità di raccontare le aziende. Ora ci sono i Podcast, che sono la novità del branded content e che ci aiutano comunque a dimostrare che la qualità del contenuto – nonostante l’assenza di KPI per la mancanza di ricerche da cui si possano attingere –, permette di dare a un prodotto un valore qualitativo e non solo quantitativo. Il valore degli editori come Rai o come il Gruppo 24 Ore è proprio quello di avere un’autorevolezza e una qualità che alcune volte non è esprimibile dalla pura performance: ma i brand e i centri media riescono a percepire questo valore e quindi ad attribuirlo anche in maniera strutturale all’interno delle loro strategie, senza magari collegare dei veri e propri KPI quantitativi specifici”.
La domanda da parte dei clienti diretti e delle agenzie media in realtà è fondamentalmente una, spiega Angela Bersini: ““La cosa che ci viene richiesta più frequentemente è quella di verificare che l’audience su cui è stata deliverata la campagna e il messaggio sia effettivamente l’audience rilevante per il brand, nel momento giusto e con il messaggio giusto. Ed è una richiesta comune, che riceviamo sia da parte degli advertiser più evoluti, sia dai centri media come espressione di utenti più piccoli. Con l’evoluzione dei mezzi e l’utilizzo sempre maggiore del digitale ci si è resi conto che è inutile sprecare impression sulla stessa audience o per raggiungere un’audience poco rilevante. Chiaramente in una pianificazione omnicanale e non soltanto digitale, questo è l’elemento di complessità da portare a casa”.
Anche Ferrari concorda sulla necessità di lavorare insieme e fare sistema: “Abbiamo accennato all’Attention – ribadisce –, che è un KPI nuovo per il quale dobbiamo cercare tutti insieme un modo per standardizzare la metodologia di misurazione. Il mondo digitale è molto complesso: quello che ci chiedono i centri media, le agenzie e i clienti è semplificazione. Poi sta a ognuno di noi cercare di dare un qualcosa in più rispetto ad altri interlocutori, perché la partita si gioca su un fattore di consulenza. Se devo indicare due keyword, mi piace identificarle appunto con semplicità e consulenza”.
Uno sguardo al futuro
Un ultimo giro di microfono per rispondere con un ‘tweet’ alla domanda : che cosa manca per rendere a tutti gli effetti l’Omnicanalità una prassi ancora più consolidata? Ferrari: Credo manchino soprattutto infrastrutture e una tecnologia sempre più precisa per adottare alcune delle soluzioni che abbiamo già in mente ma che poi si devono concretizzare.
Penso per esempio all’Intelligenza Artificiale e alle sue enormi potenzialità, ma che deve essere anche in questo caso riporatata a qualcosa di semplice e di concreto.
Bersini: Sono convinta che ‘the best is yet to come’ e che abbiamo un’autostrada di fronte a noi: sicuramente quello che porterà un’ulteriore evoluzione del panorama di offerta Omnicanale in Italia sarà lavorare a quattro mani col mondo dei publisher per capire in che modo si riuscirà ad avere una soluzione che sia sempre più win-win per tutti gli attori della filiera.
De Carli: Alla nostra industry servono metriche di misurazione condivise in ambito Total Video. Manca ancora una modalità che renda giustizia a tutti, consentendo agli operatori del settore di misurare con criterio e con una metrica condivisa e di sistema, anche per paragonare diversi player, diversi mezzi, diversi schermi, diverse piattaforme.
Orsini: Bisogna riconoscere il valore del contenuto e dei KPI qualitativi. In altre parole, l’uniformità deve esserci anche nella valutazione del contenuto che è veicolato, perché un progetto non è solo il mezzo su cui viene trasmesso ma è soprattutto il mezzo con cui si dà voce a un brand. E mi sembra che questo sia un valore che alcune volte è troppo sottovalutato.
Tommaso Ridolfi