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VideoContent CTV/3. Un ‘ponte’ fra televisione e digitale: il ruolo della Tv 2.0 nelle strategie omnichannel dei brand
Dopo la prima puntata (link) dedicata allo scenario e al mercato degli investimenti pubblicitari, e la seconda (link) all’evoluzione della domanda e dell’offerta delle modalità di compravendita degli spazi in programmatic, in questo terzo e ultimo episodio della serie sarà messo a fuoco il ruolo che la Tv 2.0 sta acquisendo all’interno delle strategie omnichannel dei brand. Su questo tema si sono confrontati negli studi di STS Communication alcuni professionisti con punti di vista differenti ma complementari: Alice Marinelli, Engagement & Corporate Communication Manager di Pernod- Ricard Italia; Paolo Artioli, Media Innovation Director di dentsu; Angela Bersini, General Manager Italia di TheTradeDesk.
Come la Connected Tv sta contribuendo a trasformare in realtà la promessa di una comunicazione più efficiente ed efficace? Cosa stanno cambiando l’approccio e le strategie in virtù del nuovo scenario audiovisivo? E quale ruolo può giocare la CTV nell’ottica dell’ormai indispensabile omnicanalità?
“La Connected Tv è sempre di più un elemento imprescindibile nelle nostre campagne di comunicazione – esordisce Alice Marinelli –, facilmente integrabile in tutte le strategie, digitali e non. Sappiamo che il Digital cresce in maniera costante, ma che il mercato italiano è ancora Tv centrico: diciamo che la CTV fa un po' da ponte, rappresenta un'estensione del mondo digital e dei KPI che per noi, a livello di gruppo, sono assolutamente strategici e che vogliamo raggiungere e mantenere: dalla brand safety alla corretta geolocalizzazione, assicurandoci che tutti i device siano senza fraud. Quindi da un lato la ci pone delle sfide che accogliamo in maniera molto positiva, dall'altro ci consente di realizzare campagne facilmente misurabili e di efficientare le strategie di pianificazione non solo da un punto di vista della performance ma anche e soprattutto di quello di raggiungimento del corretto target”.
“Come le aziende, oggi anche il consumatore si aspetta di ricevere un messaggio profilato sui propri interessi – aggiunge Angela Bersini –:l'idea è quindi quella di fare una pianificazione che non è soltanto socio-demo, ma che vada piuttosto a deliverare un messaggio diverso a seconda che l'utente sia alla ricerca di qualcosa da acquistare, o piuttosto ancora in una fase ancora di ‘scouting’. Oggi grazie a una tecnologia come la nostra è possibile deliverare messaggi differenti a seconda dell'ora del giorno, del giorno della settimana, delle condizioni meteorologiche. Un dato interessante che abbiamo è che circa il 60% degli italiani si dice disposto a usufruire di un servizio streaming con pubblicità pur di non pagare un premio di prezzo, e questo per gli advertiser è chiaramente è un elemento chiave da tenere in considerazione, perché il consumatore è disposto a vedere la pubblicità purché questa sia in linea con i suoi interessi, in altri termini un messaggio che sia anche ingaggiante e divertente e che non sia ripetuto nel tempo.
Artioli: “Un cambio di paradigma all’insegna dell’addressability”
Dal punto di vista di un’agenzia media, qual è il contributo della Tv 2.0 alla ricerca di efficienza ed efficacia che Internet promette fin dalla sua nascita ma che non sempre – diciamo così – è stata effettivamente in grado di mantenere?
“In dentsu abbiamo già da qualche anno una ricerca proprietaria, ‘TAV – Total Audience Video’, alla quale negli ultimi due anni abbiamo dato un accento più televisivo e diciamo più adressable – risponde Paolo Artioli –. Quel che abbiamo visto è infatti come la Tv 2.0 abbia assunto una forma poliedrica, in cui tutte le facce possono essere adattate in funzione delle strategie e delle audience che vogliamo toccare. Sappiamo inoltre che il contenuto è il driver più importante delle attività video e che dal punto di vista della Tv ci fornisce già due possibilità di ‘addressare’: da un lato ci sono i contenuti on-demand, la più parte delle volte fruibili sotto login, che si portano dietro dei dati con un’accezione molto digitale; dall’altro non dobbiamo dimenticare che il contenuto è molto importante anche nell'altra faccia della luna della nuova televisione, quella lineare ma connessa, che ha magari una tipologia di dato diversa dal digitale ma che è enormemente più profondo se paragonato alla Tv tradizionale”. Schermi e device di fruizione, prosegue Artioli, non sono meno importanti: “Anche questi offrono modalità di targetizzazione differenti. Ad esempio, la prima cosa che ci viene in mente parlando di Tv connessa è lo schermo grande, targettizzabile one-to-many, non one-to-one. Contestualmente, sappiamo che il contenuto televisivo oggi si sposta molto agevolmente fra i vari device e anche questi, soprattutto se digitali, danno la possibilità di una ulteriore targetizzazione. Credo perciò che con la Tv 2.0 la promessa di efficienza ed efficacia sia assolutamente mantenuta: la sua forma poliedrica, declinabile in funzione delle varie audience che si vogliono raggiungere, è effettivamente la risposta più forte alla domanda di addressability che la Tv 2.0 è chiamata a dare”.
Anche in termini di planning siamo di fronte a un cambio di paradigma, ribadisce il Media Innovation Director di dentsu, perché se prima la pianificazione era a silos, per mezzo, oggi è sempre più ‘orizzontale’: “Il digitale, che prima era un mezzo, oggi è la portante che irradia tutti i nuovi mezzi, Tv compresa, dando loro la possibilità di diventare ibridi, dove ibridi significa dare un valore aggiunto a ciò che ogni mezzo ha per sua natura. E se la Tv tradizionale lavora bene nella fase alta del funnel e su target socio-demo grandi, la CTV non solo va più in profondità nella targetizzazione, ma è anche in grado di legare i contenuti video ad altri tipi di formato”.
Questa rivoluzione si sta compiendo anche dal punto di vista della misurazione, ambito nel quale l’intera industry sta progredendo rapidamente: “Per esempio, banalmente, anche in tema dei volumi da acquistare, perché va ricordato che il digitale lavora sulle impression e la Tv sui contatti. Ecco:
tutto il mercato sta andando verso l'omologazione della misurazione di questi aspetti, oltre che sulle nuove metriche quali l'attenzione”.
Marinelli: “Dall’omnicanalità, più precisione, più trasparenza e ottimizzazione del buying”
Cosa vuol dire questo cambio di paradigma per un investitore come Pernod-Ricard? Come stanno cambiando le sue strategie di comunicazione e il suo media mix per seguire le logiche ‘audience based’ e omnicanali?
“Posso riassumere il tutto in due parole chiave – è la risposta di Marinelli –: digitalizzazione e omnicanalità. La tecnologia ci ha permesso e ci permetterà sempre di più di approcciare i consumatori in modo diverso, di avere degli insight sempre più precisi e quindi di realizzare campagne di comunicazione sempre più data-driven. Abbiamo visto che i consumatori più che alla ricerca di un prodotto sono sempre più in cerca di esperienze uniche e personalizzate, e questo rende l'omnicanalità imprescindibile in tutte le nostre campagne che sono sempre più integrate. C'è poi però anche una doppia sfida che non riguarda solo la scelta e l'ottimizzazione dei mezzi, ma anche quella della creatività perché poi ciascun mezzo richiede una creatività diversa e dedicata, affinché il target sia sì raggiunto dov’è, ma sia raggiunto anche bene, regalandogli un'esperienza unica che risponda a quelli che sono i suoi bisogni”.
L’esperienza maturata finora, aggiunge Marinelli, mostra che un approccio omnichannel permette sicuramente di avere dei vantaggi in ottica di awareness e consideration.
“Porto l'esempio del nostro Malfy Gin, un prodotto giovane che è in campagna da qualche anno ma per il quale abbiamo adottato da subito una logica omnicanale che ha portato in pochissimo tempo risultati davvero ottimi. In una campagna dell'anno scorso abbiamo utilizzato un'unica DSP per deliverare questa campagna omnicanale, raggiungendo risultati sinceramente inaspettati in ottica di trasparenza, di misurazione e anche di ottimizzazione della parte di buying, quindi di ottimizzazione del budget. In fin dei conti, un approccio olistico e omnicanale porta vantaggi non solo in ottica di performance e di buying ma anche di raggiungimento di un target sempre più specifico. Poi la combinazione di tutti questi vantaggi porta a una evidente crescita della memorabilità del prodotto, del messaggio e di conseguenza del brand”.
Tv 2.0, Digital Audio e Digital Out Of Home sono mezzi ‘nuovi’, che dispongono di dati di nuova generazione, tutti acquistabili attraverso processi di automated buying che permettono il controllo in tempo reale di cosa e quanto si compra e del valore della qualità stessa di quanto viene acquistato. Ma occorre prestare attenzione a due aspetti, commenta Artioli.
“Il primo è proprio la multicanalità: le campagne olistiche devono avere alle spalle una struttura di un certo tipo anche dal punto di vista organizzativo, ma il centro deve essere sempre l'utente finale e la tecnologia al servizio di questo scopo. Dall'altro lato dobbiamo stare attenti a non dare ai nuovi
mezzi compiti che sostanzialmente non possono avere. I nuovi mezzi rimangono, hanno la loro natura, ma aggiungendo nuovi strumenti il digitale permette loro di essere più incisivi. L’Out Of Home, per esempio, può essere corroborato dal geomapping di tutte le proprie installazioni e
diventa in grado di registrare e di misurare per la prima volta la sua audience”.
Bersini: “Dalla CTV risultati misurabili e positivi su tutti i principali KPI”
Attraverso un esempio concreto, Anche TheTradeDesk testimonia i risultati ottenibili dall’inserimento della CTV in un piano omnichannel: “Abbiamo diverse a case history che mostrano che quando andiamo a inserire la Connected Tv all'interno di una campagna omnicanale i risultati sono sempre positivi e misurabili, come ad esempio la riduzione del cost per acquisition, l'aumento della subscription base o la maggior efficienza”.
Il caso specifico raccontato da Bersini riguarda la campagna del nuovo servizio HP di inchiostro in abbonamento chiamato ‘Instant Ink’: “Per l’occasione HP ha voluto testare qualcosa di nuovo, utilizzando una combinazione di Connected Tv, Digital Out Of Home e Search. L'idea era quella di andare a targetizzare con la CTV persone 25-54 e famiglie con bambini, e con il Digital OOH chi passava vicino ai negozi di consumer electronics. Questa pianificazione multicanale ha portato risultati molto positivi su tutti i principali KPI: quasi +50% di in termini di abbonamenti al servizio, una sostanziosa riduzione del costo per acquisizione (vicina al -50%), e il tutto con un budget inferiore del 20% rispetto a una pianificazione con televisione lineare. Altro dato molto importante: la brand lift sul servizio di Instant Ink è stato vicino al +50%”.
Il confronto fra una pianificazione omnicanale e una tradizionale è presto fatto: “La prima ha permesso di raggiungere gli obiettivi in modo più efficiente e più efficace rispetto alla seconda – conclude Bersini –. A dimostrazione ancora una volta dei risultati che l’inserimento della CTV all'interno di una strategia omnicanale permette effettivamente di conseguire”.