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VideoContent Omnicanalità/3. Engagement, attention, recall: il Digital Audio Advertising fa breccia nel media mix degli utenti. Grazie al programmatic

Con gli interventi di Alessandra Aceste (Kinesso-IPG Mediabrands), Gino Ruli (Spotify), Fabrizio Petrera (a2a) e Tommaso Scudiero (TheTradeDesk) in tema di Digital Audio Advertising si conclude il VideoContent by ADC Group dedicato all’Omnicanalità: un mezzo capace di raggiungere e ingaggiare target mirati, giovani e non solo, che grazie al programmatic si sta rivelando fondamentale nella costruzione di strategie di comunicazione a 360 gradi.

Dopo quelle dedicate a Retail Media (leggi news: https://www.adcgroup.it/adv- express/riviste/video-content/videocontent-omnicanalita-1-l-ecosistema-retail-media-on-e- offline-e-dati.html), e Digital Out Of Home (https://www.adcgroup.it/adv-
express/riviste/video-content/videocontent-omnicanalita-2-l-effetto-wow-del-digital-out-of- home-che-grazie-al-programmatic-moltiplica-efficacia-ed-efficienza-delle-strategie-cross- channel.html
), nella terza e ultima puntata del percorso di approfondimento nell’area dell’Omnicanalità è la volta del Digital Audio Advertising, un altro mezzo che si sta rivelando di enorme importanza nel costruire nuovi touchpoint di grande impatto grazie alla sua capacità di raggiungere target ‘non ecumenici’ ma estremamente mirati.

Nonostante le dimensioni ancora ridotte in termini di raccolta complessiva –27 milioni di euro nel 2022, oltre 35 milioni nel 2023, pari a una crescita del +30% –, il comparto sta attirando l’ interesse crescente degli investitori grazie alle sue caratteristiche intrinseche, a partire dalla fruizione lontana da uno schermo, che lo rende differente dagli altri formati pubblicitari online.

Le dinamiche del mercato evidenziate dall’Osservatorio Internet Media del Politecnico indicano il particolare interesse delle aziende per l'acquisto di questi spazi tramite Programmatic Advertising, che oggi incide per circa il 40% del totale investimenti.
Le audience dell’audio advertising
 permettono permettono inoltre ai brand di fare “cherry picking”, raggiungendo l'utente interessato anche con un targeting contestuale, per esempio attraverso i Podcast. Si tratta infine di un formato che può essere utilizzato anche su target specifici come i più giovani, raggiungendo questa fascia di utenti con un touchpoint diverso dai Social Network.


Le ragioni e i plus dell’Audio Adv
Quali sono, dunque, i plus dell'audio advertising da un punto di vista comunicativo e rispetto agli altri media? E perché un'azienda dovrebbe decidere di inserire proprio questo mezzo nel suo mix?
“Il +30% anno su anno degli investimenti è un dato di tutto rispetto – esordisce Fabrizio Petrera, Head of Media Planning, Sponsorship, Education and Research di a2a –, ma riflette un fattore ancora più importante: la crescita delle audience. Soltanto i podcast hanno registrato un incremento intorno al +7% nel 2023 rispetto al 2022, al quale va aggiunto tutto il resto, tutte le altre piattaforme che competono e concorrono a creare questa massa critica.

Diventa quindi sempre più importante inserire questo veicolo all'interno del proprio Media Mix sia per ottimizzare le coperture, sia per andare a pianificare in affinità su specifici target oppure su contenuti editoriali, riducendo al minimo le dispersioni”.
A2a, prosegue Petrera, ha usato diverse tipologie di audio advertising: “Partendo dalle digital radio, che consentono una geolocalizzazione molto precisa su alcune province nel dettaglio, fino a Spotify. Abbiamo inoltre associato una nostra comunicazione a un artista, Jovanotti, in occasione della nostra partnership con il Jova Beach Party, quindi una pianificazione in estrema affinità di contenuto. E stiamo approcciando il mondo dei podcast con la produzione di contenuti, piuttosto che l'associazione del nostro brand a contenuti già esistenti”.

Nello specifico, aggiunge, fra i plus dell'audio advertising vanno considerati la fruizione one to one, immersiva, quasi personale – normalmente si ascoltano con le cuffie – quindi molto diretta. “In più, alcune soluzioni offrono un affollamento quasi nullo e il 100% della share of voice. Tutti aspetti che consentono di massimizzare i due item preferiti dal media, ovvero efficienza ed efficacia nelle pianificazioni. In ultimo, ricordo una ricerca commissionata dal quotidiano inglese The Guardian che, un paio d’anni fa, sottolineava come l'audio advertising garantisca un più alto livello di attenzione, aumentando la percezione dei valori trasmessi dal brand, con impatti positivi sulla memorabilità, il ricordo”.

Ciò che è essenziale, conclude Petrera, è “Mantenere e massimizzare la coerenza tra quelloche è il contenuto e il contenitore, perché l'effetto è talmente forte che si rischia di sbagliare e non centrare l'obiettivo”.

Un mezzo ubiquo, complementare e iper-personalizzabile
Passando dalla domanda all’offerta, settore in cui Spotify è leader a livello internazionale, come si articola e quali sono le caratteristiche e gli asset fondamentali sui quali gli investitori pubblicitari possono fare affidamento?
“Quella di Spotify è un'offerta estremamente ampia – risponde Gino Ruli, Automation Lead Italy &Spain della società –, che si differenzia da altre soluzioni in particolare per tre aspetti. Il primo è la sua ubiquità: spotify non è solo una piattaforma media audiocentrica che permette l’ascolto di un contenuto unicamente sul mobile e sul desktop. Abbiamo invece un
numero di device da cui gli utenti ci ascoltano che è molto importante: c’è la macchina con il prodotto in car, c'è la parte di smart speaker con cui gli utenti, le loro famiglie e gli amici ascoltano e fruiscono di musica o di podcast – a seconda che vogliano immergersi in un'emozione oppure consumare un'informazione; c’è la Playstation per la generazione Z o anche più grandi che mentre giocano possono ascoltare Spotify; c’è la Smart TV… Insomma, sono davvero tanti”.

Il punto, spiega Ruli, è scegliere il momento giusto per comunicare ai singoli utenti quando davvero stanno facendo qualcosa di attento: “Parliamo tanto di attention in questo mercato, ma l'attention deve essere sviluppata nel momento in cui l'utente è davvero in un device e  non è distratto. Se utilizzo un social nel momento in cui una persona sta uscendo da una metropolitana la mattina alle 9 e mezza, può essere sicuramente un modo di comunicare, ma difficilmente quell'attenzione porterà dei risultati di vendita o di atterraggio”.

Altri aspetti differenzianti di Spotify, aggiunge Ruli, sono la complementarietà con altri mezzi e le grandi possibilità di personalizzazione. “Uno dei prodotti che ha avuto la maggiore trazione nel 2022-2023 è l'audio dinamico, personalizzabile in base a qualsiasi tipologia di variabile: il momento della giornata, l'audience di riferimento, la playlist che si ascolta in
macchina quando sto facendo un'azione.
Nel mercato italiano Spotify è un player consolidato, abbiamo 15 milioni di ascolti giornalieri e una storicità dellutente, spesso presente in piattaforma da 3, 4, 5, 6 anni, grazie alla quale sappiamo esattamente chi c’è dall'altra parte. Questa è la sfida e la challenge che proponiamo ai clienti: includete quegli utenti nelle pianificazioni, non consideratela un alternativa – o l'audio o il video.

Nell’omnicanalità l'audio è un enabler, è qualcosa che aiuta il video ad aumentare la reach e ad abbassare il costo per utente unico. E quale mezzo migliore del programmatic per portare effettivamente questa efficacia a un livello superiore?”.

Evitare dispersioni, gestire la frequenza, misurare l’efficacia
Proseguendo sul filo del discorso di Ruli, e considerato il 40% di investimenti in audio advertising che transita proprio attraverso piattaforme come quella di TheTradeDesk, quali sono le ulteriori potenzialità che emergono dalla pianificazione di campagne Audio in Programmatic?
“Mi riaggancio alle numeriche già indicate – è la risposta di Tommaso Scudiero, Lead Associate Account Director di TheTradeDesk –: il dato del +30% di incremento degli investimenti, sintomo del crescente interesse da parte dei brand; e l’aumento delle audience in termini di utilizzo dei podcast e di tutti i canali innovativi all'interno dell'audio come smart
speaker, la stessa in-car citata da Spotify, la Connected Tv e così via. Una ‘dispersione’ che porta a un ripensamento da parte dei brand che cercano di intercettare queste audience su device differenti e in momenti differenti alla giornata, ma anche su più canali contemporaneamente. La challenge è come si riesce a gestire in maniera ottimale la frequenza? Come si riesce a personalizzare il messaggio sui vari dispositivi, sui vari canali?”

Questo, prosegue Scudiero, è chiaramente un aspetto cui il programmatic cerca di dare una risposta ricostruendo in qualche modo quella che è la vita digitale dell’utente: “Una persona che si sveglia la mattina e ascolta il podcast; poi naviga sul telefono mentre va al lavoro, e lì è targetizzato da un impression display oppure video; fino alla sera quandio si mette sul divano, davanti alla Tv. La piattaforma di TheTradeDesk cerca di connettere questi vari punti e cerca di portare efficienza a chi investe su questi canali”.

Come lo fa? “Con una gestione della frequenza ottimale – replica Scudiero –, senza sovraesporre l’utente con messaggi differenti e su canali differenti, e cercando di non disturbarlo nei momenti della giornata in cui magari non è neanche propenso a fare determinate azioni. Lo fa anche cercando di targetizzare l'utente in maniera puntuale, riconoscendo il target all'interno di vari canali, targetizzando l’audience in funzione di quelli che sono gli interessi, behavioral ma anche socio demo. E naturalmente misurandola per capire l'efficacia di questa targetizzazione”.

Irrinunciabile in uno storytelling multicanale
“Integrare l'Audio in una strategia Omnichannel porta sicuramente vantaggi e opportunità –interviene Alessandra Aceste, Head of Addressable di Kinesso, unit di IPG Mediabrands –. Da una parte amplia la portata del pubblico perché è un formato che permette di raggiungere una vasta quantità di utenti, spesso difficilmente intercettabili con altri canali, offrendo un coinvolgimento maggiore rispetto al testo e alle immagini singole come i classici banner standard e gli annunci testuali, e quindi un'attenzione maggiore da parte dell'ascoltatore che risulta più recettivo al messaggio pubblicitario. Dall’altra parte non va sottovalutata l'evoluzione tecnologica che sta modificando le abitudini dei consumatori italiani sempre più dotati di dispositivi connessi: quando pensiamo alla fruizione dell'audio, soprattutto tra i giovani, noi immaginiamo gli smartphone, ma non è così! Perché non è ascoltato soltanto dai giovani, e soprattutto, come è già stato detto, è ascoltato su tantissimi mezzi, dalle connect tv ai dispositivi indossabili, dagli smart speaker al desktop. Quindi parliamo di un formato erogabile su tanti mezzi che permette di creare molteplici touchpoint per raggiungere lo stesso utente”.

Tutto questo, riflette Aceste, porta a parlare anche di un'ottica di storytelling per le campagne omnicanale: “Proprio in queste settimane stiamo lavorando con TheTradeDesk a delle strategie full funnel e omni channel – racconta –, dove partiamo da campagne Connected Tv e Advanced Digital Out Of Home nella fase di awareness, per creare delle audience da re-targettizzare nella fase successiva di consideration con formati audio e display in ottica di ad recall, e misurare poi a fine campagna il ‘footfall’ della campagna stessa, quindi capire la contribuzione che ciascun canale ha dato rispetto all'obiettivo finale di portare traffico in store”.
Anche secondo Aceste è importante ricordare che “I KPI che misuriamo non sono soltanto online ma anche offline e di business, che è quello che poi interessa al cliente finale. Credo che ormai sia impensabile escludere questo touch point, questo formato da una strategia di comunicazione omnicanale: ma è importante anche ricordarsi che deve essere un contenuto
‘audio first’ e quindi un messaggio pubblicitario creato e concepito apposta per essere fruito come audio”.


La case history McDrive
Coniugare KPI media con KPI più legati al mondo del business vuol dire in fondo verificare l’impatto concreto di una campagna. Da questo punto di vista è particolarmente significativa, la case history realizzata da OMD in collaborazione con TheTradeDesk in Germania per il cliente McDonald’s. “La campagna – riprende la parola Tommaso Scudiero – è nata sulla base di un punto fermo: l'audio funziona perché è un canale ingaggiante dal punto di vista ovviamente diascolto, ma non riesco più a rintracciare gli utenti, soprattutto quelli giovani, all'interno delle digital radio che si pianificavano in passato. L'idea di OMD e di TheTradeDesk è stata quella di ingaggiare l'utente nel momento in cui collega il suo smartphone a un'auto tramite la tecnologia in-car di Spotify. E grazie al programmatic siamo riusciti a fare esattamente questo: impattare l'utente, ingaggiarlo, fargli ascoltare un messaggio che aveva come obiettivo spingerlo a visitare un Mac Drive. I risultati sono stati molto importanti per il brand: Media KPI ben al di sotto del benchmark di mercato, quindi un costo per acquisizione di 11 euro e un costo per ‘completed listening’ più basso addirittura di un centesimo, ma soprattutto molto più interessante la parte legata all'outcome dal punto di vista di business, con oltre 2.000 visite instore generate.”

TR