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Lezioni americane sul retail

Il punto vendita come non lo avevamo mai visto. Questo in sintesi il focus della conversazione che si è tenuta oggi, giovedì 14 dicembre, presso la sede di Attila&Co e a cui ha partecipato il guru americano Ron Pompei.

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Ron Pompei
è uno dei designer più influenti del panorama statunitense. A lui, che è un noto diffusore di quelle idee innovative che stanno a metà tra l'artistico e il commerciale, e al vasto tema del retail marketing è dedicato l'incontro di oggi, giovedì 14 dicembre, presso Attila&Co, un'occasione imperdibile per comprendere le nuove tendenze dello store design d'oltreoceano.

L'evento ha permesso di verificare le premesse teoriche con cui il mercato retail italiano si affaccia al grande palcoscenico globalizzato e di udire dalla viva voce di un guru del calibro di Pompei come sia possibile trasformare lo shopping in un'esperienza sociale e culturale.

Di Pompei, che ha iniziato la sua carriera come artista d'installazioni per poi diventare scultore e architetto, si sa assai poco in Italia. Ma piuttosto conosciuta è invece la sua società di consulenza, la Pompei A.D., che si è fatta rapidamente un nome grazie a importanti commesse per brand e organizzazioni come Urban Outfitters, Anthropologie, Levi's, Coca-Cola, Discovery Channel o la California Academy of Sciences, e di cui ha curato di volta in volta le esposizioni commerciali, gli show room o i layout dei relativi punti vendita.

Ed è proprio dalla progettazione del punto vendita (Pop - letteralmente, point of purchase), che è scaturita la lunga "lesson" del fantasioso Ron, un personaggio molto eclettico ma pragmatico, proiettato alla divulgazione come solo i teorici yankee sanno essere.

Come in ogni divulgazione che si rispetti, Pompei espone i suoi argomenti partendo dall'analisi di elementi indicatori: per quanto riguarda ad esempio l'ambito prettamente culturale, il mercato americano e, in generale il mondo anglosassone, riporta notevoli cambiamenti nelle abitudini e sostanziali incrementi nelle percentuali di ingresso nei musei, avvalorando in questo modo una tendenza sempre più marcata verso contesti di consumo sempre più avvolgenti e con forti valenze identitarie. Anche il business del benessere, della salute e della bellezza assume connotazioni esperienziali e piega a favore  di una fruizione più ricercata ed elitaria, dove la certificazione dell'esperienza non coincide tanto con il simbolo di una classe (lo status symbol, per intenderci), quanto piuttosto con l'assunzione di uno stile condiviso da una comunità di riferimento.

Ecco che allora la scelta delle architetture dei Pop devono, nella filosofia di Pompei, ispirarsi con continuità alle esigenze di coinvolgimento dell'utente, abbracciando una chiara prospettiva di orientamento al cliente finale. E fin qui, nulla di rivoluzionario. Il senso compiuto di questo coinvolgimento sta però nel catturare l'attenzione dell'utente non solo in un percorso fisico e sensoriale, ma anche  intellettuale, intimamente connesso con le sfere più emotive e culturali della persona.
Ciò che Pompei definisce un "transformative environment", cioè un ambiente capace di trasformare le emozioni del cliente in funzione di un orientamento desiderato dai progettisti.
Il tutto secondo una precisa policy di marketing idonea a generare le condizioni migliori per l'acquisto.

È la logica ispirata alle 3 "C" - cioè l'integrazione di Commerce, Culture e Community - la filosofia che Pompei immette nelle teorizzazioni sul marketing retail e che farà sicuramente discutere i cultori nostrani: difficile dire infatti quanto la cultura statunitense, giudicata "leggera" e acritica da molti marketers italiani, possa ritrovare le stesse condizioni di fruizione qui in Italia, e quanto la teorizzazione di Pompei sia replicabile in un pubblico, specie quello italiano, avvezzo a riconoscere le vere suggestioni artistiche e creative dalle mode americane buone a durare una semplice stagione.

L'intuizione di Pompei, cioè cercare nella dimensione di ogni singola cultura (sia essa europea o statunitense) le specificità per rendere appagante un evento o una situazione di marketing, può però rappresentare un'idea vincente. Sempre che la si sappia declinare con la giusta misura al nostro difficile mercato. Restiamo allora in attesa di una sua degna applicazione.

Margherita Baroni