Scenari
Reputation Institute - Employer RepTrak. Purpose, engagement e leadership sono gli assett principali per attrarre i talenti nelle aziende. Michele Tesoro-Tess (Executive Vice President): “La reputazione è il mezzo, non il fine”
Lanciato il 23 ottobre, presso la Casa dell’Energia e dell’Ambiente a Milano, Employer RepTrak, lo studio annuale sulla reputazione delle aziende in Italia a cura di Reputation Institute con Michele Tesoro-Tess, Executive Vice President Reputation Institute Italy and Switzerland (nella foto), e Sara Fargion, Vice President Reputation Institute.
L’evento ha visto la partecipazione di numerose voci del settore aziendale e accademico per spiegare l’evoluzione del fenomeno in questi anni, tra cui Valerio Camerano, Ceo A2A, Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano, e Marco Morelli, Ceo Mercer Italy.
Per dare un contributo concreto sull'esperienza vissuta da parte delle società, si è tenuta inoltre una tavola rotonda con Patrizia Fontana, Presidente Talents in Motion e Senior Partner Transearch International, Luca Marini, Corporate Communication and CSR Associate Director Amplifon, Pino Mercuri, HR Director Italy Agos e Marco Longobardi, Head of Human Resources Fineco Bank.
Employer RepTrak ha messo in evidenza non solo il legame delle aziende con i job seeker, ma anche l’impatto della reputazione sul business, poiché la reputation influenzando le persone quando scelgono di comprare un prodotto, raccomandare un brand, investire o lavorare per un’azienda. Lo studio è stato svolto tra marzo e aprile 2019. Sono state valutate 100 aziende appartenenti a 18 settori, coinvolgendo 10.085 rispondenti, tra i 18 e i 44 anni presso l’opinione pubblica italiana in cerca di lavoro.
Il modello RepTrak di Reputation Institute misura il legame emotivo degli stakeholder nei confronti delle aziende, rilevando la loro percezione rispetto alle 5 dimensioni razionali che rappresentano la chiave per la valutazione della reputazione aziendale come datore di lavoro: Market Leadership, Product & Responsibility, Work Environment, Total Rewards, Professional Development.
Una reputazione "eccellente" è rappresentata da un punteggio complessivo RepTrak di 80 punti o superiore, un punteggio di 70-79 è considerato "forte", 60-69 è "media", mentre 40-59 è “debole”.
Reputation Institute ha battezzato il 2019 come 'Reputation Judgement Year' per enfatizzare l’urgenza imposta alle aziende di incontrare le crescenti aspettative degli stakeholder in uno scenario che sta cambiando e che impone una rinnovata centralità di un racconto “Corporate”.
"Il tema della reputazione sta diventando un trend topic per le risorse umane, ma ciò che dobbiamo ricordare è che essa deve essere il mezzo, non il fine a cui devono tendere le aziende - ha affermato Michele Tesoro-Tess - Il mercato e i talenti cambiano e occorre multidisplinarietà e comprensione dell'Employer Branding, che, per le statistiche, quest'anno è cresciuto a doppia cifra, ma solo il 34% delle aziende lo ritiene fondamentale nel processo di decision-making. Importante è anche come le aziende veicolano i propri messaggi, in quanto la parte di comunicazione e delle campagne di recruitment sono il veicolo di conoscenza da parte dei clienti, grazie anche all'implementazione dei canali digitali".
Globalizzazione e media digitali hanno drammaticamente accelerato la domanda di partecipazione degli stakeholder non solo rispetto alle grandi questioni sociali ma anche nelle relazioni con le aziende: la reputazione delle imprese, oggi, è continuamente sottoposta al giudizio dei suoi pubblicigrazie alle straordinarie possibilità di accesso alle informazioni. Questo oggi non vale solo nelle scelte di acquisto dei consumatori (dove il prodotto/servizio è sempre meno importante di “chi c’è dietro” quel prodotto/servizio), ma anche nella scelta dell’azienda in cui lavorare: oggi la reputazione è uno delle leve di talent attraction & retention. Ed è un giudizio che va oltre il tradizionale concetto di “datore di lavoro” e si arricchisce di nuove e crescenti aspettative legate soprattutto a credibilità e leadership dell’impresa anche al di fuori del contesto aziendale interno.
La Comunità HR oggi si trova, quindi, costretta ad aggiornare strategie e leve per vincere le due sfide principali che la Reputation Economy impone con forza: (1) trasformare i dipendenti in ambasciatori della reputazione verso l’esterno dell’azienda; (2) attrarre (e trattenere) i talenti migliori, soprattutto in un mercato alla ricerca di nuove competenze, dove la crescente competizione per i talenti tra “agili” start up e “grandi” aziende, annulla, di fatto, ogni differenza dimensionale e di capacità di investimenti.
"Le aziende stanno subendo un'evoluzione in velocità nel proprio sviluppo e adesso si lavora per un purpose, elemento puramente sociale, con un'ottica estremamente flessibile nella gerarchia dei rapporti - ha aggiunto Marco Morelli - Il nuovo 'talent trend' è la pianificazione strategica dei bisogni dei nuovi talent con al centro l'employer value e il change management, ovvero la capacità di trasmettere la forza del cambiamento alle proprie risorse".
In questo contesto, partendo dal presupposto che la reputazione è un legame emotivo che spinge le persone a voler lavorare per un’azienda, Reputation Institute ha analizzato la reputazione di 100 aziende operanti in Italia nella loro veste di datore di lavoro presso un campione selezionato di job seeker.
Cosa influenza la scelta di una persona di lavorare per un’azienda (“work for”)
Secondo lo studio di Reputation Institute non è sufficiente la capacità dell’azienda di farsi riconoscere come un datore di lavoro “attraente” (Employer Brand Stregth Index). La leva dell’Employer Branding– oggi utilizzata da molte Direzioni HR per riuscire ad attrarre talenti - è sicuramente utile, ma non spiega esaustivamente le ragioni alla base della scelta delle persone. Esiste, infatti, secondo i dati analizzati da Reputation Institute, una correlazione ancora più forte tra “work for”e reputazione dell’azienda, perché – a differenza dell’Employer Branding – quest’ultima rappresenta un asset capace di costruire equity in maniera molto più durevole. Non basta essere riconosciuti, quindi, occorre saper costruire un legame emotivo molto più forte e duraturo.
Infatti, come è emerso durante la svolgimento della tavola rotonda tra i professionisti delle aziende, il legame emotivo può essere già costruito a partire da un'eccellente customer experience: il cliente soddisfatto può diventare un potenziale candidato ed esprimere il suo attaccamento all'azienda in termini lavorativi, facendo crescere così l'attrattività dell'azienda.
Come integrare Employer Branding ed Employer Reputation
Esiste una “equazione di valore” da sviluppare per accelerare la capacità dell’azienda di attrarre nuovi lavoratori: all’aumentare della capacità dell’azienda di farsi riconoscere, cresce più che proporzionalmente la sua reputazione con impatti significativi sulla propensione delle persone a voler lavorare per quella stessa azienda.
Ecco perché oggi questa “equazione di valore” pone l’enfasi sulla reputazione come moltiplicatore di impatto in termini di capacità di attrarre risorse. Un passaggio (da Employer Branding a Employer Reputation) che impone alle aziende di arricchire la loro value proposition nei confronti di possibili candidati da cercare.
“Sulla base della nostra esperienza decennale sui temi reputazionali– afferma Sara Fargion, Vice President - le strategie con le quali agire sono 3: (1) catturare l’attenzione dei potenziali candidati, costruendo familiarità con il pubblico, generando dialogo e coinvolgimento; (2) identificare i contenuti chiave che rispondano alle attuali priorità dei job seeker e (3) fare leva sui contenuti ad alto valore sulla base di una combinazione di canali di diffusione efficace.”
Le aspettative reputazionali nei confronti dei datori di lavoro
La nuova Employer Value Proposition (EVP) può essere così costruita partendo da alcuni driver che corrispondono alle principali aspettative dei possibili candidati e che, opportunamente declinate, possono essere veicolati attraverso un Employer Branding non più, a questo punto, fine a se stesso ma orientato a rafforzare la reputazione dell’azienda stessa.
In questa prospettiva, analizzando le 5 dimensioni che spiegano la reputazione dell’azienda presso coloro che cercano lavoro, le aspettative chiave dei possibili candidati sono maggiormente sbilanciate sui temi “Corporate”: quasi il 54% del loro giudizio dipende dalla forza dei prodotti, dall’etica e da una purpose coerente e valoriale. Solo il restante 46% circa dipende da fattori più propriamente legati a tematiche HR (retribuzione, sviluppo professionale e ambiente di lavoro).
I canali di comunicazione più efficaci per conquistare i job seeker
I canali proprietari (Owned Media), come per esempio i siti internet e i profili social delle aziende, sono i media che impattano maggiormente il percepito dei possibili candidati, seguiti dalle notizie che vengono lette o sul tradizionale passaparola (Earned Media). Nello specifico particolarmente efficienti le piattaforme Digital, come i canali Social e siti web.
L’esperienza diretta (Candidate Experience), invece, non sempre è positiva. Nei primi 3 settori per reputazione come datori di lavoro (Electrical & Electronics, Industrial e Luxury) la Candidate Experience “toglie” in media 8,5 punti circa. Al contrario per altri settori come Banking, Energy and Tourism, in fondo della classifica per Reputazione, il contributo dell’esperienza diretta è molto positivo (media +7,5 circa).
Claudia Barbieri