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Internet adv: mobile, video e programmatic sono già una priorità per le aziende, ma c'è ancora molta strada da fare

E' quanto è emerso dalla tavola rotonda 'Internet Advertising: i brand a confronto', tenutasi nell'ambito del convegno 'Internet Advertising: verso il 30% del mercato' organizzato dal Politecnico di Milano. Aniello (Artsana), Boscolo (Pianoforte Group), Maggi (UniCredit) e Montefredini (Wind Telecomunicazioni) si sono confrontati sul tema, concordando sul fatto che oggi a disposizione delle aziende ci sono molti più strumenti utile a comunicare e, soprattutto, a fare branding, ma che non mancano delle barriere che compromettono la possibilità di utlizzarli in modo efficace.
In occasione della presentazione della ricerca 2015 condotta dall'Osservatorio New Media e New Internet del Politecnico di Milano, tenutasi oggi, 4 giugno, a Milano, nell'ambito del convegno 'Internet Advertising: verso il 30% del mercato' (leggi news), si è tenuta la tavola rotonda 'Internet Advertising: i brand a confronto'.

Rappresentanti di importanti aziende si sono confrontati sul tema, riflettendo su quanto e come oggi gli investitori utilizzino in modo efficace gli strumenti a loro disposizione per comunicare con i possibili clienti, senza prescindere dal mettere in luce perplessità e difficoltà che ancora permangono in questo mercato.

"All'interno di Artsana stiamo facendo molte riflessioni in merito a come lavorare sui contenuti per renderli rilevanti e a come diffonderli  - ha esordito Elena Aniello (nella foto a sx), brand & strategic marketing director di Artsana -. Ad esempio, sul fronte video bisogna considerare che molte aziende hanno a disposizione un importante patrimonio video che, nonostante abbia dei costi non irrilevanti di produzione, viene poco valorizzato. Anche per questo motivo sarebbe efficace mettere a punto una vera e propria video strategy che consenta di sfruttare al meglio queste risorse".

Le barriere non mancano, e spesso si trovano proprio all'interno dell'azienda. "Il mondo esterno ci induce a lavorre a una velocità che spesso le strutture organizzative non ci consentono di mantenere", ha sottolineato la manager.

Inoltre, ci sono canali che necessitano di riflessioni a monte più articolate, come ad esempio il mobile. "La centralità del mobile nelle modalità di fruizione è indiscutibile - ha continuato Aniello - , ma i modelli advertising che si utilizzano oggi sono ancora poco efficaci, bisogna riuscire a proporre la cosa giusta alle persone nel luogo in cui si trovano e si tratta di un esercizio differente rispetto alla semplice scrittura creativa. Credo che adattare i contenuti non basti, serve un lavoro più mirato".

Lo stesso vale per il programmatic che, a parere della manager, se da un lato è già un dato di fatto nelle aziende, dall'altro non è così di immediata comprensione, soprattutto se si vuole avere un ritorno effettivo: basti pensare ad esempio all'importanza della qualità del dato, un aspetto da tenere in forte considerazione. "Servono meccanismi di controllo stretti, oltre a misurazioni ex ante ed ex post", ha chiosato Aniello. 

D'accordo Elena Montefredini (nella foto a dx), head of media planning and buying di Wind Telecomunicazioni. "Noi utilizziamo pesantemente il programmatc da due anni - ha dichiarato la manager -, credo che l'idea di base sia ottima ma che sia necessario abbattere ancora delle barriere. Ad esempio la distanza che esso crea tra l'investitore e l'editore, che può rappresentare un problema, e la necessità di gestire una serie di attività nuove insieme al centro media".

Secondo Montefredini, quella che si sta aprendo ora è la fase del programmatic 2.0. "Il programmatic pervaderà tutti gli investimenti digitali dei clienti, almeno dal punto di vista dei processi, e non potremo prescindere da questo".

Naturalmente, un operatore di telecomunicazioni come Wind non può non avere un forte focus sul mobile: "Per noi rappresenta uno straordinario strumento di connessione tra il mondo digitale e i punti vendita fisici  - ha detto la manager - . Esistono una serie di formati che ci consentono di trasmettere la vicinanza del brand al consumatore ed è anche per questo che, rispetto alla media del mercato, noi utilizziamo di più questo mezzo. Attualmente rappresenta il 15% del totale investimenti ma vorremmo che questa percentuale fosse più alta. Purtroppo anche in questo caso non mancano le difficoltà: la prima è rappresentata dalle concessionarie che spesso, con vendite in sovrapposizione etc., rendono tutto meno chiaro e trasparente".

Pur mantenendo alta l'attenzione e gli investimenti in rete, Wind però non può fare a meno della tv, che, come ha sottolineato Montefredini, "è ancora il mezzo per eccellenza, che permette di fare più contatti giorno di tutti gli altri media. E' per questo che le aziende che devono farsi conoscere e creare brand awareness hanno bisogno della televisione, anche se il web permette di pianificare campagne più targettizzate ottimizzando le risorse economiche e ingaggiando il consumatore".

"D'altra parte - ha continuato la manager -, considerando che quasi un terzo del nostro target di riferimento vede poco la tv, dobbiamo necessariamente puntare molto anche sui video online, che sono un ottimo strumento, profilato, non intrusivo, che può dare risultati molto positivi in termini di performance".

"In ambito fashion la comunicazione video viene utilizzata sistematicamente in tv e poi gli spot vengono adattati per la diffusione in rete e sui social  - ha spiegato Alessandro Boscolo (nella foto a sx), head of digital & eCommerce di Pianoforte Group (Yamamay, Carpisa, Jaked)  - . Ritengo che oggi un video nato per essere veicolato in tv debba già prevedere il digital come fonte di fruizione e dunque debba essere già ottimizzato in tal senso".

Per quanto riguarda il mobile, per Pianoforte Group si tratta soprattutto di un'ulteriore opportunità che consente di tracciare le attività del cliente. "Pianoforte Group sta effettuando molte analisi nei negozi per acquisire dati utili anche per capire su quali prodotti puntare nelle campagne mobile o quali messaggi usare nelle notifiche push - ha dichiarato il manager - . Inoltre, stiamo sperimentando i rich media: a giugno partirà la prima campagna su mobile che crea engagement attraverso un gioco. Non guardiamo solo alla performance, ma anche al branding e il mobile può essere un ottimo canale per fare attività di brand".

"Il programmatic? E' già molto utilizzato come metodologia ma c'è ancora della strada da fare; spesso ciò che manca all'investitore è la visibilità. Penso sia necessaria una maggiore collaborazione con i centri media e le concessionarie", ha concluso Boscolo.

Secondo Paolo Maggi, head of strategic media planning di UniCredit, "se sul fronte del costo non si sono notevoli differenze tra le campagne tradizionali e quelle pianificate in modalità programmatic, il vero plus di quest'ultimo è piuttosto costituito dal fatto che risponde con del valore all'ingresso di valore: se un'azienda fornisce brief ben strutturati e mette a disposizione dati rilevanti può ottenere con questa metodologia contatti di qualità".

"In ogni caso il programmatic da solo non risolve tutti i problemi - ha sottolineato Maggi -: l'impatto sul business dei contatti di qualità deve essere verificato, inoltre è necessaria un'intelligence aziendale in grado di lavorare sui dati per ottenere dei risultati soddisfacenti".

Innegabile comunque il fatto che il modo di fare comunicazione si stia modificando irrimediabilmente. "Oggi più che mai è necessario fare attività di branding per differenziarsi - ha spiegato il manager di Unicredit -, ma c'è anche un tema di costo: le aziende sono disposte a sostenere costi più elevati per finanziare campagne di questo tipo? Di fatto oggi le imprese si stanno trasformando in editori, preferendo all'advertising tradizionale nuove modalità di comunicazione, che richiedono un cambiamento totale di prospettiva. Innanzitutto, bisogna abbandonare la logica del breve periodo e imparare a ragionare più a medio-lungo termine, perché guardare al ritorno nel breve periodo non permette di puntare sulle attività di branding, che richiedono più tempo".

Sul fronte mobile, Maggi ha le idee molto chiare: "C'è ancora un divario importante tra la fruizione di questo canale e l'advertising che vi viene veicolato - ha affermato -: sul second screen non può funzionare la stessa creatività pensata per la televisione. Il mobile deve proporre qualcosa in grado di ingaggiare il consumatore, di fargli sentire che il brand lo segue e che gli è vicino; purtroppo però credo che ci siano ancora molti passi avanti da fare da questo punto di vista, soprattutto sul fronte della creatività".

Serena Piazzi