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Matrimoni tra brand sotto processo nel convegno DA
Presso la sede di Domus Academy si è tenuto oggi, 28 marzo, il seminario Wedding Brands. La giornata di studi fa parte del programma didattico del master in Business Design di DA e ha per tema 'Partnership, alleanze e nuove forme di relazione fra marche'.
Presso la sede di Domus Academy si è tenuto oggi, 28 marzo, il seminario Wedding Brands.La giornata di studi fa parte parte del programma didattico del master in Business Design di DA, e ha per tema 'Partnership, alleanze e nuove forme di relazione fra marche'.
Nella mattina sono intervenuti Giulio Ceppi, direttore del master in Business Design, Francesco Morace, presidente di Future Concept Lab e Aldo Cernuto, direttore creativo Young&Rubicam.
Giulio Ceppi: "Relazioni tra brand per sviluppare comunicazione, prodotto, servizi e strategie"
I brand, da soli, non esistono, ma esistono in relazione alle persone con cui si mettono in contatto. Per questo risulta estremamente importante analizzare le relazioni tra persone, e tra persone e brand, sapere cosa si intende per community e clubbing. Anche la relazione people to people, in quest'ottica, diventa sempre più importante per i brand.
Due 'tipi' di relazione tra brand e pubblico sono la fidelizzazione e la testimonialship. All'interno di queste dinamiche, i brand si presentano come insieme di valori semantici e simbolici che hanno come obiettivo il 'coinvolgimento' dei destinatari della comunicazione. Molto importante, nello stesso tempo, sono le relazioni che nascono tra brand in funzione dello sviluppo della comunicazione, del prodotto, dei servizi, delle strategie o degli strumenti finanziari, con obiettivi anche monopolistici.
La partnership tra brand ha lo scopo di produrre innovazione e creare business, innescando spesso una dinamica tra società multinazionale e azienda locale per avere accesso a mercati medio-piccoli, con vantaggi reciproci tra i brand. Ed è così che si comincia a parlare di glocal.
Un ultimo aspetto a cui porre attenzione, secondo Ceppi, è il fatto che a volte il brand può essere uno strumento che produce effeti imprevisti ed è rifiutato da molti, o da una parte di consumatori. Si pensi, in questo senso, alle contestazioni contro McDonalds.
Francesco Morace: singolo, coppia, club culture. Il brand cresce a contatto con la società
A proposito della relazione tra brand, Morace ha inizialmente posto l'attenzione sulla sempre maggiore consapevolezza dei clienti nei confronti dei marchi, con la conseguente capacità di valutare la maggiore o minore validità di eventuali allenanze. In passato si pensava che fosse sempre un bene 'unirsi' e aiutarsi reciprocamente tra brand. Oggi si sa che non è così.
Tra i fenomeni da cui non si può più prescindere, c'è la nuova esigenza delle persone di condividere le esperienze, cosa vera anche nei processi creativi, dove l'elaborazione della strategia non viene più curata dal singolo, ma da coppie creative o da team. Nella vita quotidiana non è più il singolo, ma la coppia, o il gruppo, il protagonista dei processi decisionali, in un sistema che, alla soglie di grandi rivoluzioni mediatiche, riconosce ancora nel tam-tam o tam-tandem (da coppia a coppia) il canale comunicativo più efficace.
Riconosciuti questi processi, si può intuitre come il modello di sviluppo incentrato sul singolo sia gradualmente sostituito da un modello 'gemellare', che reagisce all'isolamento creativo e al narcisimo del brand 'solitario'.
Altri temi toccati da Morace sono stati il testimonial e la club culture. Nel primo caso, un accorgimento importante è quello di intendere il 'volto famoso' non come elemento di garanzia sul prodotto, bensì come rinforzo del 'carattere' del brand. Per questo è importantissimo scegliere un personaggio 'affine' al prodotto, creando un circolo virtuoso di comunicazione. Per club culture invece si intende la costante crescita di luoghi pensati per la nascita di relazioni e partnership.
Dal barber shop che la sera diventa sigar bar, alle librerie-cafè, dalle spa alle alle enoteche, si parla di spazi dove socialità e convivialità sono un elemento imprescindibile. Da ciò si deduce che le persone stesse oggi si presentano come stimolatori di partnership, e le aziende devono elaborare strategie di relazione intercettando gusti, tendenze e passioni della società, in un sistema in cui la distribuzione e il punto vendita assumono un'importanza imprevista.
Aldo Cernuto: i pericoli del matrimonio tra brand
I pubblicitari sono dei grandi semplificatori, che spesso devono portare a conoscenza della gente concetti anche complessi. Premesso questo aspetto fondamentale, spesso quando due marche si incontrano, nel momento di entrare in comunicazione combinano disastri. Quando, nell'ambito di una campagna, si ha più di una cosa da dire, iniziano i problemi, e in una situazione di coppia, le cose da comunicare sono sempre almeno due.
Come in qualsiasi caso di matrimonio, la cerimonia è sempre molto propositiva e festosa. Una volta celebrata l'unione però, la coppia si deve rivolgere all'agenzia per comunicare. Il pubblicitario, a questo punto, si trova di fronte a due clienti, in una situazione in cui le 'voci in capitolo', che spesso sono già troppe nel caso del rapporto con un'azienda, si moltiplicano, frammentando il processo decisionale, momento fondamentale per la riuscita della campagna, in una miriade di punti di vista diversi.
A testimonianza della difficoltà di questa situazione, c'è il fatto che è veramente difficile trovare campagne co-branded di successo. Tra i settori più attivi a livello di partnership c'è quello automobilistico. In questo caso, le campagne citate da Cernuto come 'accettabili' riguardano i marchi Clio-Nokia, Renault-Mtv e Citroen-D&G.
Ogni brand possiede un patrimonio di marca sedimentato nella comunicazione passata. Quando due brand si incontrano, dunque, si incontrano due patrimoni, dei quali spesso un prende il sopravvento. Caso emblematico, in questo senso, la campagna Renault-Brail dove, nel corso dello spot, 'echeggia' il noto claim 'toccatemi tutto, ma non il mio Brail', che per la sua notorietà 'oscura' il brand partner.
Quasi sempre la soluzione in situazioni di co-branding si trova nel compromesso, che però per sua natura è una condiozine che azzera le cuspidi creative. In questo caso, dunque, l'esito del matrimonio tra brand è il 'vissero tutti felici e contenti.' In altri casi, invece, si assite al divorzio precoce. E' difficile, infatti, ricordare casi di wedding brand duraturi nel tempo.
Ma episodi di successo si possono pur sempre contare: è il caso di Alessi che dalla voce del licensing manager, Massimo Bortott, comunica l'esperienza di molteplici e riusciti connubi con altri marchi anche molto distanti dal punto di vista merceologico e del posizionamento. "Innazitutto- esordisce Betrott - Alessi non crede assolutamente nel marketing: vocazione e mission dell'azienda, anzi, è proprio di anticipare il dato proveniente dai consumatori andando a toccare coi suoi prodotti una serie di bisogni latenti che, una volta emersi, creino essi stessi il mercato. Attori principali di questo tipo di intervento proattivo sono proprio i designer che, in un certo qual modo, sono i nostri uomini marketing".
"In questo senso- continua Bertott - si può dire che Alessi si colloca in una posizione di mediazione tra creatività e produzione, e lo fa con la costante pratica del meta-progetto che poi, in sostanza, è la traduzione del briefing aziendale calato nel mondo del design".
Insistendo sempre e comunque sui cosiddetti soft value, tipici della sua produzione e filosofia, Alessi ha cominciato così ad allargarsi dapprima ai comparti merceologici più contigui (arredamento bagno e l'alta nicchia della produzione di cucine), per poi collaborare anche con aziende dalle produzioni apparentemente inconciliabili con il suo core business. Il requisito comune delle aziende con cui Alessi è entrata in contatto è il forte orientamento tecnologico e la qualità nella distribuzione.
È così nata una partnership con Fiat per cui Alessi ha disegnato una variante della nuova Panda : partendo dall'idea dell'animale da cui l'automobile trae il nome, è stata concepita un'auto bicolore bianca e nera che richiama il caratteristico muso dell'orso. "Importante- sottolinea Bertott- nella relazione tra i due soggetti è stato seguire un progetto di design management con un'attenzione costante ai costi di produzione: la stessa Alessi aveva proposto un cambiamento stilistico del paraurti anteriotre della vettura che non è stato assolutamente possibile far accettare all'azienda partner per motivi di efficienza produttiva".
"Comunque sia andata - chiosa Bertott - il matrimonio tra la più grande casa produttrice di automobili italiana e il marchio portabandiera del design ha voluto definire per Panda un posizionamento di nicchia per un target femminile e giovane in grado di compiere una scelta secondo un criterio di 'stile' e non di 'status'".
Su questa linea si attesta anche un'altra curiosa laison: si tratta dei rapporti intercorsi tra Alessi e la multinazionale tedesca della chimica Henkel. In questo caso il legame con prodotti mass-market come detersivi, detergenti o deodoranti per wc, ha comunque rappresentato un successo in quanto l'accativante design Alessi si è appoggiato all'eccellente capacità distributiva di Henkel i cui prodotti, a loro volta, hanno acquistato allo scaffale una maggior appeal distintivo.
Anche da Pirelli si possono ascoltare storie di partnership fruttuose. Guglielmo Fiocchi, vice presidente senior di Pirelli Pneumatici , descrive la pratica della partnership come fondamentale per ridurre il time to market tra la produzione e i dealer.
"Ma - spiega Fiocchi- la rappresentazione maggiormente efficace della capacità di Pirelli nell'intessere relazioni vantaggiose è data dalla sua stessa campagna comunicativa: la fomosa immagine del pugno chiuso che esibisce all'anulare un anello con lo stemma della casa automobilistica che sceglie gomme Pirelli, non è forse l'emblema più significativo del matrimonio?"