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IAB Forum 2017. Avere un team di data scientist in-house, comunicare in ottica 'optichannel', rispondere ai nuovi bisogni del consumatore sfruttando le potenzialità dell'AI: così si vincono le nuove sfide del marketing
Big data, intelligenza artificiale, realtà virtuale, orientarsi in questo scenario in continua evoluzione non è facile, soprattutto perché le aziende hanno a che fare con un consumatore che, per la prima volta nella storia, ne sa più di loro.
Alcuni spunti e suggerimenti interessanti si possono trarre dall'esperienza di chi lavora nel settore e conosce bene difficoltà e opportunità delle innovazioni tecnologiche di cui tanto si parla. Alcuni di questi professionisti sono saliti sul palco nella seconda giornata di IAB Forum per offrire alla platea alcune considerazioni utili.
Carlo Tornai (foto 1), Head of Data Science and Analytics di Pirelli, ha raccontato l'impegno di Pirelli nel creare una cultura del dato. "L'azienda ha iniziato a lavorare in questa direzione per tre ragioni principali - ha spiegato il manager - : in primis per capitalizzare l'enorme quantità di dati presenti in azienda, in secondo luogo perché oggi i dati sono necessari per aggiungere la proposizione di servizi adeguati alla pura vendita di prodotti, infine perché la cultura del dato è il primo tassello per riuscire a mettere in atto la trasformazione digitale di un'impresa".
Sono tre gli ambiti nei quali Pirelli mette a frutto i dati: lo smart manufacturing o industry 4.0, nell'ottica di ottimizzare prodotti e servizi; l'integrated business planning e la creazione di servizi ad hoc per l'utente, sfruttando le opportunità della cyber technology.
La gestione dei dati porta con sé alcune difficioltà. "Innanzitutto non bisogna pensare che è sufficiente dotarsi delle infrastrutture giuste per risolvere il problema, perché non si tratta di una questione puramente tecnologica - ha sottolineato Tornai -. Poi è sbagliato optare per l'outsourcing, cercando all'esterno dell'azienda le risorse in grado di 'maneggiare' i dati. La soluzione migliore sta nel creare un team di data scientist all'interno dell'impresa".
E' questa la strada intrapresa da Pirelli, che ha riunito professionisti con profili ed expertise diversi, dando vita ad una squadra ad hoc interna. "Spesso le competenze che servono sono varie, per questo motivo meglio affidarsi a figure con background diversi, inoltre è bene i dati vengano reso accessibili a tutti coloro che possono averne bisogno in azienda, attraverso la costruzione di tool adeguati alle differenti skill che consentano di interagire con essi in modo utile", ha detto il manager.
Naturalmente affinché la creazione della cultura del dato avvenga in modo efficace sono necessarie alcune condizioni, come ha spiegato Tornai: "E' necessario il committment da parte del top management che deve essere disposto a investire nell'utilizzo dei dati e delle informazioni senza aspettarsi dei risultati immediati; il team di data scientist deve avere una forte interazione con il business e non essere un gruppo isolato; inoltre i professionisti del dato devono entrare in relazione con il team IT già presente in azienda".
Non si tratta di un percorso facile. Le principali sfide? "Trovare le persone giuste e fare in modo che restino in azienda e naturalmente combattere l'innata resistenza al cambiamento che è insita in ognuno di noi", ha chiosato il manager.
D'altra parte, le aziende sono costrette ad adeguarsi a un ecosistema in continuo mutamento. L'ambiente che ci circonda si sta riempiendo di oggetti con i quali colloquiamo (basti pensare alle macchine connesse, ai personal assistant, a tutto il mondo legato all'IoT di cui tanto si parla, ndr.) e queste diverse modalità di interazione con i media tecnologici rendono necessari anche dei cambiamenti nel marketing digitale. Di questo ha parlato Luca Petroni, Head of Digital Strategy & Design Assist Digital.
"Quest'anno per la prima volta il numero totale di pagine web viste dagli utenti è diminuito, pur aumentando il consumo di dati: questo significa che la rete viene fruita in modo diverso - ha sottolineato il manager - . Pensiamo ad esempio ai sistemi di interazione vocale, che diventeranno sempre più diffusi: banalmente, non è possibile inviare un banner a chi interagisce con il web parlando".
Gli utenti pretendono esperienze sempre più personalizzate e una comunicazione che vada di pari passo. "Trasmettere molti contenuti può essere controproducente, piuttosto è bene offrire il contenuto giusto, al momento giusto", ha spiegato Petroni.
Passare dall'omnicanalità all'opticanalità, questa la soluzione, secondo il manager di Assist Digital, che si definisce un Customer experience service provider. "La questione sta non tanto nel deliverare il contenuto giusto su svariati canali ma proporlo sul canale giusto quando l'utente ne ha biogno - ha dichiarato Petroni - . In quest'ottica, si perde anche la distinzione tra contenuto e advertising, perché la pubblicità diventa il contenuto che sto cercando in quel determinato momento".
L'impresa è ancora più ardua se si tratta di parlare ai Millennials, un'audience particolarmente difficile da 'ingaggiare', 13 milioni di persone che trascorrono il 76% delle loro giornate in un contesto digitale. Individui che sul web si informano, decidono cosa acquistare, scambiano opinioni. Giovani che producono una grande quantità di contenuti e per questo sono più critici nei confronti di quelli che vengono loro proposti. "'Quick and now', questo è il motto dei Millennials, che applicano a tutto questa regola, pretendendo dalle aziende immediatezza - ha spiegato Paola Cavallero, Direttore Marketing & Operations di Microsoft Italia - . Oggi, i bot e l'intelligenza artificiale offrono nuove modalità di conversare con questo target: gli algoritmi consentono di rispondere in modo efficace alle loro richieste. Bing ad esempio nel totale rispetto della privacy è in grado di raccogliere informazioni che, attraverso l'intelligenza artificiale, possono poi essere convertite in soluzioni adatte alle singole esigenze".
I Millennials sono anche il segmento della popolazione costantemente alla ricerca di innovazione: basti pensare che il 57% di loro dichiara di voler essere il primo a provare le nuove tecnologie. Tra queste, la mixed reality è senza dubbio una delle più interessanti. Come ha spiegato Andrea Benedetti, Technical Evangelism Director Microsoft Italia, questa tecnologia consente di superare le difficoltà presenti in caso si scelga di ricorrere a realtà virtuale e realtà aumentata. La prima, infatti, è possibile attraverso l'uso di strumenti che, occludendo la vista, rischiano di provocare problemi fisiologici perché il cervello riceve input diversi; la seconda invece può non funzionare in modo corretto se l'ambiente circostante viene modificato.
Microsoft HoloLens invece è uno strumento autonomo, dotato di videocamere e microfoni direzionali, che una volta indossato permette di visualizzare nell'ambiente fisico degli ologrammi e di interagire con essi. Gli ambiti di applicazioni possono essere diversi, sia in ambito btb che btc. "Due ingegneri di Paesi diversi possono visualizzare contemporaneamente il prodotto su cui stanno lavorando, un medico può ottenere informazioni sul paziente che sta operando senza distogliere lo sguardo da lui e comunicandole direttamente a un collega in conference call e così via", ha affermato Benedetti.
Ma le innovazioni non devono necessariamente essere così futuristiche per essere efficaci. Jef Kofman, ad esempio, Ceo and Co-Founder Trint, ha fondato la sua startup cercando di risolvere un problema con il quale si è sempre trovato a dover fare i conti nel corso della sua brillante carriera da giornalista, ovvero la trascrizione delle interviste registrate.
"Ora ci sono molte più piattaforme che hanno bisogno di contenuti - ha spiegato Kofman - . Inoltre le persone tendono a svolgere molte attività contemporaneamente e hanno sempre meno tempo. Queste due condizioni, unite al fatto che molti dei contenuti veicolati sono video, rende necessario un sistema che permetta di catalogarli e cercarli rapidamente. Come? Naturalmente grazie ai dati".
Trint nasce proprio come piattaforma che, grazie a un software costruito ad hoc, è in grado di tradurre in testo qualsiasi speech così da renderlo rintracciabile facilmente in rete. In questo modo un contenuto derivante da una fonte audio (un'intervista, ad esempio, o l'intervento di un relatore a un convegno) si può cercare senza difficoltà e, lato produttore di contenuti, si possono evitare i costi di trascrizione.
"Credo che il punto di partenza per fondare una startup sia un'idea che sfoci in un prodotto in grado di migliorare l'experience delle persone - ha sottolineato Kofman - . Poter contare su ottimi ingegneri e una tecnologia innovativa non basta, è indispensabile innanzitutto una comprensione profonda del problema che si vuole provare a risolvere".
Serena Piazzi