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E-commerce Summit/1. Gli acquisti online in Italia crescono, tra marketplace che la fanno da padrone, mobile che non spicca il volo e negozi che cambiano pelle
Le vendite online a livello planetario stanno crescendo e l'e-commerce è l'unico settore al mondo che attualmente mostra tassi di crescita così elevati. Guardando ai diversi Paesi, è la Cina a registrare la crescita più elevata nel settore ecommerce, basti pensare che sono ben 400 milioni i cinesi che acquistano online.
In Italia 21 milioni di acquirenti comprano online (+17%), per una spesa totale pari a 23,6 miliardi. La crescita interessa tutti i settori (informatica e abbigliamento crescono entrambi del +28%), ma la penetrazione del commercio elettronico sul totale commercio è ancora bassa, pari al 6%. Inoltre gli italiani (purtroppo) comprano spesso all'estero: il 25% degli acquisti viene fatto oltreconfine, un dato che non viene adeguatamente bilanciato dalle esportazioni. Soprattutto perché molte imprese italiane non sono ancora in grado offrire ai consumatori un'esperienza soddisfacente di acquisto in rete. Un dato su tutti: al momento sono solo 40mila le aziende italiane che vendono i propri prodotti online.
Da qui l'interesse per il tema dell'ecommerce, che è stato al centro della terza edizione dell'E-commerce Summit, andata in scena questa mattina, 31 ottobre, a Milano, ed è stata anche l'occasione per riflettere sui nuovi trend.
Roberto Liscia, presidente Netcomm, nel suo intervento ha tracciato un quadro preciso del settore, evidenziandone le principali caratteristiche e le tendenze in atto.
Come ad esempio il ruolo sempre più determinante dei marketplace, che diventano un elemento strutturale di questi nuovi canali di commercio. Basti pensare che sono più di 300 milioni gli utenti che acquistano online su Amazon, su 1,5 miliardi di acquirenti totali.
In Italia solo il 30% degli acquisti online avviene via mobile, ma in altri mercati la situazione è ben diversa: nel Regno Unito e in Giappone le vendite su mobile hanno già superato le vendite su desktop. “Il mobile sta diventando un ponte tra on e offline e l'attore principale dello sviluppo di questo mercato – ha spiegato Liscia -. Il 65% dei clienti mentre si trova in negozio utilizza lo smartphone per comparare i prezzi e la percentuale sale se si guarda al target Millennials”.
La continua crescita dell'ecommerce ha determinato un calo della presenza dei consumatori nei negozi fisici: in Italia nel 2016 (periodo gennaio- agosto) si è registrata una diminuzione del -2,7% dello store traffic. Considerando che quest'anno si attende una crescita del 10,1% delle vendite online sul totale retail, appare chiaro che i punti vendita devono attrezzarsi per cambiare pelle e accompagnare, supportare e assistere il consumatore lungo tutta l'esperienza di acquisto.
I modelli di business cambiano rapidamente e questo, come ha spiegato Liscia, facilita anche l'ingresso di nuovi player nel comparto.
“Il settore sta attirando sempre più investimenti e capitale e il commercio digitale è diventato il vero motore delle economie avanzate. A fare la differenza per il successo delle imprese e, di conseguenza, del Paese, saranno sempre più le competenze”.
Competenze che possono avere a che fare con la gestione dei dati. “I dati e la conoscenza del cliente rappresentano la nuova frontiera – ha affermato Liscia -. Un esempio? Nel settore dell'abbigliamento Asics, Adidas e Under Armour hanno speso 1 miliardo di dollari per comprare applicazioni che consentissero loro di ottenere maggiori informazioni relativamente al comportamento del cliente, perché proprio questo sarà il vero petrolio del futuro”.
Per Alessandro Zanotti, managing director digital customer & channels lead Accenture, sono cinque le tendenze che caratterizzano l’attuale scenario in riferimento all’ecommerce. “La prima è l’apertura di punti vendita fisici da parte degli online player – ha spiegato il manager - , la seconda è costituita dalle alleanze che stanno nascendo tra player fisici e soggetti della rete, come ad esmepio la partnership tra Walmart e Google; poi la trasformazione degli online player in abilitatori del commercio elettronico per i player offline, ai quali mettono a disposizione le loro competenze; si può identificare poi la tendenza all’acquisto di intere community online e, infine, una crescente importanza dell’elemento umano, basti pensare al concetto di Social Human Delivery”.
Zanotti ha invitato la platea a riflettere soprattutto sui comportamenti d’acquisto della cosiddetta Generazione Z, di cui fanno parte i nati tra il 1996 e il 1998. Da un’indagine realizzata da Accenture su un campione di 10mila consumatori è emerso che per questi giovani l’’ispirazione’ all’acquisto viene sì dai social media (compresi i video su YouTube), ma anche dalla famiglia e dagli amici. Inoltre negli appartenenti alla Generazione Z prevalgono gli acquisti di impulso sugli acquisti programmati. Il 30% degli intervistati valuterebbe positivamente l’opportunità di chattare con un sales assistant.
Mentre tutti inneggiano alla omnicanalità, Zanotti invita a riflettere sul fatto che forse sarebbe più opportuno introdurre invece il concetto di ‘monochannel’. “L’ominicanalità presuppone la capacità di offrire al cliente un’esperienza consistente dovunque acquisti, di gestire gli ordini e le eventuali restituzioni in modo efficiente e flessibile, di fornire servizi a valore aggiunto, di abilitare chi si trova in negozio a ordinare online – ha affermato il manager -.Capacità che difficilmente le aziende possiedono, per questo motivo varrebbe la pena agire in ottica di monocanalità”.
In che senso? “Ad esempio creando figure di coordinamento che tengano in considerazione il cliente e il customer journey nel suo complesso, alleandosi con gli operatori che abbiano le capabilities necessarie e, soprattutto, dando vita a un’esperienza di acquisto che parta dalle esigenze del cliente e non da quelle dell’azienda”.
Da una ricerca realizzata da Blogmeter su un campione di popolazione tra i 15 e i 64 anni avvezzo all’utilizzo massiccio dei social emerge che un italiano su tre non solo acquista spesso online, ma se può sceglie di evitare l’acquisto nel punto vendita fisico. Si tratta dei cosiddetti E-Commercer, per la maggior parte tra i 25 e i 44 anni, iscritti ad almeno sette social network.
“Dall’indagine si evince anche il gap esistente tra la percentuale di persone che comprano online e quelle che finalizzano gli acquisti da mobile – ha affermato Alberto Stracuzzi, customer intelligence director Blogmeter -. Un gap dovuto al fatto che l’esperienza d’acquisto da mobile spesso non è altrettanto appealing e soprattutto efficiente di quella da desktop”.
Sui social si va principalmente per cercare prezzi, informarsi sui dettagli tecnici del prodotto o leggere le recensioni. Tecnologia, moda e viaggi i settori maggiormente interessati dagli acquisti in rete.
Ma online si può comprare anche formazione, come ha messo in luce Danilo Iervolino, presidente Università Pegaso. “Oggi tutti parlano di Internet of Things, ma nessuno affronta il tema del lavoro 4.0 e della formazione, motore di questo cambiamento - ha sottolineato Iervolino - . In un contesto di calo generalizzato degli iscritti ai corsi di laurea tradizionali, Università Pegaso registra ogni anno una crescita degli studenti pari al 30% perché offre percorsi formativi personalizzati grazie alle informazioni derivanti dall’analisi dei dati e mette a disposizione un sistema di pagamento sicuro ed efficiente. D’altra parte, l’istruzione attraverso la rete è perfettamente in linea con le nuove professioni”.
Serena Piazzi