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Occhio alla sindrome del 'giornalino'

Dal numero di agosto-settembre 2008 di NC, pubblichiamo l'articolo scritto da Luca Villani, amministratore delegato di Pub, in cui si affronta il tema della necessità di personale qualificato e specializzato nelle attività di comunicazione interna.

Di Luca Villani, amministratore delegato di Pub

Quanto è importante la comunicazione interna? Se lo chiedete a cento manager otterrete un plebiscito: importantissima, imprescindibile, la più strategica. Se si passa dalle parole ai fatti, però, la situazione cambia. Se la comunicazione tout court è spesso la Cenerentola dell'azienda, la più facile da tagliare quando le cose vanno male, quella su cui tutti si sentono legittimati a dire la loro (soprattutto chi non se ne è mai occupato), la comunicazione interna rischia di essere una Cenerentola fra le Cenerentole.

Partiamo dal presupposto che la comunicazione interna serva a qualcosa: a informare i dipendenti; a farli sentire parte di un'organizzazione e di un progetto; addirittura a 'conferire il senso' a tutto il resto, come mi ha detto un illuminato direttore del personale qualche tempo fa. Senza comunicazione, senza il 'senso', senza un 'che cosa' e un 'come' condivisi, infatti, la vita aziendale assomiglierebbe in modo preoccupante a un vano spostar sedie, scrivanie, computer e faldoni, oltre che persone. Dunque, se la comunicazione interna ha un senso (o addirittura è una parte del senso), dove sta il problema? Il problema sta in quella che chiameremo la 'sindrome del giornalino'. Che in anni più recenti si è evoluta nella 'sindrome della intranet'.

Proviamo a spiegare. La comunicazione interna si può fare con numerosi strumenti: detto che anche il cartello 'Il wc è guasto' è comunicazione interna, gli strumenti più comuni e più efficaci sono le newsletter (cartacee o digitali), gli house organ, le intranet, addirittura - negli ultimi tempi - le web tv. Per realizzare questi strumenti servirebbero delle competenze, un po' come per qualsiasi cosa: persone capaci di progettare una rivista, poi di scriverla, di impaginarla. Oppure - se si vuole fare una web tv - di immaginare un palinsesto (per quanto semplice) e di produrre dei contributi video scritti, girati e montati in modo che non siano di una noia mortale per il malcapitato che li guarda. Invece non è così semplice.

La 'sindrome del giornalino', che colpisce molti altrimenti autorevoli manager, manda a gambe levate ogni logica di competenza. C'è da fare il 'giornalino aziendale' (eccolo! Già chiamarlo così dice tutto)? Lo scrive la segretaria dell'amministratore delegato. Lo progetta l'agenzia che ci fa il packaging. Lo impagina lo stampatore. La intranet? Sta sotto la responsabilità dell'information technology (che è come dire che al ristorante non cucina lo chef, ma il tecnico della lavastoviglie) e i testi li fanno i capi area. Insomma: è tutto un intreccio pernicioso di fatto in casa e di fatto da consulenti esterni, ma da quelli sbagliati. La ragione? Probabilmente l'idea (alla prova dei fatti infondata) di spendere meno. Unita a un po' di pigrizia mentale e al sano piacere della gestione di un micro-potere.

Il risultato? Immaginarsi. I dipendenti non leggono l'house organ, i manager non ci credono e si limitano a tollerarlo, cosicché si comincia con il saltare qualche numero per poi tagliarlo del tutto quando i budget iniziano a entrare in tensione. Senza contare che, nei momenti in cui il povero house organ potrebbe guadagnarsi la pagnotta, ovvero servire a qualcosa (durante una crisi aziendale, una riorganizzazione, una fusione), in genere è così debole che viene - paradossalmente - sospeso.

Quale soluzione, allora? Bisognerebbe innanzitutto convincersi che quello della comunicazione interna è un lavoro, come l'advertising o il web design (o le paghe e contributi), e che bisognerebbe farlo fare a chi ne ha le competenze. Non stiamo parlando di istituire l'Albo dei comunicatori interni, anzi: siamo in Italia, dove di Albi e ordini professionali ce ne sono già troppi e bisognerebbe eliminarne qualcuno. Basterebbe che i committenti (i direttori della comunicazione, i direttori marketing, del personale) pretendessero un'agenzia per realizzare i progetti di comunicazione interna. E che, prima di affidarle il lavoro, chiedessero, semplicemente, di vedere i suoi lavori precedenti.