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Sassoli (Auditel): "In Italia oltre 26 mln di Smart tv. Il 60% delle famiglie ha la TV connessa. Servono trasparenza verificabile, misura oggettiva e sinergie tra i JIC. Il futuro? Un'ibridazione continua e la ricerca della verità dei numeri e dei gesti"

All'Advanced TV Conference di UPA ed Engage a Milano, il presidente ha sottolineato anche la rilevanza della TV lineare che nel 2024 ha rappresentato il 65% del tempo di visione totale in Italia, e ribadito il ruolo di Auditel, dotato del panel familiare più rappresentativo d’Europa (oltre 41.000 individui monitorati in 16.000 famiglie) presto ibridato con i dati di prima parte, raggiungendo una copertura stimata del 95% delle interazioni digitali con contenuti TV entro il 2026.

Sassoli de Bianchi, presidente Auditel, ha aperto i lavori pomeridiani dell'Advanced TV Conference, organizzata da UPA ed Engage al Teatro Lirico di Milano, con una profonda e interessante riflessione sul presente connesso della televisione italiana che ha preso il via da un'immagine che riporta a una modalità di fruizione del piccolo schermo di tanto tempo fa.

"Dunque, partiamo da un’immagine: una sera qualunque, un soggiorno qualunque, l’apparecchio televisivo acceso. Un tempo bastava questa messinscena per comporre l’intero teatro domestico: il moderno focolare catodico, il luogo delle liturgie serali. Ebbene, il focolare, ormai ci è chiaro, si è fatto altro. Rete. Piattaforme. Algoritmi. Qualcosa di più simile a un circuito neurale che a un caminetto. E il pubblico? Nomade. Multiplo. Inafferrabile. E tuttavia… Tuttavia qualcosa resiste, resta, riaffiora: guardare rimane ancora un atto profondamente umano. E misurare quel guardare, oggi, vuol dire tentare una cartografia dell’invisibile, disegnare un atlante delle soglie. Sì, soglie: ogni schermo oggi è una soglia, un varco, una porta girevole tra presenza e assenza, tra l’intimo e il globale, tra il qui e l’ovunque".

La rivoluzione dello schermo parte dalla  TV connessa: "sempre più diffusa (oltre 26 milioni di Smart TV), non è più una scatola, ma una mentalità, una sintassi. Detta il tempo, o meglio, lo frantuma; e reinventa lo spazio. Chi guarda? Chiunque (dai 4 anni in su). Dove? Ovunque (80 milioni di device portatili). Quando? Sempre (live e on demand)".

In questo scenario,  riflette Sassoli "l’ideologia del “tutto disponibile”, la cosiddetta democrazia dei contenuti, rischia di diventare anarchia senza regole. E allora non possiamo accontentarci della libertà di scegliere: abbiamo bisogno di fiducia condivisa, trasparenza verificabile, misura che sia oggettiva. È qui che entrano in gioco i JIC".

In Italia, ricorda il presidente Auditel "circa il 60% delle famiglie ha la TV connessa. Il dato statistico certifica una rivoluzione silenziosa, senza proclami, senza fanfare, avvenuta attraverso milioni di telecomandi. Una rivoluzione che ha spiazzato tutti.
Per anni, infatti, ci siamo raccontati la storiella della sostituzione: 'La TV on demand spazzerà via il palinsesto, l’algoritmo divorerà il conduttore.' Previsione sbagliata. La realtà, come sempre, si è presa la rivincita sulle semplificazioni. La TV lineare non è scomparsa, tutt’altro: si è adattata, sovrapposta, intrecciata con la TV connessa… Convivono, le due. Si guardano in cagnesco, forse. Ma convivono. Con i broadcaster che, ibridandosi e divenendo streamcaster, hanno incrementato gli ascolti. Così, nel 2024, la TV lineare ha rappresentato ancora il 65% del tempo di visione totale in Italia, mentre lo streaming on demand ha raggiunto il 30%, con una crescita annua del 12%. E, come dopo ogni rivoluzione tecnologica - dalla nascita della radio a quella della TV che l’avrebbe soppiantata, cosa mai avvenuta - le tecnologie non si sono escluse, anzi si sono moltiplicate. E con esse le domande: chi guarda che cosa? Quando? Da dove? Con chi? E per quanto? A questi interrogativi non rispondono le leggende metropolitane. Rispondono i dati. E perciò, servono istituzioni, non oracoli, non lobby, non foglie di fico: istituzioni serie. Come Auditel. Come Audicom. Come tutti i JIC che, oggi lo possiamo dire, non possono più permettersi il lusso dell’autarchia. Nessun JIC è un’isola. La misurazione è cosa collettiva, interdipendente, delicatissima, come abbiamo ribadito in Mediatelling nella scorsa primavera.Auditel, perciò, è divenuto anche un provider: ha messo a disposizione degli altri JIC la Ricerca di Base, l’SDK Video unico, il Focal Meter Panel e il CUSV".

" Non basta - aggiunge Sassoli - . Traduttore simultaneo del comportamento visivo del Paese, capace di parlare insieme il linguaggio della statistica, dell’intuizione sociologica, dell’algoritmo e della democrazia, Auditel viaggia a tappe forzate verso il traguardo della Total Campaign. Abbiamo il panel familiare più rappresentativo d’Europa: oltre 41.000 individui monitorati in 16.000 famiglie. Lo abbiamo arricchito, aggiornato con SDK, tecnologie digitali, dati censuari. E, presto, lo ibrideremo con i dati di prima parte, raggiungendo una copertura stimata del 95% delle interazioni digitali con contenuti TV entro il 2026.
La nostra forza è questa: profondità da una parte, precisione dall’altra. Rappresentatività e dettaglio. Scienza e discernimento. Perché in un mondo che si guarda allo specchio attraverso dei filtri, restare un buon osservatore è già un atto significativo. Nielsen negli USA, BARB in UK, Médiamétrie in Francia, AGF in Germania: tutti, chi più chi meno, stanno affrontando la sindrome dell’ubiquità televisiva, la frammentazione, la mobilità, l’inafferrabile. Ma nessuno ha ancora trovato la formula magica che, forse, diciamocelo, non esiste".

"Auditel, intanto, tiene la barra dritta - sostiene il presidente - e si distingue per pluralismo, per apertura, e soprattutto per metodo. Auditel è un sistema partecipato, in cui broadcaster, inserzionisti, centri media, agenzie, istituzioni, siedono allo stesso tavolo. Non una proprietà, ma una piattaforma di fiducia comune. Non sarà una disfida tra generi e tantomeno tra generazioni: come ha certificato il Primo Rapporto Auditel-IPSOS, infatti, il target 65-74 anni è formato da individui “iperconnessi, multidevice, multipiattaforma”. Il futuro sarà, piuttosto, un’ibridazione continua, una mescolanza di linguaggi, di formati, di tempi. Sarà un collage. E chi misura, dovrà imparare a leggere anche il silenzio. Anche la pausa. Anche la scelta che non è una scelta. Servirà perlustrare i giardini chiusi delle applicazioni, i labirinti delle TV connesse, i boschetti di contenuti personalizzati e inaccessibili, le intenzioni che non arrivano mai al click".

"Serve, e servirà, una metrica sensibile: insieme semplice e profonda; utile al mercato, certo, ma anche alla coscienza collettiva. Perché misurare non è solo contare gli ascolti, è tenere la rotta offrendo punti fermi in un mondo che ha perso molti riferimenti sicuri. Misurare è difendere l’idea stessa che una realtà condivisa con regole comuni sia ancora possibile".

Sassoli de Bianchi conclude così: "La TV connessa ci insegna che niente è mai veramente scollegato; ogni click è una decisione e ogni dato una traccia d’umanità in una foresta di informazioni. E noi siamo qui per trovare quelle tracce. Per leggerle e per restituirle. Perché il sistema sappia, il mercato conosca, le coordinate non si smarriscano mai.  E se davvero siamo entrati, come dicono i filosofi di tendenza, in un’era di “post-verità”… Beh, noi continuiamo testardamente e con tecnologie sempre più sofisticate a cercare la verità dei numeri, dei volti, dei gesti e delle serate qualunque davanti a uno schermo o a una soglia".