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Le sfide dello Streamcasting per Angelini (Sensemakers): “Serve investire con decisione in un modello realmente multidevice e multipiattaforma. Il social video è ormai una leva strategica essenziale”
Nel corso del workshop “Le sfide dello Streamcasting” (leggi news), organizzato nell’ambito dell’Annuario della Televisione 2025, l’Amministratore Delegato di Sensemakers, Fabrizio Angelini, ha delineato i principali trend che stanno ridisegnando il rapporto tra contenuti, consumi e piattaforme. Un quadro complesso, nel quale convivono stabilità apparente, trasformazioni profonde e nuove dinamiche tra broadcaster e social media.
Angelini ha introdotto la sua riflessione evidenziando come i consumi si distribuiscano oggi su spazi e touchpoint sempre più diversificati: dai canali proprietari alle piattaforme social, che diventano parte integrante delle strategie degli streamcaster. L’analisi condivisa durante il workshop – sviluppata insieme a Massimo Angelini – mostra infatti come il pubblico si muova in modo fluido tra queste due dimensioni, ridefinendo la competizione e il posizionamento degli operatori.
Il primo messaggio chiave riguarda l’ingresso in una nuova fase di maturità dei consumi. Dopo anni di crescita, il mercato appare oggi assestato: il tempo medio di fruizione quotidiana in Italia, pari a circa cinque ore, si è mantenuto stabile negli ultimi due anni. Tra il 2023 e il 2025 il traffico complessivo si è ridotto soltanto del 2%, con una perdita di pochi minuti sulla visione lineare compensata da un aumento dei consumi non riconosciuti e dei contenuti social. Non mancano però le differenze generazionali: mentre i più giovani concentrano la fruizione su social video e formati brevi, gli over 45 mantengono livelli elevati di visione televisiva tradizionale, attorno alle quattro ore e mezza al giorno.
Il secondo messaggio riguarda la polarizzazione dei device. La capacità di spostare la visione da uno schermo all’altro è un fenomeno reale, ma oggi mostra segnali di rallentamento. I dati più recenti indicano una crescita moderata, attorno all’8%, trainata principalmente dall’homescreen, mentre rimane stabile l’utilizzo del big screen. Angelini sottolinea come solo alcuni player – in particolare Mediaset e Rai – riescano a migliorare sia in termini di visualizzazioni sia di tempo speso, mentre molti altri operatori fanno fatica a sostenere lo stesso livello di performance.
Un elemento significativo è il cambiamento nella natura stessa dei contenuti: se nel 2020 il 57% dei video consumati sulle piattaforme broadcaster derivava direttamente dalla programmazione lineare, oggi la quota è scesa al 35%. A crescere sono invece i contenuti “corporate” o ad alta rotazione, clip brevi sviluppate per vivere nel ciclo rapido di consumo digitale. Tuttavia, il numero di contenuti digital first o digital only resta limitato e, una volta esaurita la spinta promozionale iniziale, fatica a mantenere continuità di attenzione.
La trasformazione più rilevante, secondo Angelini, riguarda però il ruolo del social video, divenuto ormai una leva strategica essenziale. Nel 2024 i broadcaster hanno registrato un incremento del 49% nelle visualizzazioni video sulle piattaforme social, un dato che supera ampiamente la crescita complessiva del mercato. L’impatto è particolarmente evidente sui pubblici più giovani: nelle analisi svolte su Rai, il contributo incrementale del social video sull’audience tra i 18-24 anni raggiunge il 15%, sale al 21% nella fascia 15-24 e arriva al 27,5% tra i 25-34 anni, un segmento quasi irraggiungibile attraverso la sola televisione tradizionale.
Angelini cita anche l’esperienza britannica, dove l’autorità Ofcom ha sollecitato un maggiore equilibrio nella visibilità dei contenuti del servizio pubblico sui social, coinvolgendo piattaforme come YouTube, creator e governo. Un segnale di come il tema sia ormai centrale anche per le politiche di tutela dell’informazione e del pluralismo.
Per Angelini i broadcaster devono rafforzare la loro presenza nei social video e investire con decisione in un modello realmente multidevice e multipiattaforma. Solo così, afferma, sarà possibile continuare a competere in un ecosistema mediatico in cui la distribuzione conta quanto – e talvolta più – del contenuto stesso, e in cui l’Italia deve trovare un posizionamento solido e riconoscibile nel contesto internazionale.
Davide Riva

